Speciale Berlinale 65: Day 05

Giro di boa per il Festival di Berlino, che presenta oggi il film di Pablo Larraìn, apparentemente gran favorito

Speciale Berlinale 65: Day 05
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Il Festival di Berlino, passato il weekend, arriva al suo giro di boa e finalmente si inizia a parlare di Leone d’Oro: dopo l’intensa giornata di ieri dominata da Natalie Portman, Christian Bale e l’attesissimo Knight of Cups del regista texano Terrence Malick, si arriva oggi al quinto giorno con El Club: il film del regista cileno Pablo Larraìn è stato accolto con fragorosi applausi dalla stampa, e si candida fortemente al riconoscimento più importante del festival, sbaragliando la seppur tenue concorrenza di 45 years, finora favorito. Stavolta Larraìn abbandona il tema portante della sua filmografia, la dittatura di Pinochet che ha segnato il Cile, e si concede di spostare la camera all’interno di una casa di accoglienza in cui vivono dei sacerdoti scomunicati, che si ritirano sulle rive di un paesino in riva al mare per poter espiare i loro peccati. Lentamente tutti i motivi della loro permanenza e gli orrori di cui sono colpevoli vengono a galla, raccontando un film crudo e profondamente oscuro, non facile ma estremamente potente.

Pablo Larraìn: “La chiesa per anni ha tenuto nascosti questi preti”

Il tema raccontato dal regista cileno ha ovviamente sollevato numerose questioni, ed è stato quindi lui il grande protagonista della conferenza stampa di oggi: presentatosi assieme a due degli attori principali del suo film, ha raccontato la genesi della scelta del soggetto, spiegando che « Per anni la chiesa cattolica ha cacciato lontano da sé questi preti e ha nascosto alla gente le loro nefandezze. La chiesa non crede nella giustizia civile, quindi crede che questi preti debbano essere giudicati da Dio e per questo li nasconde. Il film non vuole essere una denuncia contro la chiesa, ma quello che è veramente interessante è vedere quanto la chiesa in realtà abbia paura del giudizio del pubblico ». Roberto Farías, che nel film interpreta Sandokan, incalza e trova spunto per aprire una nuova riflessione: « Sarebbe bello se il film riuscisse ad avere un respiro più ampio, continuare la propria vita e quindi sollevare questioni ».