Balle Spaziali: la parodia di Star Wars

A pochi giorni dall'uscita nelle sale di Star Wars: Il Risveglio della Forza, riscopriamo insieme una delle più celebri parodie della saga più famosa della storia del cinema: Balle Spaziali di Mel Brooks!

Balle Spaziali: la parodia di Star Wars
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Ridere è qualcosa di complesso, come è sempre più complesso ridere di qualcosa. Niente, al cinema come nella vita (quella senza i momenti noiosi, tanto cara a Hitchcock), ha il potere di imprimersi nella nostra mente più di una risata. Di conseguenza, nulla più della nobile arte di ridere è in grado di plasmare l'immaginario collettivo. Ciò che fa ridere è un ottimo indicatore del pensiero di un'epoca. Si ride di ciò che si ama, di ciò che si teme, di ciò che si cerca. Cosa accade, poi, a ciò che è stato in grado di toccare un nervo scoperto della nostra vita garantendoci un sano rilascio di endorfine? Il destino di ciò che in passato ci ha divertito ha spesso avuto due inevitabili destinazioni: il dimenticatoio e le teche RAI. Poi però sono arrivati i social, abbiamo iniziato a chiamare vintage ciò che era superato e a preferire il dilettevole all'utile. "Smartphone? Consentirebbe a tutti di triangolare equazioni complesse!" ha esclamato Christopher Lloyd nei panni del dottor Brown durante il recente Ritorno Al Futuro Day: "Ehm, in teoria sì, ma in realtà lo usiamo principalmente per mandarci faccette simpatiche" gli ha risposto un imbarazzato Jimmy Kimmel. E questo, genuinamente, ci ha fatto ridere. L'umanità contemporanea, tra le sfide dei mutamenti climatici, le minacce del terrorismo e l'attenzione morbosa per la famiglia Kardashian, continua a celebrare con una risata il proprio fallimento. Funziona, perché ridendoci su ci ricordiamo che il fallimento è collettivo e ci sentiamo meno in colpa come individui. Mentre attendiamo il film di J.J. Abrams, facciamo il punto su un classico della risata che deve tutto proprio alla saga di George Lucas: Balle Spaziali di Mel Brooks. E partiamo proprio dalla capacità di un film di ridere di qualcosa che ci ha cambiato la testa. Perché prendere in giro un cult, se fatto con onestà intellettuale, non ne sminuisce affatto il valore ma ne riconferma il ruolo di pietra miliare.


Dissacrare senza distruggere

Balle Spaziali, tanto tempo fa in una galassia più vicina del previsto, ha centrato in pieno l'obiettivo di dissacrare senza distruggere. La prima sequenza del film, con l'incrociatore imperiale che entra di prua nell'inquadratura rivelando un'interminabile stazza, non è molto diversa dal gustosissimo sketch con Flash, il lentissimo bradipo apparso nell'ultimo trailer di Zootropolis. Eppure in mezzo c'è stato il trentennio più rocambolesco degli ultimi secoli. L'idea di Brooks non era tanto quella realizzare una parodia iconoclasta di un film che probabilmente ha apprezzato, quanto quella di cavalcarne il mito per riproporre le sue inconfondibili gag da teatro dell'assurdo. Ne è un esempio classico la scena della videocassetta che mostra "l'adesso", accompagnata dal delirante scambio di battute che finisce per confondere tutti, spettatori compresi: perduto il filo del discorso si ride, e anche di gusto.

Molto spesso, il fatto che l'universo preso di mira sia quello di Star Wars è un semplice pretesto, per quanto opportunamente adottato. L'eroe di questa scalcagnata avventura spaziale ha il nome di Stella Solitaria, il cappello di Indiana Jones e il volto di Bill Pullman. Un'ottima scelta: è meglio sfottere Han piuttosto che Luke, e presentare un eroe bello ma un po' sfigato, a ribadire il concetto che il fascino non si accompagna sempre alla materia grigia. Scopo di Brooks non è quello di demolire il mito, ma di crearne uno suo, ironico ma non antitetico. Balle Spaziali, per quanto ricalchi personaggi, eventi e persino scene iconiche della saga di Lucas, finisce con l'emanciparsene presto: da semplice parodia, diviene un film che ironizza su uno spettro di titoli più ampio che va da Alien a Il Pianeta delle Scimmie. Giostra di citazioni e burla continua di un certo modo di fare cinema, prende in giro più che gli eroi la combriccola di comprimari che vi ruotano intorno: Chewbacca diventa un canuomo, il miglior amico di se stesso; C3-P0 diviene Dorothy, un droide con l'accento in stile Tina Pica pronto a difendere la verginità della sua assistita (riferimento poi ripetuto in Robin Hood Un Uomo in Calzamaglia, quando la governante di Lady Marian frena la libido del giovane Robin); Leila diviene la viziatissima Principessa Vespa, pronta a sfornare perle di gustosissimo qualunquismo snob (a partire dalla celebre battuta "Non possono farmi questo, io sono ricca!"); Yoda diviene Yogurt, vecchio saggio opportunamente mattacchione; Darth Vader diviene Lord Casco, un meraviglioso Rick Moranis in preda alle smanie di potere ed alle inevitabili crisi di inferiorità. Ma soprattutto, il passaggio supremo è quello da The Force a The Schwartz, o se volete dalla Forza allo Sforzo: un sacrilego e opportunamente tradotto salto dall'universo aulico e pomposo di Lucas a quello irriverente e dissacrante di Brooks. Il termine Schwartz richiama infatti sia una parola yiddish, che indicherebbe la presunta maggiore dimensione del pene dei neri, e sia ovviamente la mascolinità di Arnold Schwarzenegger. Anche i due lati della Forza divengono un fatto quasi burocratico, come le due parti di un anello usato per avvalersi dello Sforzo: "Lui ha la parte anteriore, io quella posteriore, tutti gli Sforzi hanno due facce!" esclama Lord Casco. Un anello che Yogurt, neanche a dirlo, ha trovato nell'uovo di Pasqua.

Il punto di forza di Balle Spaziali è che tutto si presenta come serio per pochi secondi per poi svelare una vena surreale o un esito smaccatamente inaspettato. La famosa acconciatura di Leila/Vespa è dovuta a delle vistose cuffie da DJ, con la musica a tutto volume, nascoste tra i suoi capelli. Persino il mostro di Alien, uscendo nuovamente dal ventre di John Hurt, diviene improvvisamente il ranocchio canterino Michigan J. Frog del celebre cartone One Froggy Evening del 1955. Jabba The Hutt diviene Pizza Margherita, da viscido e spietato boss a strampalata creatura di grassi e carboidrati. Se la principessa Leila, prigioniera nella Morte Nera, non esitava ad aprirsi un varco attraverso lo scarico dei rifiuti, la principessa Vespa, appena salvata, pretende che la navetta del protagonista venga pulita a dovere. E anche uno zoom durante una frase a effetto di Lord Casco finisce con la macchina da presa che, avvicinandosi troppo, lo colpisce scaraventandolo al suolo. La velocità smodata, con i suoi tragicomici effetti, è un doppio riferimento sia alla velocità del Millennium Falcon che all'Enterprise in curvatura. Star Trek è richiamato più volte fino ad essere esplicitamente citato, presa vulcaniana compresa. Non è satira, è parodia, ma non per questo soffre di complessi di inferiorità. Lord Casco, emulando Darth Vader che si dichiara a Luke come suo padre, si professa come "il cugino del nipote del fratello del padre" di Stella Solitaria: in parole povere, Stella Solitaria stesso. Per questo, aggiunge subito dopo che la cosa non ha alcun significato.

Gli eventi, tanto iconici quanto tipici (principesse da salvare, matrimoni da mandare a monte, cattivoni più imbecilli che perfidi) emergono da una struttura narrativa volutamente ridondante, che non esita a scomodare la rottura della quarta parete: gli attori si rivolgono al pubblico, escono dal personaggio per denigrare lo star system e lanciano persino frecciate alla macchina di merchandising che lo stesso Star Wars fu in grado di mettere in piedi (e gran parte del quale era distribuito tramite la catena di negozi FAO Schwartz, altro riferimento allo Sforzo). Tirando fuori dal cilindro di tutto, dalle magliette ai fiocchi d'avena e dalle action figure ai lanciafiamme, lo stesso Mel Brooks nei panni di Yogurt illustrava come il suo film avrebbe davvero fatto i soldi, augurandosi di poter produrre un sequel in caso di successo (che non arrivò). E un espediente simile viene anche utilizzato ai fini narrativi, quando gli eroi si mettono in salvo facendo catturare le loro improbabili controfigure. Dove il film è lo specchio del suo tempo è nella capacità del pubblico di allora di sopportarne i tempi morti e gli stereotipi, a partire dalla gag della donzella schizzinosa che spara soltanto dopo che un colpo le ha rovinato l'acconciatura. Oltre, naturalmente, ad un fiume di riferimenti alle mode dell'epoca, a partire dalla scritta We Brake for Nobody ("non freniamo per nessuno") che richiama una serie di sticker per automobili molto diffusa negli anni ‘80.

La caratteristica primaria della trilogia di Star Wars era stata quella di costruire un universo fantasioso ma coerente. Una cosmogonia che Balle Spaziali opportunamente decostruiva, scadendo nell'umorismo più spicciolo fatto più di giochi di parole che di situazioni squisitamente comiche. E' anche per questo, forse, che parte del valore aggiunto del film si perse nella traduzione italiana: Stella Solitaria elude i radar nemici grazie al jamming, fenomeno di disturbo delle apparecchiature elettroniche, attraverso un barattolo di marmellata che in inglese è proprio Jam; il Capitano Sandurz, dal nome della celebre accademia militare britannica, diviene la nostrana Nunziatella e perde ogni riferimento al nome Sanders, fondatore della catena Kentucky Fried Chicken, e a tutte le successive battute sul pollo; Dark Helmet (riferimento all'elmo ma anche ad un modo di chiamare il pene) diviene Lord Casco; il Presidente Skroobs, anagramma di Brooks, diventa Scrocco; Pizza Margherita in inglese era Pizza Hut, riferimento sia alla famosissima catena di pizzerie che a Jabba the Hutt, e l'elenco potrebbe continuare. Ma onore alla nostra scuola di doppiaggio: lo spazio di manovra di chi ebbe l'incarico di tradurre l'intraducibile era davvero poco.

Balle Spaziali oggi

Cosa resta, oggi, di Balle Spaziali? Sicuramente un bel ricordo di un umorismo semplice, fatto di gag e di giochi linguistici, nel quale per arrivare alla battuta si era disposti ad aspettare un'intera sequenza per scoprire dove l'autore stesse andando a parare. Un po' una sintesi della goliardia spaccona di un umorismo che negli anni '80 cercava di non prendersi mai troppo sul serio. Non c'è né la satira di Ghostbusters né la volgarità politicamente scorretta di ciò che sarebbe stato Scary Movie, ma solo la smania dissacrante di un autore che ha fatto dello sberleffo un marchio di fabbrica. Non è un caso che Brooks legò molto, nel nostro Paese, con Ezio Greggio (che apparirà in un cameo in Dracula Morto e Contento). Brooks e Greggio sono ovviamente due figure diversissime e non accostabili, ma entrambe a modo loro erano una fucina di freddure che oggi sono impensabili e improponibili ai più. Ne è la riprova il disastro dell'ultimo film di Greggio, che di ironico aveva solo la corrispondenza tra il titolo e ciò che lo distrusse: Box Office. Al di là del giudizio sul film di Greggio, che ridicolizzava tutti i più grandi successi degli ultimi anni, è proprio una certa idea di fare cinema ad essere superata: un fiume di scenette che sfottono altri film, oramai, funziona poco al cinema e molto su YouTube. Non è un caso che oggi Balle Spaziali goda di un sottile ed interessante paradosso: molti millennial, cresciuti con un umorismo del tutto diverso da quello di Brooks, lo trovano divertente perché a tratti ricorda loro gli sketch comici degli youtuber più noti. I volti comici 2.0, pronti a sfornare la loro parodia di Harry Potter o di Hunger Games dalle loro camerette, usano spesso l'arma della freddura, del gioco di parole o del travestimento per bucare lo schermo con pochi mezzi e tanta sfacciataggine. Ecco perché in Balle Spaziali la gag della videocassetta fa ridere anche chi non sa cosa sia una videocassetta. A volte tutto è talmente datato da sembrare nuovo.
Tutto questo è anche il motivo per il quale non esisterà mai più un altro Balle Spaziali, o qualcosa di analogo sulla scia di un'altra saga di successo. Gli stessi sfottò degli horror, al botteghino, non tirano più (mentre tirano molto gli horror conditi da un raffinato umorismo nero e la commedia a tinte horror o smaccatamente gore). La parodia a tutto tondo, intesa come capacità di omaggiare e denigrare allo stesso tempo qualcosa che ha un titolo ben preciso, viaggia ormai sui canali di Mountain View o su Vine, ed è tendenzialmente a costo zero per chi la fa e per chi la guarda. E in un'epoca di grandi franchise, ce n'è di materiale da sfottere. L'elemento parodistico non è morto, e sopravvive (in primis in molti film di animazione) nella capacità di sfottere un genere intero anziché un titolo preciso: ovunque troviamo riferimenti ironici alle spy stories, ai supereroi, agli spaghetti western e via dicendo. Ma tendenzialmente, con poche eccezioni, è svanito il concetto di costruire un film con l'idea di dissacrarne un altro: sarebbe come sostenere l'insana e assurda tesi che Sharknado sia una parodia de Lo Squalo. Ad oggi, Balle Spaziali, come molta della rimanente filmografia di Brooks, resta ciò che più somiglia ad un vistoso omaggio al grande spettacolo da parte dell'avanspettacolo più burlone. E tra pochi giorni esce Il Risveglio della Forza, pronto a fornire materiale fresco e di prima scelta ai più irriverenti burloni di questo pianeta. Oltre, naturalmente, a regalarci una pioggia di meme talmente fitta che John Travolta spaesato ci sembrerà roba di una vita fa.

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