Autopsy, brivido freddo: cadaveri e obitori nel cinema horror

In occasione dell'uscita dell'inquietante film di André Øvredal, rivisitiamo l'uso dei morti nel cinema del brivido e dell'orrore.

Autopsy, brivido freddo: cadaveri e obitori nel cinema horror
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Dall'8 marzo il pubblico italiano potrà scoprire in sala Autopsy, il primo film in lingua inglese del regista norvegese André Øvredal, autore dell'apprezzato Troll Hunter e qui passato dal found footage all'horror paranormale nella sua forma più inquietante e disturbante. Dominato da un'atmosfera claustrofobica e morbosa e dalle interpretazioni di Brian Cox, Emile Hirsch e Olwen Kelly (quest'ultima nei panni del cadavere non identificato che dà al film il suo titolo originale, The Autopsy of Jane Doe), Autopsy è un viaggio terrificante nel luoghi più oscuri della psiche umana, che sfrutta i timori legati alla morte con risultati decisamente poco adatti ad un pubblico particolarmente sensibile (e riesce nell'intento pur evitando un elemento tradizionalmente associato all'uso di cadaveri nel cinema horror, vale a dire la necrofilia). E mentre gli spettatori si apprestano ad assistere agli orrori causati dalla morte di Jane Doe, noi andiamo a ritroso e rivisitiamo altri cinque esempi di cadaveri notevoli nel cinema di genere.


The Strange World of Coffin Joe (1968)

Nonostante il titolo, questo film del folle regista brasiliano José Mojica Marins non fa parte della trilogia di Zé do Caixão (Coffin Joe in inglese), ma rimane ancorato nell'immaginario perverso ed eccessivo del suo autore. Questo lungometraggio è in realtà composto da tre racconti separati, ciascuno legato in qualche modo a morti estreme. Il secondo, Obsession, è incentrato su un feticista dei piedi la cui ossessione per una donna in particolare lo porterà ad intrufolarsi in un mausoleo dopo la morte di lei per consumare il rapporto. Il contenuto metterà inevitabilmente alla prova lo stomaco dello spettatore, ma c'è anche un tocco di poesia - malata, ma pur sempre poesia - nell'approccio di Marins, in particolare nel finale dell'episodio.

Visitor Q (2001)

Come ben sa chi frequenta i festival con una certa assiduità, le stramberie sono una garanzia con il cinema di Takashi Miike, autore giapponese estremamente prolifico - almeno due film all'anno dal 1991 ad oggi - e sempre pronto a sorprendere il pubblico. Un ottimo esempio di questo è Visitor Q, dove i contenuti bizzarri all'insegna dell'humour nero sono rappresentati con uno stile pseudo-documentaristico. La sequenza più clamorosa, regolarmente menzionata in classifiche relative alle scene strane in generale e al cinema di Miike in particolare, vede protagonista un uomo che decide di fare sesso con una donna morta, con effetti esilaranti o stomachevoli - a seconda di chi vede la pellicola - legati al manifestarsi del rigor mortis. Da recuperare in tarda serata per un'esperienza cinematografica come poche.

Idlewild (2006)

Costruito con canzoni scritte ed eseguite dagli Outkast (i cui membri André 3000 e Big Boi sono anche gli interpreti principali del film), questo curioso musical ambientato nel bel mezzo della Depressione nel 1935 contiene diversi momenti strambi, di cui uno collocato in un obitorio. Nella fattispecie, il protagonista Percival Jenkins dedica una canzone d'amore alla compagna... mentre la prepara per il suo funerale, con trucco, imbalsamatura e vestizione. Rispetto agli altri film menzionati in questo articolo abbiamo a che fare con una scena meno apertamente scioccante di quello che si potrebbe pensare, ma rimane una trovata di dubbio gusto che non convincerà tutti.

The Corpse of Anna Fritz (2015)

Popolarissimo in vari festival di genere, tra cui il South by Southwest in America e Sitges in Spagna, ma per lo più invisibile in sala, questo thriller spagnolo affronta in modo estremo il culto della celebrità con una premessa a dir poco disgustosa: tre giovani entrano di nascosto nell'obitorio dove è custodito il cadavere di Anna Fritz, un'attrice famosa deceduta da poco. Inizialmente desiderosi di vederla nuda e basta, i tre decidono poi di essere gli ultimi ad aver avuto rapporti carnali con Anna, e da lì le cose si complicano notevolmente... Pur perdendo un po' di potenza man mano che la trama si evolve (la parte finale è molto meno sorprendente rispetto alle promesse iniziali), il film è un buon esercizio di tensione che sfida più di una volta le aspettative del pubblico con brio e una sana dose di cattiveria.

The Neon Demon (2016)

Sin dal suo esordio al Festival di Cannes, l'ultimo lungometraggio di Nicolas Winding Refn ha diviso per la sua componente più cruenta, abbinata ad un approccio estetizzante che mette giustamente alla berlina il lato oscuro del mondo della moda negli Stati Uniti ma può anche risultare stucchevole per chi si aspettava un film horror più convenzionalmente inquietante. Detto ciò, almeno un paio di momenti per stomaci forti in The Neon Demon ci sono, tra cui la scena audace e/o ridicola - a seconda dei punti di vista - dove Ruby (Jena Malone), che lavora come truccatrice in un obitorio, trae piacere sessuale da un cadavere femminile. Il film è destinato ad attrarre estimatori e detrattori in egual misura, ma è altamente improbabile che si esca dalla visione completamente indifferenti, e gli exploit "erotici" di Ruby sono uno dei motivi.

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