Recensione Zoran, il mio nipote scemo

Giuseppe Battiston e Teco Celio in una bizzarria commedia italo-slovena

Recensione Zoran, il mio nipote scemo
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Con il volto e, soprattutto, il corpo dell'udinese classe 1968 Giuseppe Battiston, Paolo Bressan è un quarantenne alla deriva, cinico e misantropo, professionista del gomito alzato e, allo stesso tempo, della menzogna compulsiva, il quale lavora di malavoglia in una mensa per anziani; mentre insegue, senza successo, l'idea di riconquistare la sua ex moglie Stefania, nei cui panni troviamo Marjuta Slamič.
Un quarantenne che trascorre le sue giornate da Giustino alias Teco"Ti presento un amico"Celio, gestore di una osteria in un piccolo paese vicino a Gorizia; fino al giorno in cui, nella propria vita, entra il quindicenne occhialuto Zoran, che, lasciatogli in "eredità" da una lontana parente slovena, scopre essere suo nipote.
Ed è Rok Prašnikar a incarnare quest'ultimo, che parla in modo strano e sembra un po' ritardato, ma che si scopre presto essere un vero fenomeno nel lanciare le freccette e che, quindi, Paolo pensa di portare ai campionati mondiali dell'attività in questione, i quali prevedono un montepremi di sessantamila euro.
Un personaggio di cui il regista Matteo Oleotto, qui al suo primo lungometraggio, ricorda così la genesi: "Anni fa ho conosciuto un adolescente schivo, con un grande talento per il gioco delle freccette. Soltanto con le freccette in mano e gli occhi sul bersaglio, accettava di trovarsi al centro dell'attenzione. Nei minuti di gioco diventava forte, quasi spregiudicato nel relazionarsi con il prossimo. Nei suoi occhi brillavano lampi di intelligenza. Terminata la competizione rincasava nell'ombra della consueta timidezza. Il ricordo di quel ragazzo è diventato il mio Zoran".

Zio e te

Un ragazzo che Prašnikar rende sullo schermo in maniera tutt'altro che disprezzabile, tenendo tranquillamente testa all'infallibile Battiston, man mano che prende forma il loro rapporto, ma anche quello tra il giovane e la coetanea Anita, ovvero Doina Komissarov.
Nel corso della oltre ora e quaranta di visione on the road che, comprendente nel cast anche il Roberto Citran de Il giorno in più (2011), spinge in un certo senso a pensare che negli Stati Uniti sarebbe stata trasformata dai fratelli Farrelly in una commedia alla Scemo & più scemo (1994).
Ma la produzione (purtroppo) non è americana e la divertente comicità al bad taste dei due geniali autori di Tutti pazzi per Mary (1998) e Amore a prima svista (2001) è decisamente lontana, in quanto qui, al massimo, si riesce a strappare qualche risata soltanto alle combriccole di odiosi spettatori radical chic, soprattutto se residenti nella parte settentrionale dello stivale più famoso del globo.
Per lasciar intendere quale sia il tenore (basso) delle battute snocciolate nel corso della vicenda, sarebbe sufficiente citare "Se sei mona e credi in Dio, crederai nel Dio dei mona"... e la noia regna sovrana, mentre il tutto viene tirato insopportabilmente per le lunghe.

Zoran, il mio nipote scemo Originario di Gorizia, classe 1977, Matteo Oleotto esordisce nella regia del lungometraggio - dopo aver curato diversi short - con una commedia on the road che fa del rapporto tra i bravi Giuseppe Battiston e Rok Prašnikar il suo fulcro. Con un cast comprendente anche il non disprezzabile Roberto Citran e il caratterista Teco Celio, però, il maggiore pregio dell’insieme sembra essere rappresentato proprio dalle prove sfoggiate dai due protagonisti, in quanto, in mezzo ad abbondanza di comicità di taglio tipicamente radical chic, la noia pare destinata a regnare sovrana e l’insieme risulta tirato eccessivamente per le lunghe, senza riservare neppure sorprese.

5.5

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