Recensione Zone of the dead

Recensione dello zombie-movie serbo interpretato dal Ken Foree di Zombi

Recensione Zone of the dead
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Chiamateli infetti, ritornanti, divora-carne resuscitati o come altro vi pare, ma alla fine sono sempre loro: i cari vecchi zombi.
Tornati ormai prepotentemente ad occupare gli schermi cinematografici - dopo il decennio di quasi totale silenzio dei Novanta - grazie al successo ottenuto da titoli come Resident evil (2002) di Paul W.S. Anderson, 28 giorni dopo (2002) di Danny Boyle e L'alba dei morti viventi (2004) di Zack Snyder, sono ormai sfuggiti al controllo delle case di produzione.
Infatti, se le sale hanno avuto modo di vedere proiettati interessanti titoli come il francese The horde (2009), diretto a quattro mani da Yannich Dahan e Benjamin Rocher, e Diary of the dead-Le cronache dei morti viventi (2007), a firma del maestro assoluto del filone George A. Romero, il mercato delle produzioni indipendenti e dei lavori straight to video può tranquillamente essere definito un immenso cimitero dei non morti. Sono infatti centinaia i titoli sconosciuti ai più che hanno visto la luce nel primo decennio del XXI secolo, dal giapponese Stacy (2001) di Naoyuki Tomomatsu al norvegese Dead snow (2009) di Tommy Wirkola.
Titoli cui si va ad aggiungere questa co-produzione tra Serbia, Spagna e perfino Italia che, girata in digitale, vede tra i suoi finanziatori Loris Curci, giornalista e autore di saggi riguardanti l'horror, ormai da qualche anno buttatosi nell'avventura cinematografica.

La notte serba dei morti viventi

Ed è proprio lo stesso Curci a fare una brevissima apparizione durante i primi minuti del lungometraggio diretto dagli esordienti Milan Konjevic e Milan Todorovic, che parte dal momento in cui, riportando inevitabilmente alla memoria la sequenza iniziale del mitico Planet terror (2007) di Robert Rodriguez, un gas tossico viene disperso in maniera accidentale nell'aria, con conseguenze che il titolo dell'operazione lascia tranquillamente immaginare.
La sostanza, infatti, si rivela portatrice di un pericoloso virus batteriologico - questa volta derivato addirittura dalla peste - capace di trasformare i comuni mortali di Pancevo e dintorni in ributtanti esseri zombeschi affamati di carne umana.
Vagamente in aria di metafora, è quindi la città più tossica d'Europa a fare da scenario per l'ennesimo scontro tra infetti antropofagi ed immancabile manipolo di eroici protagonisti, qui rappresentati da un pericoloso criminale con le fattezze del bostoniano Emilio Rosso e dai due agenti dell'Interpol che, per la sopravvivenza, si trovano costretti ad unirsi a lui nella lotta: Mina Milius, interpretata dalla Kristina Klebe di Halloween: The beginning (2007), e Mortimer Reyes, con un passato nella CIA e cui concede anima e corpo il grande Ken Foree di Zombi (1978).

Col cervello di Foree

Non a caso, il suo personaggio viene introdotto dalla frase "E' una leggenda vivente", destinata in maniera inevitabile ad assumere connotati metacinematografici se consideriamo l'importanza che il massiccio attore di colore - noto per il citato capolavoro romeriano, ma visto anche in altri titoli come The dentist e il terzo Non aprite quella porta - ha assunto nell'ambito della celluloide orrorifica.
Perché il film di Konjevic e Todorovic, la cui economia di fondo è testimoniata sia dall'abbondanza d'inquadrature caratterizzate da stretti campi di ripresa che dai pochi zombi immortalati durante i vari attacchi, in fin dei conti non appare altro che nelle vesti di appassionato campionario di citazioni ed omaggi ai classici e ai maestri del genere.
Si va infatti dall'idea dei poliziotti uniti al criminale, la quale ricorda tanto quella di base di Distretto 13-Le brigate della morte (1976) di John Carpenter, a personaggi che si chiamano Savini e Bottin, proprio come i due famosissimi tecnici degli effetti speciali.
E Carpenter viene ricordato anche nella tipologia di colonna sonora sfruttata, mentre, tra fumi nebbiosi e toni cupi conferiti dalla fotografia di Steve Brooke Smith, una certa riuscita atmosfera notturna avvolge le mostruose creature, caratterizzate un make-up niente male.
Creature la cui appartenenza zombesca sfugge, in quanto impegnate in alcune situazioni ad avanzare lentamente come i living dead post-La notte dei morti viventi (1968), in altre a correre, sulla scia della tradizione lanciata da buona parte dei film di cadaveri a passeggio del terzo millennio.
Fino alla riuscita (la più riuscita) sequenza finale dei circa 96 minuti di visione, i quali non aggiungono certo nulla a quanto già detto sull'argomento, ma testimoniano che perfino la Serbia, solitamente rappresentata da un cinema tanto autoriale quanto soporifero, può permettersi di sfornare dignitosi prodotti di genere... e senza ricorrere a budget stratosferici.

Apocalypse of the dead Co-produzione tra Serbia, Spagna e Italia diretta a quattro mani dagli esordienti Milan Konjevic e Milan Todorovic, Zone of the dead è un movimentato zombie-movie che, girato in digitale e in evidente economia, abbonda in citazioni ed omaggi ai maestri dell’horror su celluloide. Ma, nonostante la totale mancanza di originalità, risulta essere un appassionato prodotto di genere dignitosamente confezionato che, impreziosito da un tutt’altro che disprezzabile cast, si mostra in grado di divertire a sufficienza lo spettatore, il quale, se capace di stare al gioco, non si annoia affatto nel riconoscere i vari film da cui i due registi sembrano aver appreso la lezione.

6

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