Recensione Winter Sleep

Nuri Bilge Ceylan firma una nuova opera/indagine sulla complessità delle relazioni umane

Recensione Winter Sleep
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Vincitore della Palma d'Oro, Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan è un film che rappresenta appieno lo stile precipuo del regista turco, nonché la naturale prosecuzione del suo percorso cinematografico. Ancora una volta a fare da protagonisti alla storia sono le lande immense e desolate dell'Anatolia, e difatti in Winter Sleep (come accadeva anche nel precedente film C'era una volta in Anatolia del 2011) a coprire il 90 per cento di un flusso narrativo estremamente lungo (siamo oltre le tre ore) e denso (anche se all'apparenza statica l'opera di Ceylan racchiude in realtà moltissime tematiche e spunti riflessivi) sono non solo i lunghi e serrati dialoghi, a volte quasi estenuanti, ma soprattutto i paesaggi che con la loro grandezza colmano l'incompiutezza, l'inquietudine di tutti i protagonisti del film.
La storia, o meglio le storie narrate, ruotano tutte attorno alla figura di Aydin (Haluk Bilginer) facoltoso ex attore alle prese con un presente fatto di velleità da scrittore e un'occupazione piuttosto sporadica come proprietario di una pensione accoccolata in un paesaggio di pietra. Attorno a quest'uomo gravitano poi una manciata di personaggi asfittici, colti nel pieno del loro stato di crisi. Dalla giovane e bella moglie pienamente insoddisfatta della propria vita, passando per la sorella separatasi da poco e pronta a sputare il proprio veleno/rabbia su chiunque le capiti a tiro, fino ad arrivare ai vicini (affittuari) che rivendicano il loro stato di miseria con esternazioni più o meno subdole, tutti sembrano volteggiare senza meta come la neve soffice e compatta che avvolge i luoghi circostanti.

Il grande inverno della vita

Nuri Bilge Ceylan costruisce ancora una volta un'opera non facile da seguire, o da metabolizzare, che richiede allo spettatore un notevole impegno mentale, al fine di seguire tutti quei fili apparentemente slegati che la lunga narrazione comprende. Eppure, la staticità del film di Ceylan raccordata in un movimento circolare che sembra aprirsi e chiudersi senza variazioni di sorta, conferisce estremo realismo all'architettura filmica dell'opera nel suo insieme. Quelli che ritroviamo tra Aydin e la sorella, tra Aydin e la moglie, tra Aydin e i suoi amici o pseudo-nemici, sono infatti tutti ritagli, fotografie di una vita che segue sempre gli stessi binari ma lo fa in modo diverso a seconda dei luoghi, e delle persone che ne sono protagonisti. Come il cavallo selvaggio per un attimo costretto in cattività e che tornerà a galoppare verso la sua libertà, in egual misura anche i protagonisti di Winter Sleep faranno di quei luoghi così remoti e solitari il loro rifugio, la loro prigione in attesa - forse - di una ritrovata libertà (emotiva e mentale). I condizionamenti, gli stereotipi, e soprattutto il consuntivo da fare con le proprie personali aspettative, rappresentano infatti in Winter Sleep il nodo più intricato da affrontare e che Ceylan scioglie, molto lentamente, usando i bellissimi luoghi a sua disposizione non solo come bombe ma anche e soprattutto come detonatori. La nitidezza delle immagini, la geometria delle inquadrature, la precisione linguistica, sono ancora una volta per Ceylan i mezzi con cui entrare (poco alla volta) nell'intimità della storia facendone emergere dettagli universali che appartengono a ogni vita, sia essa vissuta nelle valli sperdute dell'Anatolia o nella confusione di una metropoli europea. Qualcuno avrà da obiettare che in Winter Sleep non accade nulla, ma è proprio nella fotografia di quella (apparente) stasi che - quasi sempre - si nascondono i percorsi delle nostre mille vite e dei nostri gelidi 'inverni'.

Il Regno D'Inverno - Winter Sleep Il regista turco Nuri Bilge Ceylan torna a parlare delle inquietudini, sofferenze, insoddisfazioni umane con un film che è ancora una volta ambientato nei luoghi bellissimi, remoti e desolati della sua terra. Un film complesso nella sua forma narrativa estremamente dilatata (e intrisa di realismo) ma estremamente semplice nella disanima delle tante tematiche (tutte a sfondo interpersonale/relazionale) che affronta. Più che un film forse potrebbe addirittura definirsi un saggio audiovisivo sulla natura umana e sulla sua insondabile complessità. E più che un regista, infatti, Ceylan sembra rappresentare sempre di più una sorta di antropologo a mezzo cinema, motivo per cui i suoi film vanno in qualche modo studiati e analizzati più che semplicemente guardati. Winter Sleep si aggiudica la Palma d'oro al Festival di Cannes 2014.

7.5

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