Recensione Wajma - An Afghan Love Story

Un film che colpisce in pieno il cuore e la mente del pubblico, raccontando con una forza senza pari un dramma atavico

Recensione Wajma - An Afghan Love Story
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Quando pensiamo all'Afghanistan tutto quello che viene in mente sono le immagini che vediamo in televisione e al cinema: una terra aspra e montagnosa, arsa dal sole e bagnata dal sangue di migliaia di vittime di una guerra che va avanti da troppi anni. Una guerra che dura da talmente tanto tempo da essere diventata parte integrante del tessuto sociale. La gente vive a stretto contatto con le armi, giovani e anziani imbracciano e ostentano Kalashnikov, e gli elicotteri delle truppe internazionali continuano a volare indifferenti sopra i cieli di Kabul.
Il cinema è stata una delle vittime illustri della presa di potere dei talebani dopo l'invasione sovietica negli anni Ottanta, le sempre più rigide regole morali e religiose hanno distrutto un pezzo dopo l'altro una realtà piccola ma comunque esistente. Il regista Barmak Akram è uno dei pochi registi professionisti che vivono e lavorano in Afghanistan, e parlando con l'attore protagonista Hadji Gul abbiamo saputo che queste figure si possono contare sulle dita di una mano. Già autore di Kabuli Kid, sua pellicola di esordio che raccontava il ritorno alla vita della città di Kabul attraverso le disavventure di un tassista, Barmak Akram firma con Wajma - An Afgan Love Story la sua opera più matura, un film forte e straziante che racconta le incredibili difficoltà di un uomo di fronte al disonore portato alla famiglia dalla gravidanza della figlia.

Wajma

Kabul è coperta dalla neve mentre le vite dei suoi abitanti scorrono un giorno dopo l'altro. Wajma è una giovane studentessa appena accettata alla facoltà di legge. Tutto grazie agli sforzi della sua famiglia, che ha voluto darle la possibilità di vivere in modo più libero di molte sue coetanee. Giovane e carina, Wajma cede alle lusinghe di Mustafa, amico di famiglia che lavora come cameriere in un ristorante della città. Tra i due inizia una relazione clandestina, appassionata e coinvolgente, senza rendersi conto che stanno per infrangere le dure regole della società tradizionale afgana. Wajma scopre infatti di essere rimasta incinta, ma Mustafa rifiuta di sposarla affermando che la ragazza non è vergine. Tutte le certezze della ragazza crollano insieme al suo mondo. Ritornato dalle campagne dove lavora come artificiere, il padre di Wajma si dovrà scontrare con la dura realtà e la sua decisione segnerà il futuro di tutta la sua famiglia. Deciderà di salvare l’onore e il suo orgoglio, uccidendo la ragazza, oppure metterà da parte la sua fede per amore?

Una storia d'amore afgana

Abbiamo accennato alla difficoltà di produrre un film in una terra ancora vittima di un conflitto, ma bisogna dare atto che la produzione di Wajma è stato un vero e proprio atto di amore. Completamente auto-prodotto dal regista, che ha svolto ogni possibile ruolo, dallo sceneggiatore al direttore della fotografia fino al compositore della colonna sonora, il film è stato un duro lavoro: “Abbiamo lavorato alla produzione come un artigiano lavora una perla per renderla perfettamente sferica” ha detto il suo protagonista. Non solo ci sono state le difficoltà economiche ma anche quelle tecniche: non esistono difatti attrezzature professionali a Kabul e la produzione si è dovuta affidare a mezzi e tecnici arrivati dal vicino Iran a titolo completamente gratuito e volontario. Un grande lavoro collettivo che si è rivelato una delle grandi scoperte del cinema afgano e che è stato premiato al prestigioso Sundace Film Festival.
Il film di Barmak Akram è una di quelle pellicole che non può lasciare indifferenti poiché mette in piazza un grande problema dei paesi islamici: l'uccisione delle figlie per il disonore che portano alla famiglia. Notizie che arrivano anche in Italia e che sono ancora all'ordine del giorno. Ma non esistono finti moralismi nell'opera seconda di Akram, non si vuole fare “scandalo” parlando di un argomento scomodo, anzi si vuole puntare l'obbiettivo su un problema reale con precise implicazioni legislative. In Afghanistan esiste una vera e propria legge che non solo permette l'omicidio ma, anzi, obbliga la famiglia, e in particolare il padre, a intraprenderlo, pena la “morte sociale” e l'incarcerazione. Akram decide così di entrare nel problema analizzando proprio la figura del padre, un uomo distrutto che deve decidere se uccidere la figlia per rimanere ancorato ad un senso tribale dell'onore oppure lasciarla libera e accettare le sue azioni come il suo senso paterno gli suggerisce. Una decisione straziante che l'attore Hadji Gul riesce a interpretare con un'intensità senza pari. Non esiste compiacimento in quello che viene messo in scena ma solo un profondo senso del reale. Emblematica così la scritta che appare prima dei titoli di testa: “Ispirato a molte storie vere”, così diversa da quelle che vediamo nelle pellicole hollywoodiane vagamente ispirate a racconti di cronaca. La realtà irrompe con tutta la sua forza nella pellicola, trasformandola in qualcosa di più di un film. Una vera e propria cronaca di una terra che sta provando con tutte le sue forze a cambiare e ad affrancarsi da un dominio religioso che continua, nonostante l'esportazione della “democrazia” da parte delle truppe internazionali, Stati Uniti in testa.

Wajma - An Afghan Love Story Wajma - An Afgan Love Story è un film che colpisce in pieno il cuore e la mente del pubblico, raccontando con una forza senza pari le situazioni con cui migliaia di famiglie afgane, e non solo, si sono dovute confrontate. Una messa in scena povera ed essenziale che dona quel senso di realtà così marcato e che ci mostra un Afghanistan di una bellezza disarmante, brulla e pura. Un paese segnato non solo nel territorio ma anche nell'anima. Quella che viene raccontata nel film è una società che sta provando a guarire dalle ferite della guerra; una società in cui i giovani ricominciano a comportarsi come i loro coetanei di ogni parte del mondo, ma dove le conseguenze sono ancora molto diverse. Ma nell'arretratezza della società afgana (parole che nella pellicola sono affidate al procuratore della città) si cominciano a vedere quei semi di modernità che forse riusciranno a spingere molti padri ad interrogarsi sulle proprie azioni e a capire che forse la vita delle proprie figlie ha un valore maggiore di qualsiasi onore familiare.

8.5

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