Recensione Vita di Pi

Ang Lee ci porta in mare aperto, in compagnia di una tigre!

Recensione Vita di Pi
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Nel 2001 il mondo della letteratura contemporanea venne illuminato dall'opera di Yann Martel, scrittore canadese che, con la storia di Piscine Molitor Patel e del suo sfortunato naufragio, si è conquistato parecchi premi e riconoscimenti; come il Booker Prize nel 2002 o la selezione per il concorso Canada Reads e per la sua controparte francese. Una storia complicata, ricca di ampi processi mentali e psicologici, difficili da traslare dalla carta alle immagini con la stessa potenza del pensiero scritto. Perché, attraverso il racconto degli oltre 200 giorni passati su una zattera in pieno oceano, Vita di Pi cerca di sviscerare argomenti profondi ed esistenziali, quesiti sulla fede in se stessi e in un'entità più grande che da sempre tormentano la mente umana. A chi affidare un compito così delicato? La scelta è ricaduta sul regista Ang Lee che, per raccontare al meglio l'esperienza, a dir poco fantastica, del protagonista del libro, ha scelto di girarlo in 3D: "Volevo che l'esperienza cinematografica fosse unica come li libro di Yann Martel e questo significava realizzare il film in un'altra dimensione. Il 3D è un nuovo linguaggio cinematografico che, in Vita di Pi, contribuisce a immergere gli spettatori nel mondo emotivo del personaggio e approfondisce la scala epica dell'avventura". Sarà riuscito il celebre regista taiwanese a raggiungere il suo scopo?

“Ho perso tutto! Mi arrendo! Che cosa vuoi di più?”

Piscine Molitor Patel (Suraj Sharma), detto Pi, è cresciuto a Pondicherry, in India, tra gli animali dello zoo di suo padre e le difficoltà di un nome che richiamava gli scherni dei suoi compagni. È un ragazzo attratto da tutto ciò che lo circonda e ben presto elabora le sue teorie riguardo la fede e la natura umana e animale, tanto che cerca di fare amicizia con Richard Parker, la feroce tigre del Bengala dello zoo. Sarà da questo evento, prontamente trasformato in un insegnamento di vita dai suoi genitori, che Pi imparerà la dura lezione sui rapporti tra uomini e animali che lo accompagnerà e influenzerà per tutta la vita. Soprattutto quando questa si trasforma in un'inaspettata tragedia. Per motivi economici la sua famiglia decide di trasferirsi in Canada ma, durante il viaggio in mare, un violento temporale causa il naufragio dell'imbarcazione e Pi perde tutto: la sua famiglia, i suoi averi, anche le sue certezze. Passerà i giorni successivi alla catastofe in mare aperto, condividendo la piccola scialuppa di salvataggio con l'intrattabile Richard Parker.

Dipingere la mente

Si è occupato spesso di storie apparentemente molto diverse tra loro, soprattutto nelle ambientazioni e nella direzione dei percorsi intrapresi dai suoi personaggi, ma i lavori di Ang Lee riescono comunque tutti a trovare un filo conduttore nella lavorazione visiva dell'immagine, soprattutto quando si tratta di paesaggi e panorami. Vita di Pi offre al regista un campionario di quadri ambientali vastissimo e dalle affascinanti sfumature, che la macchina da presa trasforma in veri e propri quadri pittorici dal forte magnetismo. L'atmosfera surreale, obbligatoria in una pellicola dove il centro nevralgico della narrazione è la convivenza in mare aperto tra un ragazzo e una tigre, regala ad Ang Lee la possibilità di sperimentare con tutto lo spettro cromatico che la fotografia cinematografica offre, costruendo un'atmosfera onirica che vive in equilibro perfetto tra l'immaginario e la cruda (e crudele) realtà. Ipnotizzati dall'articolato comparto visivo, reso ancora più massiccio dall'uso del 3D, non si fatica a credere a tutto ciò che accade sullo schermo e diventa quasi impossibile stabilire dei paletti che separino la realtà dalla finzione scenica.
Vita di Pi regala allo spettatore una forma di intrattenimento completa, riuscendo a unire un'ottima performance tecnica e cinematografica a una storia che stimola i recettori mentali e innesta spontanei meccanismi mentali, accompagnandolo passo passo verso una rivelazione che, esplodendo nel finale, ripone l'intera pellicola in una luce completamente diversa.

Vita di Pi Vita di Pi è il racconto fantastico di un racconto inverosimile (la ripetizione è voluta e necessaria): la struttura narrativa che vede il protagonista raccontare la sua storia a uno scrittore in crisi pone, fin dall’inizio, le basi con le quali affrontare la pellicola. È la trasformazione di un’esperienza tragica in insegnamento di vita da tramandare a qualcun altro, forse con qualche abbellimento della memoria... ma quale racconto non lo è? Ed è proprio questa sua struttura a rendere tutti gli avvenimenti un’affascinante e plausibile realtà dalla quale lo spettatore si lascia, facilmente, catturare. Il grande merito va sicuramente rintracciato nella tecnica di un regista come Leedal tratto pittorico ammaliante, ma anche in Suraj Sharma: il ragazzo, alla sua prima prova attoriale, si muove con grande dimestichezza tra dure prove fisiche e di resistenza (il cambiamento del suo corpo nel corso nell'esperienza in mare aperto è impressionante) e la difficoltà, anche per attori più esperti, di recitare principalmente di fronte al green screen e con un coprotagonista ricostruito completamente in computer grafica.

7

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