Recensione Valérie - Diario di una ninfomane

Una donna alla ricerca di se stessa

Recensione Valérie - Diario di una ninfomane
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La ricerca del piacere

Cosa attira di più il pubblico dello Scandalo? Dev'essere stata questa la domanda che si è posto il regista Christian Molina (al suo secondo lungometraggio dopo l'inedito Rojo Sangre) per la realizzazione di Valérie - Diario di una ninfomane. Così come sulla scia dell'italico, e innominabile agli occhi degli amanti del Cinema, Melissa P., anche qui la vicenda narrata è ispirata a un libro autobiografico, di tale Valeriè Tasso, che ha deciso spudoratamente di mettere su carta le sue fantasie ed esperienze sessuali. Impendendo al moralismo di essere giudice e carnefice di tali scelte, rimane da analizzare la mera realizzazione filmica, andando a snocciolare prima di tutto la "profonda" trama che permea le avventure erotiche della protagonista. La scoperta del sesso a quindici anni mostra già la sua indole selvaggia, che nell'avvicinarsi ai trenta la porta a essere una vera e proprio ninfomane, affamata di piacere fin oltre ogni limite. L'unico appiglio che Valerie (Belén Fabra) ha con la realtà le è dato dal rapporto con la nonna (Geraldine Chaplin), che se da un lato la invita a non soffocare le sue pulsioni, allo stesso tempo cerca di mostrarle il perchè di queste, addicendo la colpa a un forte senso di solitudine. Ed è proprio la scomparsa di questa donna a forgiare una svolta nella sua vita, con l'incontro con Jaime (Leonardo Sbaraglia), forse primo e unico amore della sua vita.

Il fallimento di un'idea

Il ritratto che esce dell'amore e del rapporto tra uomo e donna è l'apoteosi dei luoghi comuni e della decadenza della società. L'impronta fortemente femminista data dal regista è quanto meno surreale e ironica, dati i continui rimandi alla debolezza morale del maschio, in favore di una totale comprensione per la libertà "fisica" della protagonista. Il ritratto che emerge è troppo di parte, e contribuisce a irritare l'audience maschile, probabilmente la maggiore fruitrice di un tal genere di pellicola per le tematiche trattate. Già la locandina infatti, bloccata dalla censura italiana, tende a proporre il senso di un prodotto tipicamente erotico e solitamente adatto a chi è in cerca di "scene" bollenti con gentildonne seminude. E anche qui il film perde il suo senso, visto che l'erotismo tanto billantato si rivela soft, patinato e inconsistente, probabilmente non in grado di soddisfare neanche gli spiriti più bollenti. Mascherato da demonio, il costrutto narrativo si rivela soltanto una flebila critica a certi valori instaurati nel pensare comune, e si "diverte" a glorificare i più bassi istinti dell'essere umano. Se è vero infatti che la libertà, anche sessuale, è una delle colonne fondamentali del mondo, altrettanto innegabile è che l'esasperazione di essa possa chiudere in altre gabbie, costruite sugli eccessi e figlie di una situazione emotiva instabile, in questo caso guidata dalla solitudine di Valerie. Qui un corpo e non una persona, oggetto di mercificazione per i diavoli mascherati che si aggirano in una società perbenista e incapaci di amare. In questa raffigurazione farsesca e trafigurata, le interpretazioni dei protagonisti lasciano il tempo che trovano, risultando impersonali come i loro personaggi, fantasmi incapaci di suscitare emozioni e schiavi dei loro vizi e delle loro idee. Unica degna di merito, per quanto nella sua breve apparizione, è la brava Geraldine Chaplin, finalmente lontana dai camei horror recenti e più che adatta al suo personaggio. Cosa rimane di un lavoro totalmente incapace di realizzare i suoi propositi? Poco o nulla, aleggia soltando un roboante sibilo di incredulità di fronte a un film il cui scandalo è più nella sua uscita che nella sua essenza, e che cerca nelle polemiche la via del successo. Ma se il rigido moralismo imperante ha praticamente ignorato l'uscita del film, lasciando a qualche riga di giornale critiche più o meno dure, chi altro potrà trovar piacere in tale visione? Un fotoromanzo travestito da porno, laddove neanche l'erotismo riesce a coinvolgere lo spettatore più affamato, ha ben poche speranze di sopravvivere alla sua, malriposta e sconclusionata, "fama". Anche per i ninfomani di Cinema, ci sono molti altri posti a cui rivolgersi.

Valérie - Diario di una ninfomane Inutile, osserva il moralismo più bieco ponendone un altro altrettanto discutibile, mascherato da ossessione di libertà. Ma altro non è che un'ennesima gabbia nella quale la protagonista si chiude da sola e non riesce ad uscirne. Sesso patinato che non cattura, storia che si vorrebbe porre come specchio trasgressivo e dolente della società, ma che non si accorge che i pezzi sono infranti. Un lavoro inutile, incapace anche nello scandalo di suscitare reazioni, emotive e non.

3.5

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