Recensione Universitari - Molto più che amici

Federico Moccia approda all'Università!

Recensione Universitari - Molto più che amici
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Senza alcun dubbio, grazie al notevole successo riscosso dal romanzo Tre metri sopra il cielo e dalla sua continuazione Ho voglia di te, anche basi su carta scritta per gli omonimi, poco riusciti lungometraggi rispettivamente diretti da Luca Lucini e Luis Prieto, si è trasformato in un vero e proprio riferimento letterario per gli adolescenti dello stivale tricolore d'inizio terzo millennio.
Ma, come molti sanno, il romano classe 1963 Federico Moccia, figlio del compianto Giuseppe Moccia che altri non fu che il Pipolo della nostra commedia, vanta anche un curriculum dietro la camera di ripresa che, al di là delle prime, diverse prove televisive, inizia cinematograficamente con Classe mista 3A (1996), brutto all'epoca della sua uscita proprio perché, rivisto oggi, rispecchia pienamente quanto brutta fosse la gioventù scolastica priva d'identità degli anni Novanta.
Una prima prova cui ha fatto seguito il riuscito Scusa ma ti chiamo amore (2008), incentrato sull'improvvisa passione sentimentale esplosa tra la diciassettenne Michela Quattrociocche e Raoul Bova, di vent'anni più grande, e destinata a proseguire in Scusa ma ti voglio sposare (2010), arrivato soltanto dopo l'inaspettatamente amaro Amore 14 (2009).

Piccoli “mocciosi” crescono

Un cammino sulla celluloide, quello mocciano, che, portatici a conoscenza degli amori tra teen-ager e di quelli tra due persone di differente età, sembra ora essere destinato ad avanzare verso la laurea tramite un'operazione il cui stesso titolo lascia intuire quale tipologia di ragazzi rappresenti questa volta il manipolo di protagonisti: studenti universitari fuori sede.
Tre, per la precisione, a partire da Carlo alias Simone Riccioni, aspirante regista che frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e che, impegnato a realizzare come prova di diploma proprio un docu-film su coloro che frequentano l'Università, non solo fa da narratore, ma sembra anche rappresentare una sorta di alter ego dello stesso Moccia (non a caso, appesa al muro vediamo anche una locandina di Attila - Flagello di Dio di Castellano e Pipolo).
Accanto a lui, l'immigrato Faraz, ovvero Brice Martinet, e il siciliano con il desiderio di avere una carriera di comico Alessandro, incarnato da Primo"Baciami ancora"Reggiani; tutti residenti a Villa Gioconda, ex clinica in disuso e ridotta piuttosto male che la padrona Amata Cortellacci, con il volto di Paola Minaccioni, ha deciso di affittare, appunto, a chi viene a studiare da altre città.

Laurea non c'è

Un trio di maschietti cui si aggiungono presto Giorgia, Francesca ed Emma, rispettivamente interpretate dalla Nadir Caselli vista in Posti in piedi in paradiso (2012), Sara Cardinaletti e Maria Chiara Centorami; portando quella ventata rosa destinata a sconvolgere l'instabile equilibrio cameratesco dell'"abitazione", ma vedendosi anche loro alle prese con quell'ultimo anno di studi che rappresenta un po' il lungo momento magico e durissimo in cui ci si prepara il futuro con le proprie mani.
Una sorta di ultima vacanza, prima di fare davvero sul serio nella vita, che il gruppetto di neo-amici si trova ad affrontare come una famiglia; man mano che ci si domanda se le donne sono tutte invidiose e, in maniera divertita, viene affermato che una volta compiuti i quarant'anni sono come l'Albania e l'Iran, in quanto tutti sanno dove sono, ma nessuno ci vuole andare (!!!).
Perché, complice anche la presenza di un Maurizio Mattioli che, nei panni del padre di Francesca, strappa come di consueto risate ogni volta che apre bocca, non sono certo spruzzate d'ironia a mancare nel corso dell'operazione; i cui nomi noti, al di là di Enrico Silvestrin nella parte di un assistente universitario, sono individuabili in Barbara De Rossi, Amanda Sandrelli e Fabio Troiano, tutti impegnati nei ruoli di genitori.
E sono Dario Bandiera, il veterano Luis"Tutti all'attacco"Molteni e la televisiva Roberta Giarrusso a completare il cast di un insieme che, tra spettacoli di burlesque ed immancabili parentesi amare, pur non apparendo pessimo risulta decisamente inferiore alle precedenti prove registiche mocciane.
Soprattutto a causa dell'eccessivo numero di canzoni sfruttate durante la narrazione (si spazia da Hey soul sister di Train a Bene se ti sta bene di Arisa) che da un lato conferiscono al tutto un look quasi nostalgico da teen-movie anni Ottanta alla Sposerò Simon Le Bon - Confessioni di una sedicenne innamorata persa dei Duran Duran (1986), ma dall'altro contribuiscono solo a rendere probabilmente più adatta al piccolo che al grande schermo la circa ora e quaranta di visione volta a ricordare che, se non si ha il coraggio di sognare, non si può pretendere che qualcosa accada.

Universitari - Molto più che amici L’unica cosa veramente nostra, al giorno d’oggi, è l’amore? Prova a risponderci l’idolo letterario degli adolescenti Federico Moccia tramite il suo quinto lungometraggio cinematografico, primo incentrato sugli studenti universitari. Il risultato, come di consueto, è un susseguirsi di situazioni leggere e spensierate interrotte quando necessario da parentesi amare, mentre non appaiono assenti né l’immancabile romanticismo, né una spruzzata d’ironia. Ma una regia resa quasi martellante dalle troppe canzoni sfruttate dalla colonna sonora riduce alla sufficienza striminzita un’operazione che, probabilmente, avrebbe necessitato di una maggiore attenzione nei confronti dei diversi contenuti, dal rapporto dei protagonisti con i genitori alle contestazioni studentesche.

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