Recensione Una nuova amica

La duplice natura di un padre di famiglia è al centro del nuovo dramma di François Ozon

Recensione Una nuova amica
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Je suis femme”, io sono donna. Un’affermazione che per la metà della popolazione mondiale è scontata, e che nell’altra metà trova una piccola, minuscola minoranza per cui una frase del genere rappresenta un grido di battaglia, una vera e propria rappresentazione nascosta tra le pieghe di una società spesso ostile e riluttante. In questa piccola esiguità risiede David (Romain Duris), uomo improvvisamente abbandonato da una moglie morta per malattia e pronto a prendersi cura da solo di una figlia di pochi mesi, con l’aiuto della migliore amica di lei, Claire (Anaïs Demoustier). La femminilità di David si esprime soltanto all’interno delle sue mura domestiche con la complicità della moglie Laura prima e dell’amica Claire poi, che accompagna un processo di identificazione ed autoaffermazione complesso e doloroso, fino a che non si ritroveranno entrambi a prendersi per mano nell’accettare la loro vera identità. Una nuova amica è principalmente questo, il racconto di un percorso di consapevolezza che François Ozon riesce a mettere in atto in maniera equilibrata e vincente.

Un racconto che si nasconde nei dettagli

Il processo di David non ha necessariamente a che fare con la sessualità, ma si esprime in una delicatezza dolce, in alcuni passaggi addirittura materna, che François Ozon riesce a raccontare con incredibile sensibilità e con grande armonia. Il regista firma una sceneggiatura acuta ed intelligente che non scivola mai sopra le righe ma, anzi, si mantiene bilanciata per tutta la pellicola accompagnata da una regia che timidamente scivola all'interno dell’evoluzione di David in Virginia, spesso in dettagli perfettamente dosati. Il racconto si tinge di rosso lucido sulle unghie laccate, si fa dettaglio toccante quando la spugna scivola sul volto imperfetto di Romain Duris, stendendo un fondotinta che nasconde la pelle segnata, l’ombra della barba appena fatta ma mai del tutto scomparsa: ogni movimento racconta il fantasma di un personaggio che attraverso un velo di trucco diventa manifesto e porta con sé sogni e speranze cancellando la paura del feroce giudizio degli altri. È quel fantasma a dare vita all’anima dentro il corpo, che esce prepotente in lacrime nascoste, quasi vergognose, quando un transessuale sul palco di un night club canta proprio una canzone di Nicole Croisille che ripete quasi ossessivamente Je Suis Femme.

Amore, bugie e rossetto

Non si può tuttavia parlare della regia di Ozon, del suo perfetto garbo, del suo modo elegante di autocitarsi (soprattutto in una scena, è impossibile non respirare le camere d’albergo di Jeune et Jolie) e della sensibilità con cui riesce a staccarsi dall’ideale che la storia del cinema si porta dietro quando si parla di transizioni del genere (Pedro Almodovar ne ha fatto un marchio di fabbrica del suo stile, anche se la forza brutale delle immagini del regista spagnolo sono lontane dalla misurata finezza del francese), senza citare le splendide interpretazioni attoriali.

Romain Duris stupisce immergendosi completamente nel ruolo, scivolando tra un colpo di rimmel ed un foulard firmato da tormentata donna al ruolo di padre di famiglia con grandissima abilità, firmando la prima interpretazione che paradossalmente, dopo una carriera fatta di ruoli da dandy ed eterno adolescente, lo mostra finalmente uomo. Ad accompagnarlo una sorprendente Anaïs Demoustier, delicata, un po’ nascosta dietro le lentiggini ed i capelli rossi, costantemente in bilico e perfetta incarnazione dell’ambiguità che il film si porta dietro fino alle battute finali. Entrambi si dimostrano scelte vincenti e stanno al gioco di François Ozon, che da sempre gratta oltre la superficie della borghesia francese scoprendo i suoi punti deboli e le sue trasgressioni nascoste.

Una nuova amica Nonostante una sceneggiatura a volte troppo favolesca, con Une Nouvelle Amie François Ozon firma un film acuto ed intelligente, pregno di una delicatezza e di un rispetto per la materia trattata che, al contrario di molti altri registi, sceglie uno stile carezzevole e mai violento per uno spettatore che si ritrova nel racconto quasi accompagnato e mai trascinato a forza. Le interpretazioni di Romain Duris e Anaïs Demoustier aiutano il processo e sembrano essere perfettamente in linea con le scelte autoriali. L’ensemble funziona, e nonostante la pellicola risulti comunque inferiore a titoli come Dans la Maison, il risultato finale è decisamente più che apprezzabile e non deluderà gli appassionati del regista.

7.5

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