Recensione Una Noche

La Havana della vita difficile, dell'AIDS e della povertà. Il tentativo di fuga di tre ragazzi

Recensione Una Noche
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Ispirato a una storia vera, Una Noche è l'affresco della vita difficile nell'Havana delle discriminazioni e, soprattutto, un travagliato racconto a metà tra il percorso di formazione e le dolorose memorie, narrate dal punto di vista di vista di Lila, che seguirà il fratello Elio e il suo amico Raul in un umano e disperato viaggio oltre le 90 miglia che li separano da Miami, oltre quel grande urlo cupo e misterioso che è il mare e che ossessivamente torna nelle parole di Lila. Il mare che è una "lacrima" di dolore, come legge una poesia durante il film. Un grande film, realizzato con sapienza narrativa e tecnica raffinata che pare percepire l'eco di Soy Cuba (I am Cuba), celebre film di Mikhail Kalatozov del '64 che, con la furia distruttiva tipica della Nouvelle Vague, ha impresso una cifra stilistica indelebile allo storytelling cubano, volando sulle folle della popolazione impoverita con spettacolari e leggiadri pianosequenza.

AVVENTURE E FORMAZIONE

Raul (Daniel Arrechaga) è costretto a vivere alla giornata, cercando di pagare le medicine della madre, una prostituta affetta da AIDS, e sognando di scappare dall'Havana per raggiungere il padre a Miami. Ma la sua è solo una ingenua autoconvinzione, in quanto il ragazzo non ha notizie di suo padre da anni e il suo è solo un pretesto per una vita diversa, altrove. Coinvolge nel progetto anche l'amico del cuore, Elio, che finisce inevitabilmente per trascinarsi dietro l'affascinante sorella, Lila, che dà voce al film. Tutto precipita quando, per un grottesco equivoco, Raul viene denunciato per violenza su un turista. Esplode tutta la feroce e sanguinaria contraddizione del capitalismo, ed è caccia all' uomo che è il solo ritenuto responsabile di un danno a un ricco turista bianco. Raul non può aspettare: scatta la fase cruciale, un climax di via crucis tentando la fuga dall'isola. E qua la regista dà il suo meglio.

ODISSEA SANGUINOSA

Il primo punto di forza è la capacità registica di Lucy Mulloy che, a dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, non confeziona un monotono cinema veritè di macchine a spalla e lunghi, silenziosi pianosequenza, al contrario si dimostra abile nel piegare la tecnica ad usi stilistici congeniali all'impietoso ritratto cubano, con un uso coinvolgente e in certa misura ritmato della macchina da presa, del montaggio, degli espedienti tecnici. Freneticamente si alternano teleobiettivi che appiattiscono la scena -spiando la società come un'unica macchia di amalgama- a grandangoli e locali corte, a primi piani con distanze sfumate di sfondo fino a grandi profondità di campo che si estendono per miglia, perdendo i personaggi nel groviglio di una metropoli di angosce e incertezze. Ispirato ad una storia vera, diventa un lungometraggio quasi di formazione, se non fosse per la sua schiettezza che non risparmia niente e nessuno, fino all'imprevedibile finale, forse un po' brusco e affrettato, scivoloso nell'armonia maledetta del resto del film. Pare nutrirsi di tanto avvelenato cinismo e disillusione propria del cinema d'oltreoceano degli anni Settanta, quando la rabbia denunciataria riempiva gli schermi e l'unica costante era il totale disorientamento. A metà tra Spike Lee e tanto New Hollywood Cinema, un film che unisce trattamento intelligente a tecnica avvincente.

Una Noche Nonostante le aspettative, Una noche è tutt'altro che un lento polpettone melodrammatico e retorico, quanto una pellicola che rapisce nei suoi eventi e riesce ad immedesimare col protagonista. Meritevole di riconoscimento.

7.5

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