Recensione Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza

L’apprezzato cineasta svedese Roy Andersson conquista la Mostra del Cinema di Venezia chiudendo la sua ideale trilogia

Recensione Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza
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Lo svedese Roy Andersson, 71 anni, attivo fin dal lontano 1969, è un nome poco conosciuto al di fuori dei circuiti festivalieri, presso i quali si è costruito una reputazione sempre crescente. Vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes del 2000 con Canzoni del secondo piano, Andersson ha dato inizio proprio con quella pellicola (considerata la sua opera più importante) ad un’ideale trilogia proseguita nel 2007 con You, the living (proiettato a Cannes nella sezione Un certain regard) e portata a termine, sette anni più tardi, con A pigeon sat on a branch reflecting on existence (“Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza”), presentato in concorso alla 71° edizione del Festival di Venezia e accolto molto positivamente dalla critica al Lido.
Il bizzarro titolo del film di Andersson è ispirato ad un dettaglio di un celeberrimo quadro del pittore fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve, e fa riferimento alla stranezza dei comportamenti umani, qualora essi siano osservati da una prospettiva distaccata e “aliena” (come può essere appunto lo sguardo di un piccione che scruta la nostra specie). E proprio il distacco e lo straniamento sono gli effetti ricercati da Andersson nella sua semi-paradossale messa in scena di una realtà della quale emergono gli aspetti di volta in volta più buffi, grotteschi e contraddittori. Suddiviso in una serie di episodi circoscritti (o piuttosto dei “quadri”), della durata di pochi minuti ciascuno, il film assume come principale fil rouge il vagabondaggio di due stralunati venditori che tentano invano - e con effetti completamente opposti alle intenzioni - di far acquistare ai potenziali clienti il loro campionario di “oggetti divertenti”, scontrandosi con l’indifferenza generale o con il silenzioso scetticismo dei passanti.

Fra surrealismo e teatro dell’assurdo

Le goffe disavventure della coppia di venditori, tuttavia, costituiscono solo un puro pretesto (la pellicola è attraversata da altri elementi narrativi ricorrenti) mediante il quale Roy Andersson punta a raccontare il senso di confusione e di solitudine di un’umanità imprigionata nelle piccole e grandi stramberie del quotidiano. Con una fotografia monocromatica dai toni tendenzialmente grigi e autunnali, con una cinepresa quasi sempre immobile al cospetto di una situazione di sostanziale staticità (a sottolineare il valore “pittorico” del cinema di Andersson) e con attori dai volti schiariti dal trucco come quelli di cadaveri, Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza propone un umorismo malinconico a metà strada fra certi siparietti surrealisti di Luis Buñuel (sul genere de Il fascino discreto della borghesia) e il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett. Andersson registra con sagace ironia le reazioni di individui qualunque posti di fronte all’inaspettato o al perturbante, e diverte maggiormente proprio quando esaspera tale contrasto introducendo il più perturbante fra tutti i fenomeni, ovvero la morte (impagabile la scena nella sala ristorante di una nave con un cadavere che giace sul pavimento).

Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza L’apprezzato cineasta svedese Roy Andersson porta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, terzo capitolo di un’ideale trilogia, costituito da una serie di quadretti di volta in volta buffi, stranianti o grotteschi; con il suo sottile humor nero, Andersson punta a cogliere l’elemento dell’assurdo presente nel quotidiano, con effetti sorprendenti che richiamano alla mente il cinema surrealista e il teatro d’avanguardia.

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