Recensione Un paese quasi perfetto

Sceneggiatore di Benvenuti al Sud di Luca Miniero, Massimo Gaudioso debutta dietro la macchina da presa con Un paese quasi perfetto, basato sul lungometraggio canadese La grande seduzione.

Recensione Un paese quasi perfetto
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Se in Benvenuti al Sud di Luca Miniero - di cui fu sceneggiatore - raccontò il grottesco impatto provato dal direttore di un ufficio postale della Brianza al suo arrivo in una piccola località del Cilento, dove veniva trasferito, per il suo nuovo impegno dietro la macchina da presa Massimo Gaudioso non sembra essere interessato più di tanto a cambiare quella che si rivelò una formula vincente ai fini della commedia.
Infatti, come in quel caso partì dal francese Giù al Nord di Dany Boon per scriverne un vero e proprio remake, in Un paese quasi perfetto il modello di riferimento è il canadese La grande seduzione di Jean-François Pouliot e, ancora una volta, è un incontro-scontro tra un individuo dell'Italia settentrionale ed una popolazione di quella meridionale a fare da fulcro al tutto.
Perché, fortunatamente lontano dai suoi poco credibili ruoli di romanticheggiante ed innamorato idolo delle ragazz(in)e, un Fabio Volo più convincente del solito concede anima e corpo al rampante chirurgo estetico milanese Gianluca Terragni, convocato nell'immaginario piccolo paese di Pietramezzana, sperduto nelle Dolomiti lucane e che rischia di scomparire in quanto ai pochi abitanti rimasti - per lo più ex minatori e che vivono con una cassa integrazione che minaccia di trasformarsi in disoccupazione - non è rimasto altro da fare che intravedere una soluzione a tutti i loro guai nell'apertura di una fabbrica (quindi, ciò che gli occorre è prima di tutto un medico).

Benvenuto al Sud


E, intenti, di conseguenza, a convincerlo a restare in quel posto dimenticato dal mondo, guidati dal vulcanico Domenico alias Silvio Orlando si avventurano nelle più impensabili imprese per fargli credere che si tratti del suo autentico paradiso, dove può avere tutto ciò che gli occorre e che ha sempre desiderato.
Allora, consapevoli di quale sia il suo sport preferito, non solo s'improvvisano squadra di cricket, ma, tra le molte cose, arrivano addirittura ad escogitare un rimedio per permettergli vedere in tv una partita relativa alla disciplina in questione.
Riservando, tra l'altro, uno dei momenti più divertenti della oltre ora e mezza di visione che, tra un Nicola direttore di una piccola filiale di banca locale con le fattezze del mai disprezzabile Carlo Buccirosso e la bellissima Anna con quelle di Miriam Leone, paesana tutt'altro che propensa a prendere parte alla presa in giro collettiva (comprendente spiate delle telefonate effettuate dal "povero" Terragni), si avvia in maniera piuttosto fiacca per decollare progressivamente, però, man mano che i fotogrammi avanzano.
Oltre ora e mezza di visione per mettere in piedi la quale Gaudioso dichiara di essersi ispirato a modelli del passato del calibro de La banda degli onesti di Camillo Mastrocinque e Pane amore e fantasia di Luigi Comencini... con la risultante di un elaborato non eccelso e mirato soltanto in minima parte alla comicità, ma che si rivela decisamente gradevole e destinato a ribadire - come una moderna favola tricolore - che non importa essere ricchi, ma vivere a testa alta e sempre forniti della voglia di sognare.

Un paese quasi perfetto Sceneggiatore, tra l’altro, di Gomorra e L’abbiamo fatta grossa, Massimo Gaudioso torna dietro la macchina da presa tramite Un paese quasi perfetto, basato sul lungometraggio canadese La grande seduzione, diretto nel 2003 da Jean-François Pouliot. Con il veterano Nando Paone incluso nel cast in gran forma, una moderna favola italiana di provincia che, caratterizzata dalla tematica di fondo dell’incontro-scontro già sfruttata dallo stesso Gaudioso in benvenuti al Sud, di cui curò la sceneggiatura, non strappa risate in maniera eccessiva ma risulta decisamente gradevole per una serata dinanzi al grande schermo.

6

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