Recensione Un mostro a Parigi

L'avventurosa Ville Lumière di Bibo Bergeron

Recensione Un mostro a Parigi
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Certo che, al cinema, di mostri misteriosi che terrorizzano donzelle e città, rivelando magari poi, più o meno a sorpresa, di essere dei gran teneroni, se ne sono visti parecchi. Da King Kong al Fantasma dell’Opera, passando per la Bestia disneyana o lo scontroso alieno di Super 8, il ‘creature feature’ si è più volte rivelato l’elemento vincente di molti film di genere fantastico, ancor più nel campo dell’animazione. A Monster in Paris, conosciuto anche col titolo francofono Un Monstre à Paris, che abbiamo potuto vedere in anteprima al Future Film Festival bolognese, a livello di trama non si stacca granché da questo schema. Quello che fa la differenza sono i dettagli, e il mestiere di chi c’è dietro. La pellicola, realizzata in CGI e in stereoscopia, è una produzione francese diretta da Bibo Bergeron, che si è fatto le ossa su progetti del calibro di Asterix in Bretagna, La strada per El dorado e Shark Tale. E la protagonista, sia nella versione francese che in quella inglese, ha la voce - e le fattezze, come spesso avviene in questi casi - della celebre cantante Vanessa Paradis. Non basta? Allora forse vi dirà qualcosa di più il nome di chi produce, nientemeno che Monsieur Luc Besson, che all’animazione, come dimostra la saga di Arthur, ci tiene sempre molto.

Mostro di bravura

Emile è un timido proiezionista. Raoul uno strampalato inventore. Il primo è innamorato della graziosa cassiera, ma non ha il coraggio di dichiararsi. Il secondo è uno sbruffone e racconta di essere corteggiato da tutte le donne della città, ma - anche se non è disposto ad ammetterlo - il suo cuore batte per la bella Lucille, una cantante in ascesa nella bellissima Parigi d’inizio secolo scorso che il film ricostruisce con gusto e fedeltà.

Quando un giorno Emile accompagna l’amico nel laboratorio di uno scienziato per effettuare una consegna, i due fanno un gran pasticcio, mescolando i geni di una cimice con quelli di una scimmia canterina. Il risultato è un mostro orrendo che prima li spaventa a morte e poi fugge provocando il panico nelle strade della Ville Lumière, già fortemente provata da un allagamento. Il vanesio capo della polizia, corteggiatore non corrisposto di Lucille, si mette sulle tracce della creatura, non per interesse nei confronti dei cittadini, ma per affermazione personale. Intano il mostro entra in contatto con la ragazza. Dopo un primo attimo di terrore puro, Lucille si rende conto che l’essere è docile e mansueto, e oltretutto ha una vocina da soprano, sa suonare la chitarra e danza anche come un provetto ballerino. Ribattezzatolo Francoeur (cuore puro), lo “adotta” e gli da anche un posto nel suo spettacolo...

Quel che colpisce della pellicola è l’elevatissimo standard di realizzazione tecnica, sia per quel che concerne i personaggi e le ambientazioni in CGI - la Ville Lumière è ottimamente riprodotta, e chi la conosce potrà divertirsi a individuare i diversi ‘scorci’ che la caratterizzano - che per ciò che riguarda la qualità del 3D. Nulla o poco da invidiare, insomma, almeno in questo senso, ai grandi colossi Pixar e Dreamworks. Altro punto forte della pellicola è l’accompagnamento musicale, che la sensuale voce di Vanessa Paradis rende ancora più accattivante. Non per niente, la signora è sposata con Johnny Depp, con il quale vive proprio a Parigi. Il lavoro da fare, ora, è sulla scrittura dei personaggi - un po’ piatti e archetipici - e della trama, decisamente lineare e non troppo originale.

A Monster in Paris E’ bello veder crescere il cinema francese non solo nei suoi aspetti autoriali, che si conoscono più o meno in tutto il mondo, ma anche nel campo del genere e dell’animazione. Nell’anno di The Artist e Quasi amici, la distribuzione in sala - anche in Italia - di un cartoon d’oltralpe che compete tecnicamente con gli standard internazionali sarebbe più che mai appropriata. Peccato la trama lineare e i personaggi un po’ piatti.

6.5

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