Recensione Un mercoledì di maggio

Un mercoledì di maggio si incontrano a Teheran le storie di un uomo e due donne. Desolazione e disperazione marcano stretti i profili di protagonisti che parlano di una società ancora dolente, attraversata da mille contraddizioni etiche e sociali.

Recensione Un mercoledì di maggio
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Un mercoledì di maggio comune e particolare, a Teheran, s'incontrano le storie di vari personaggi, in particolare due donne e un uomo. L'uomo (Jalal) ha pubblicato un annuncio con il quale intende consegnare una ingente somma di denaro nelle mani di un concittadino meno fortunato. In una società in cui coabitano problemi e indigenza ma anche l'impostazione sempre più diffusa del consumismo occidentale, l'annuncio di promessa carità riunirà di fronte all'ufficio di Jalal (insegnante con un pesante lutto da metabolizzare) una folla di persone speranzose, testimoni disperati di vite che similmente mancano di serenità, benessere, e (soprattutto) soldi. Tra di loro, a colpire l'uomo saranno in particolare i volti di due donne. La prima, ragazza incinta ostacolata nella sua volontà di convolare a nozze dalla famiglia adottiva (della zia) con l'ulteriore aggravante del suo amore Morteza finito in carcere in seguito a una rissa con il di lei cugino, è Setareh. Disperata, la giovane spera in quei soldi per pagare la cauzione e affrontare i suoi numerosi drammi al fianco dell'amato Morteza. La seconda, Leila, è invece per Jalal un incontro del tutto inaspettato. Si tratta infatti di una sua vecchia fiamma che ora è sposata con un altro, un uomo ridotto sulla sedia a rotelle e che necessita di una costosa operazione per tornare a sperare. A sua volta spinto al suo gesto dal vuoto creato da un lutto incolmabile, Jalal si troverà infine a dover scegliere a chi assegnare i soldi, incappato in un profondo dilemma etico dalla sua scelta di apparente e disinteressata carità. Da un gesto a prima vista‘semplice' scaturirà infatti un quid morale, intellettuale, sociale, sviscerato poi nell'atto di meditare sul proprio gesto per capire se si tratti davvero di generosità, o piuttosto di necessità di riconciliazione con sé stessi, e con il proprio dolore.

Iran oggi

Veli che ondeggiano lungo i profili celati delle donne, ma anche donne forti, determinate, artefici del proprio destino. Uomini che danno voce e si oppongono alla voglia di indipendenza e libertà del mondo femminile, la cui riaffermazione del proprio diritto spesso passa per le carte di una burocratizzazione ad appannaggio del mondo maschile. E ancora, donne che tentano di riprendersi la loro identità, femminilità, oltrepassando il confine stabilmente attivo dell'occhio maschile. Elementi precisi e descrittivi che non appartengono solo all'opera di Un mercoledì di maggio di Vahid Jalilvand, ma che attraversano un po' tutta la cinematografia iraniana, spesso declinata e analizzata attraverso la lente straniante di una femminilità interrotta, censurata eppure in stabile ‘risalita'. Anche qui il dilemma etico posto in essere dal protagonista Jalal si trasforma infatti in un circolo di malessere e frustrazione incarnato a più riprese dalla donne che abitano la società di Teheran, un limbo in graduale trasformazione dove il vecchio convive con il nuovo, la tradizione con il progresso. Come nel gioco di specchi creato sedici anni fa da Jafar Panahi con Il cerchio, la condizione segregante dell'universo femminile iraniano continua a essere spunto di riflessione, metro di paragone, mezzo di analisi e rilettura di una società che prosegue il proprio cammino di modernizzazione pur restando in parte ancorata a certi ‘nodi' del passato. Un'opera prima imperfetta che pure condensa nella geometria frammentaria di luoghi e storie l'impasse sociale di un territorio in progressiva crescita, ma ancora per certi versi lontano da un'idea di eguaglianza e parità sociale.

Un mercoledì di maggio Per il filone Nuovo Cinema Teheran, Academy Two porta nelle sale italiane Un mercoledì di Maggio, opera prima dell'iraniano Vahid Jalilvand che seguendo i canoni del neo-realismo iraniano mette a fuoco l'impasse etica, sociale e morale di una società in qualche misura profondamente segnata dalle disparità di sesso e sociali, dove lo stato di abbandono e disperazione ancora rappresentano una voce importante dei propri cittadini. Donne che vivono e sopravvivono in un mondo di uomini sembra essere ancora il tema caldo del cinema iraniano, declinato tanto nelle storie dei registi popolari (Kiarostami, Panahi, Farhadi), così come nell'aspetto più ‘grezzo’, imperfetto ma similmente efficace della squadra nascente di questi giovani e talentuosi registi contemporanei.

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