Recensione Un matrimonio all'inglese

Un viaggio moderno nell'Inghilterra vittoriana

Recensione Un matrimonio all'inglese
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La freschezza yankee nell'Inghilterra vittoriana!

Un matrimonio all'inglese è l'adattamento cinematografico della gustosa pièce di Noel Coward, redatta nel 1924. Il secondo adattamento dopo quello muto del giovane Hitchcock (Fragile virtù). Non è sicuramente una delle commedie più rappresentative del noto commediografo britannico, ma ideale per tentare di gettare un ponte che inerisca periodo vittoriano con stile moderno. La storia è molto schematica ed è chiaramente un pretesto per sviscerare sardonicamente la gerontocrazia ancora dell'Inghilterra post-prima guerra mondiale. Ebbene Larita Huntington (Jessica Biel) irrompe nella stasi dell'Isola come improvvisa moglie del rampollo di casa John Whittaker (Ben Barnes), con tutti gli sconvolgimenti che una moderna americana, affascinante e disinibita, campionessa di automobilismo e del tutto inadeguata al contesto, comporta. Soprattutto se la nuova suocera è la più classica delle matrone inglesi: arcigne, snob, affilate, determinata a conseguire i (naturali) scopi: spezzare il matrimonio e recuperare la prole, spodestando la giovane yankee. Intesse quindi una strategica rete di tranelli ai quali Larita pare non saper replicare...Il tutto dentro ad uno scenario di fasto e natura, ma che al contempo pare mucido e consunto.

Come unire il passato col moderno

Con questo film il regista australiano Stephan Elliott si cala sì in un'epoca passata, ma con la capacità di riuscire perfettamente ad armonizzarla col presente. La ricostruzione non ha un semplice stile museale, ma il carisma veloce della contemporaneità, adattando Coward al gusto di un pubblico giovane grazie, soprattutto, allo splendido lavoro di sceneggiatura messo a punto dal regista stesso coadiuvato da Sheridan Jobbins, capaci di alleggerire la pesantezza sarcastica del testo originale che renderebbe troppo forzato ed anacronistico il lavoro per una commedia sullo schermo, tentando invece di recuperare l'emotività dell'opera. Risultano pertanto i dialoghi il pezzo forte del lavoro. Vi sono commenti pungenti, di una comicità tipicamente inglese quindi graffiante, intelligente e sprezzante, ben distribuiti in tutto il lavoro, per poi arrivare al sostrato più crudele, il logorio di una famiglia in decadenza che quasi stentoreamente sopravvive in uno dei momenti più ferali della nostra storia recente. La comunicativa dei dialoghi sta anche nel saper soprattutto far sentire ciò che si tace, ciò che rimane allusivo quando spesso è ben più eloquente del mero formalismo detto.L'ottimo lavoro sta nell'equilibrio raggiunto tra la compitezza dello script, volto in humor, e l'interesse per la profondità dei personaggi. Larita rappresenta quanto di più nuovo potesse esserci in quel tipo di società, oltre al carattere spregiudicato, il solo fatto di esser americana, quindi di portare freschezza nel neofobo mondo albionico. Ma non solo, Larita pare rappresentare ciò che Mrs. Whittaker avrebbe potuto essere senza la calamità bellica, pertanto quando la ragazza irrompe in casa, non solo si scatena una (ineluttabile) invidia tra donne e quel morboso rapporto suocera-moglie, ma anche, e forse soprattutto, l'invidia di vedere in lei la vita e la vitalità che non aveva potuto consumare, che le era stata inibita dagli eventi. La reazione a tutto questo non potrà esser altro che scontrosa. Il personaggio della ragazza, ad ogni modo, è interpretato con grande leggerezza da Jessica Biel,  capace di mettere nel suo lavoro grande umiltà e spontaneità, rivelandosi una delle liete promesse di Hollywood, brava, nella non facile situazione, a districarsi in mezzo ad attoroni inglesi del calibro di Colin Firth e Kristin Scott Thomas. Due colonne della recitazione britannica ed anche del film in questione. Se la figura dell'acrimoniosa suocera è un topos della letteratura e del cinema, ben più enigmatica e sottile è invece la figura del marito interpretato per l'appunto da Colin Firth. Mr. Whittaker si rivela dal principio improbabile alleato di Larita, per poi, lentamente, mostrare il suo lato sofferente, quello più pervasivo. E' un uomo ritorto in sè stesso, provato dalla grande guerra, stupendamente animato dall'attore capace di infondergli un preciso realismo inglese. La sua compunzione si dice attraverso il silenzio, che altro non fa se non accentuare, come in un gioco di tonalismo teatrale, le poche frasi mai banali che profferisce. Il suo stile dandy trasandato fa da congiunzione con quello di Larita, privata degli elementi chiassosi che l'art decò imponeva. Ovviamente costumi ed ambientazioni sono ingredienti basici per la buona riuscita finale. Sembra che questo Matrimonio sia un film "antico" girato come se tale non fosse, l'effetto è per l'appunto quello di superare l'impasse del passato e renderlo moderno. Stesso modus operandi utilizzato anche per colonna sonora costituita da canzoni moderne riarrangiate in chiave anni '20, un'operazione sicuramente coraggiosa e curiosa che ha dato un vivido contributo alla narrazione, sullo stile di Moulin rouge, di cui difatti Marius de Vries è il ganglo.Ed anche esso segue la linea generale del film, evocare gli anni '20-'30, ma senza tumularsi nel "museo". Tutto quindi appare "fashion": costumi patinati, capaci di amplificare i contrasti della sceneggiatura. Capace anche di far brillare il colore delle stanze, accenderli e sfumarli quando si tratta di ritrarre la bellissima campagna inglese che fa da sfondo al film; con queste fastigiate tenute d'alta nobiltà che però, come templi antichi, cadono a pezzi, comunicando la consunzione di questa famiglia aristocraticamente disfunzionale.Un lavoro quindi con un impianto teatrale, vivo e dinamico, un ottimo esempio di abilità nel narrare l'interno dell'alta società inglese, sdipanandone impietosamente i tic, le nevrosi, le ipocrisie, le "vittorianeità". Il risultato è un prodotto molto più profondo e psicologico del previsto, mostrando come inamovibile fosse la determinazione ad eliminare chiunque non volesse piegarsi allo status quo. Ne conseguono sfumature sulla repressione sessuale, sensi di colpa soffocati, smarrimenti ed incertezze di chi sta per perdere il suo mondo.

Easy virtue Mirabile scorcio di britannicità anni '20 dall'ironia wildiana con un ritmo perfetto. Il duro ma esilarante confronto tra la disinibita americana Larita ed il microcosmo della famiglia del maritino John. Tutto volto a demolire tabù, repressioni, classismo, stantie usanze e complessi. Il testo di Coward viene svecchiato dall'interpretazione agevole degli attori e dal formidabile lavoro di costume glamour e di raffinatezza d'ambiente.

7

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