Recensione Un amore senza fine

Alex Pettyfer e Gabriella Wilde si cimentano in un remake zeffirelliano

Recensione Un amore senza fine
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Nell’estate del 1981, Lionel Richie e Diana Ross dominavano le classifiche di tutto il mondo grazie al loro dolcissimo duetto intitolato Endless Love, ballad dall’irresistibile effetto romantico che avrebbe registrato record di vendite diventando uno dei brani più popolari del decennio. La canzone, in realtà, era stata composta da Lionel Richie per la colonna sonora di un film omonimo (in italiano Amore senza fine), basato su un romanzo di Scott Spencer e sfruttato come veicolo divistico per la quindicenne Brooke Shields, per la regia di un Franco Zeffirelli mai così spernacchiato dalla critica. Girare un remake di quello che è stato bollato come il peggior film nella carriera di Zeffirelli, e per di più senza nemmeno un tema musicale memorabile come Endless Love per addolcire l’atmosfera, a conti fatti non sembrava dunque una grande idea: ciò non ha impedito tuttavia ad alcuni poco lungimiranti produttori di mettere in cantiere lo sciagurato progetto, affidando regia e sceneggiatura (chiamiamole così...) a Shana Feste e sostituendo le intramontabili voci di Diana Ross e Lionel Richie con il consueto repertorio di motivetti teen che probabilmente nessuno, oltre i tredici anni, si sognerebbe di caricare nel proprio lettore MP3.

Barbie e Ken

Attenzione: data la qualità della pellicola abbiamo deciso di evitarvi lo strazio di vedere il film di persona e farvi una breve cronistoria. Quanto segue, dunque, conterrà spoiler: leggete “a vostro rischio e pericolo” ma, insomma, non vi stiamo certo spifferando il season finale di Breaking Bad.
Ma di cosa parlerà Un amore senza fine, si staranno chiedendo coloro che non avessero visto il (dispensabilissimo) film di Zeffirelli? È presto detto: lei, tale Jade Butterfield, neo-diplomata di famiglia ricca, è una Barbie lagnosa, antipatica e anche discretamente cretina. Presumibilmente non si lava e di conseguenza emana qualche sgradevole olezzo, perché in tutta la scuola non c’è nessuno che sia disposto ad avvicinarsi a lei neanche per sbaglio (o magari le stanno tutti alla larga perché è lagnosa, antipatica e cretina?). L’unico che sembra filarsela, per un semplice bollore ormonale che la voce fuori campo si affanna a nobilitare come chissà quale impeto sentimentale da cavaliere della Tavola Rotonda, è il suo compagno di scuola David Elliot, che infatti è identico a Ken (il bambolotto-amante di Barbie, per l’appunto). Anzi, ci informano che Ken va sbavando dietro a Barbie dall’intera durata del college, ma per qualche bizzarro motivo ha atteso fino al giorno del diploma per rivolgerle la parola - e qualora ve lo steste domandando: no, non è un film ambientato in età vittoriana (epoca in cui comunque, siamo pronti a scommetterlo, gli adolescenti non erano delle larve encefalitiche di tal genere).

IL PRIMO AMORE DI BARBIE

A proposito, già dall’incipit ci viene fatto intuire che Jade, oltre ad essere antipatica e puzzolente, è pure super-frigida. Al minuto 10 però Barbie, determinata a smentire tale ingrata reputazione, sale insieme a Ken (che ovviamente è di estrazione proletaria, manco a dirlo) sulla Maserati rossa fiammante del solito yuppie stronzetto di turno per un giro in auto a tutta velocità, strillando come imbecilli, perché fa tanto film “gggiovane”. Al minuto 20, Barbie e Ken stanno eseguendo un balletto durante la festa per il diploma di Barbie, perché fa tanto Dirty Dancing; subito dopo, la morigerata biondina pensa bene di chiudersi in uno sgabuzzino insieme a Ken al grido di “Famolo strano!” (no, forse non lo gridano, ma insomma), ma il paparino di lei li becca e giustamente ci rimane un po’ male. Al minuto 30 Ken, invitato a cena dalla famiglia di Barbie, rifila a tutti i commensali un insostenibile pippone sul fatto che “L’amore è bello” (e Papà di Barbie prova timidamente a obiettare “Però serve anche l’assicurazione sanitaria”, facendo la figura del mostro insensibile). Al minuto 35 Barbie, conquistata dall’irresistibile prosopopea di Ken dei minuti 30-34, lo fa rientrare di soppiatto in casa e se lo ripassa davanti al camino acceso, perché fa tanto scena d’amore in Beautiful (o in qualunque altra telenovela Rai o Mediaset).

Retate alle giostre

Al minuto 40 veniamo informati del fatto che Barbie aveva un fratello, Chris, morto prematuramente: ma tranquilli, se vi aspettavate una svolta drammatica stile Gente comune, niente di tutto questo, e la buon’anima di Chris viene dimenticata del tutto già al minuto 41, quando c’è una lunghissima sequenza con sottofondo musicale in cui i due piccioncini, mezzi nudi, fanno i cretini dentro una fontana, giocano con i fucili ad acqua e via dicendo. Al minuto 45 Barbie decide che, anziché prepararsi per entrare alla facoltà di medicina, preferisce continuare a svaccarsi per tutta l’estate, perché gli ormoni le hanno ucciso i pochi neuroni superstiti: Papà di Barbie prova a protestare un po’ meno timidamente, ma ancora una volta fa la figura dell’antipatico, e in più deve sorbirsi pure l’aspirante genero che si ripresenta senza invito a casa loro, appiccicoso come una piattola. Al minuto 50, pertanto, sono tutti insieme alla casa al lago a svaccarsi allegramente (ma dai?): lo spettatore, a questo punto, spera che da un momento all’altro bussino alla porta due giovani vestiti da tennisti e pronti a seviziare sadicamente l’intera famigliola, come in Funny Games di Michael Haneke, ma purtroppo gli psicopatici assassini devono aver sbagliato strada. Al minuto 55 Ken sorprende Papà di Barbie mentre se la spassa con un’altra donna sotto il naso della moglie, ma fa finta di nulla e al minuto 60 lui e l’allegra combriccola stanno ancora facendo gli idioti all’ennesima festa in piscina. Dopodiché vanno alle giostre, ma vengono acchiappati in una retata della polizia (perché nel mondo di Ken e Barbie la polizia non dà la caccia agli spacciatori, ma fa le retate alle giostre).

Pugni sul naso e suv distrutti

Al minuto 70 Papà di Barbie accusa Ken di essere un ragazzo violento, e quest’ultimo per dimostrargli che si sbaglia gli rifila un pugno sul naso (furbo, Ken!). Barbie, isterica per l’eccessiva quantità di stress e per aver visto Ken parlare con un’altra ragazza - ebbene sì, parlare! - decide di fracassare il Suv e finire all’ospedale, e tutti quanti, anziché dare la colpa a lei perché guida come Crudelia DeMon (a proposito, ricordiamoci che in questo sinistro universo parallelo Barbie vorrebbe fare il medico), se la prendono con il povero Ken. Al minuto 75 Barbie viene spedita all’Università, dove torna ad essere la ragazzetta snob, antipatica, frigida e puzzolente, mentre Ken entra in psicoterapia e ammorba il mondo intero su quanto senta la mancanza di Barbie (e al minuto 80 si allena con un sacco da pugilato, perché fa tanto Rocky). Al minuto 85 si ritrovano tutti quanti all’aeroporto per il ritorno di Barbie dall’Università e Papà di Barbie sta per scatenare l’intera sezione anti-terrorismo contro Ken, ma ci ripensa e al minuto 90 decide invece di prendersela con Fratello di Barbie perché ha messo sul giradischi uno dei suoi LP (no, questa non l’abbiamo capita neanche noi, quindi non chiedeteci spiegazioni). A questo punto gli eventi precipitano... e per non rovinarvi l’insostenibile suspense, preferiamo non svelarvi più nulla sui restanti 10 minuti di film. Ci limiteremo a dirvi che una candela - sì, una misera, minuscola candelina - riesce ad appiccare un incendio gigantesco (è duro il mestiere dello sceneggiatore) e che, se a Hollywood c’è ancora giustizia, Alex Pettyfer e la sua partner, tal Gabriella Zanna Vanessa Anstruther-Gough-Calthorpe (nome d’arte Gabriella Wilde, per fortuna), si sono meritati un posto in prima fila alla prossima cerimonia dei Razzie Award.

Un amore senza fine Uno dei più zuccherosi e spernacchiati film sentimentali degli Anni ’80 ritorna al cinema con il remake (ancora più zuccheroso e spernacchiato) del quale nessuno sentiva il bisogno: l’equivalente made in Hollywood di un film di Federico Moccia, con Alex Pettyfer sempre più deciso ad allungare la sua collezione di brutti film e la meno nota Gabriella Wilde, che regge degnamente il confronto con un’interpretazione altrettanto pessima.

3.5

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