Ultraviolet, la recensione del film con Milla Jovovich

Dal regista di Equilibrium ecco un action con la dirompente Milla Jovovich, che purtroppo non riesce a spiccare dalla massa.

Ultraviolet, la recensione del film con Milla Jovovich
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Protagonista una Milla Jovovich in forma perfetta, questo Ultraviolet è solo l'ultimo di una serie di film - sempre più popolari negli ultimi anni - incentrati su figure femminili forti e combattive, create per l'occasione o mutuate dal mondo del fumetto come da quello dell'animazione, che si stagliano determinate e letali contro uno scenario di oppressione e iniquità. I risultati, come spesso accade nel caso di un prodotto fortemente inflazionato, sono quantomai altalenanti: il confronto tra un capolavoro assoluto della cinematografia recente come Kill Bill e pellicole largamente evitabili quali Catwoman può essere impietoso, ma il beneficio del dubbio non si nega a nessuno, soprattutto a un'attrice non solo bella, ma che ha dimostrato in più di un'occasione che i ruoli d'azione le calzano a pennello.

Vampiri e misteri

Nel caso specifico, non solo la conturbante protagonista è un'esperta nelle arti marziali a mani nude come nell'utilizzo di pistole o coltelli, ma è soprattutto una sorta di vampiro dell'era moderna. Si, perché nel mondo di Violet, anni prima dell'epoca in cui è ambientata la pellicola, si era sviluppato un particolare virus, successivamente potenziato in laboratorio per ragioni che allo spettatore rimangono ignote, che provoca dipendenza dalla sete di sangue ma contemporaneamente potenzia le caratteristiche fisiche dei portatori, rendendoli più veloci, più forti e più resistenti. Inutile dire che gli emofagi sono vittime del pregiudizio comune, che ovviamente non si limita alla semplice diffidenza ma assume presto la forma della lotta armata e della soppressione più indiscriminata, della quale rimane vittima anche una giovanissima Violet, catturata e costretta ad abortire. All'inizio della nostra vicenda i pochi sopravvissuti si sono riorganizzati, formando un'agguerrita resistenza al governo di Ferdinand Daxus, che nell'immediato si propone di sottrarre al dittatore quella che lui stesso ha definito l'arma che eliminerà definitivamente gli ultimi superstiti tra gli emofagi. Ed è proprio Violet a doversi introdurre sotto mentite spoglie nella sede centrale dell'industria farmaceutica di Daxus e recuperare il misterioso oggetto eludendo la sorveglianza, seppur in maniera non propriamente silenziosa. Tutto sembrerebbe filare liscio, finché Violet, contravvenendo all'ordine di non indagare sul contenuto della valigetta trafugata, non scopre che la tanto sbandierata arma altro non è che un bambino, nel cui sangue sono presenti potenti antigeni al virus dell'emofagia. Memore della violenza a cui è stata sottoposta, la nostra eroina ritiene inaccettabile l'idea di uccidere un bambino innocente, e allo stesso tempo coltiva la speranza di poter ritornare ad essere un comune esemplare della specie umana sfruttando l'anomalia genetica del ragazzino.

Si, qualcosa non quadra...

Indubbiamente, questo film lascerà a bocca aperta. E non (solo) per le grazie di Milla Jovovich. Molti potrebbero dare fiducia alla pellicola sulla base dell'esperienza positiva avuta con Equilibrium, sceneggiato e diretto dallo stesso regista, Kurt Wimmer, e che, seppur freddamente accolto dalla critica e scarsamente pubblicizzato, ha saputo conquistarsi un meritato posticino nel cuore degli appassionati, grazie alle atmosfere d'effetto e ad una tecnica di combattimento, il kata della pistola, innovativa e spettacolare. Questo Ultraviolet, che pur dovrebbe condividerne non solo l'ambientazione futuristica, ma anche lo spunto di critica ai regimi dittatoriali, non riesce però a convincere, complice una sceneggiatura scontata e comunque non esente da vistosi buchi, non di certo impreziosita da dialoghi che si spingono ben poco oltre la retorica e la ricerca a tutti i costi della frase a effetto. Persino gli effetti speciali, solitamente punto di forza di questo genere di produzioni, sono ben lontani dal far gridare al miracolo. Tematiche potenzialmente interessanti, sebbene già declinate in molteplici salse, quali la paura del diverso, unita alla fobia del contagio, come pure il bisogno di vendetta (o giustizia) di una madre a cui hanno strappato il figlio, sono tutte tratteggiate in maniera molto approssimativa, cosa che di per sé, in una pellicola in cui l'azione dovrebbe fare da padrona, non sarebbe nemmeno così grave.

Se non fosse che anche le sequenze di combattimento non brillano certo né per originalità né tantomeno per facilità di comprensione: una telecamera che ruota come impazzita per tutta la scena, e che solo al termine dello scontro si sofferma su una Milla Jovovich immancabilmente in una posizione degna di chi ha appena imbroccato una fatality in Mortal Kombat, è il massimo che la regia riesca ad offrirci. Perché, per ciò che riguarda il resto della pellicola, anche quella non si stacca dalla piattezza più insignificante, sprecando così una fotografia che invece è decisamente di buon livello, vista anche la decisione azzeccata di scegliere Shangai come cornice della vicenda.

Ultraviolet Si vocifera che la sceneggiatura originale di Wimmer sia stata pesantemente tagliata, eliminando in questo modo più di quaranta minuti di girato. Se siete amanti del filone futuristico e non disdegnate la visione di qualche bella donzella in abiti aderenti, piuttosto ripiegate su Aeon Flux, che pur non essendo una pellicola particolarmente meritevole, di sicuro si mantiene su livelli ben più dignitosi di quelli su cui si attesta il lavoro di Wimmer. Il film andrà in onda questa sera, 14 novembre, su Cine Sony alle 22:45.

3.5

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