Transformers - L'ultimo cavaliere Recensione: poco rumore per nulla

Poco Bayhem e tanta confusione nel quinto capitolo di una saga che sembra non avere più nulla da dire (e da far scoppiare).

Transformers - L'ultimo cavaliere Recensione: poco rumore per nulla
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L'unica vera certezza quando si va a vedere un film diretto da Michael Bay e - in particolare - un film diretto da Bayhem dedicato ai Transformers (di cui ricordiamo è ancora attivo il contest dedicato), è che si trascorreranno due ore di puro e scorrevole intrattenimento. Che piaccia o meno, infatti, il cineasta statunitense è stato comunque in grado di diventare il pioniere di uno stile che non punta sull'estetica ma sul dinamismo - oltre che sulle esplosioni - e quindi perfetto da "sfruttare" in tutte quelle pellicole dove il ritmo è e deve essere tutto. Quei film spesso poco apprezzati dalla critica, ma nella maggior parte dei casi idolatrati da quella fetta di pubblico che cerca nell'arte cinematografica un momento di evasione dalla realtà. Michael Bay è il regista "del popolo sovrano", ed è per questo che è un peccato vedere che in Trasformers - L'Ultimo Cavaliere le sue peculiarità - amate e odiate - sono state messe da parte per dare spazio a una trama eccessivamente complicata. Una storia fatta di viaggi e di corali cacce al tesoro, di robottoni ghettizzati e poi di nuovo "sfruttati", di rabbiose minacce al Pianeta Terra che, nonostante lo sforzo, non dà e non toglie nulla a un franchise che effettivamente sembra non avere più nulla da dire.

Dopo l'inizio, la fine

Transformers - L'Ultimo Cavaliere inizia in maniera efficace. Siamo nell'Inghilterra di Re Artù nel bel mezzo di una battaglia di cui uno schieramento è formato proprio dai Cavalieri della Tavola Rotonda: la scena è splendida e buona è anche l'idea di inserire Merlino in questo contesto e di spiegare con un volo pindarico, ma funzionale, che il potere del Mago in realtà è coadiuvato proprio dai Transformers. L'arrivo, poi, di un drago meccanico sputa fuoco sul campo di battaglia è talmente eccessivo da risultare geniale, (unico) tocco da maestro alla Bay degno di nota del film. Trascorsi i primi minuti di grande pathos, è dal "ritorno al presente" che le cose prendono una piega sbagliata, a partire dall'incontro con i vecchi e i nuovi personaggi. Oltre alla trama, infatti, un altro grande problema di Transformers - L'Ultimo Cavaliere è la caratterizzazione dei vari comprimari del film dove, oltre a Cade Yeager (Mark Wahlberg) e all'espatriato Agente Simmons (John Turturro), arrivano tantissime new entry come Sir Edmund Burton (Anthony Hopkins), Vivian Wembley (Laura Haddock) e la piccola Izabella (Isabela Moner), con le quali risulta impossibile creare un "legame".

Poco rumore per nulla

La trama è inutilmente complicata e gestita in maniera caotica, mentre i personaggi sono sacrificati in nome della voglia di regalare ai Transformers una mitologia atta a sottolineare quanto le loro gesta siano state fondamentali nella storia dell'uomo - dal Medioevo alla Seconda Guerra Mondiale. Ma quello che veramente delude di Transformers è la mancanza di spettacolarità. Se i primi quattro film della saga, nonostante alcuni evidenti e discussi limiti, sono stati comunque degni di nota grazie alla voglia di provocare ed eccedere di Bay, questo lungometraggio regala agli spettatori l'unico sentimento da cui gli appassionati del franchise dedicato ai robottoni della Hasbro sembravano immuni: la noia. E, se come sembra, Transformers - L'Ultimo Cavaliere davvero segna l'addio di Michael Bay alla "sua" creatura cinematografica, quello che è certo dopo questo film è che non sentiremo la sua mancanza. Purtroppo.

Transformers: L'ultimo cavaliere Gli si può perdonare davvero qualsiasi cosa a Michael Bay ma non il fatto che in una delle sue pellicole e, in particolare, in uno dei suoi film del franchise Transformers manchi la spettacolarità. Purtroppo però in Transformers - L’Ultimo Cavaliere il Bayhem che conosciamo - che amiamo o odiamo - non dà il meglio di sé e ghettizza la sua arte dinamica ed "esplosiva" in poche scene, veramente godibili solo su uno schermo IMAX. Complice una trama eccessivamente complessa, dilatata, gestita con poca perizia e dei personaggi solo accennati, quello che dovrebbe segnare l'addio al franchise dei robottoni Hasbro del suo regista risulta essere forse il peggiore dei film a loro dedicati. Ed è un peccato perché le basi per un buon blockbuster, dalle idee vincenti al cineasta giusto, c'erano davvero tutte.

5

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