Recensione Torno a vivere da solo

Seconda fuga da casa per Jerry Calà

Recensione Torno a vivere da solo
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Revival d'annata

Una volta era “Vado a vivere da solo” ma dopo trentanni evidentemente la voglia deve essergli tornata. Così Jerry Calà prende in mano la pellicola del 1982 firmata da Marco Risi per riproporla in chiave moderna. Più che sequel ideale del predecessore è più vicino al concetto di remake date le forti similitudini contenutistiche e stilistiche che accomunano entrambe le pellicole. Sua è la regia, la sceneggiatura - realizzata con il supporto di Gino Capone - e il volto simbolo dell'italiano vile e inconcludente. Il target a cui si rivolge è quello dei giovani, estimatori del comico catanese, ma anche gli adulti, o meglio quelli cresciuti a cavallo degli anni 70/80 nel pieno declino della commedia all'italiana dopo i periodi d'oro avuti con De Sica, Gassman, Sordi, etc.

Dejà vù

Giacomo (Gerry Calà), detto Giàgià, è un affermato agente immobiliare in cerca di evasione. Nessuno a casa sembra considerarlo poi tanto così decide di andar via da sua moglie Francesca (Tosca D'Aquino) e dalla famiglia. Ivano (Enzo Iacchetti) suo migliore amico nonché collega a lavoro, si dimostra sempre molto premuroso e attento alla sua vita sentimentale, talvolta compromettendone la stabilità a causa della sua eccessiva intromissione nella stessa. Durante il suo vagare in solitaria fa la conoscenza di molte donne, tutte divorziate con le quali inizia uno scambio di battute che non va oltre un ostentato saluto finale. La sua vita inizia a prendere una piega diversa quando Telma (Mara Natividade), una strepitosa brasiliana venuta a Milano per fare la modella, si infila nella sua auto durante una fuga da un balordo che invece la costringeva a prostituirsi. Per mezzo della sua carica vitale e responsabile l'affascinante Telma smorzerà i malumori, le gelosie e le ripicche maturate tra le conoscenze di Giacomo.

Libidine! Si, una volta forse.

Torno a vivere da solo nel tentativo di riproporre alle nuove generazioni il trash italiano anni 80, centra il bersaglio quasi al primo colpo, lasciandosi guardare principalmente per la quasi assenza di un linguaggio volgare e per alcune battute molto divertenti. Ai nostalgici farà piacere ritrovare l'indimenticabile tazza punk, il tavolo con gambe autoreggenti e i poster di Romina Power. La comicità è quella classica di Jerry Calà, meno slapstick e più improntata sullo scambio di battute tra i personaggi, ma nella sua confezione tradizionale mette in mostra le caratteristiche che stanno portando l'Italia al massacro morale.
L'Italia pressapochista, ipersessuale, razzista e menefreghista si palesa negli atteggiamenti di Giacomino e nelle bidimensionali caratterizzazioni dei personaggi di contorno - la cui recitazione, per l'altro, lascia con l'amaro in bocca. A spiccare è sempre e solo lui, Paolo Villaggio sebbene i suoi dialoghi nascondono (e neppure tanto bene) parecchia retorica. Il tema della famiglia allargata diventa un mero pretesto utile per riproporre in chiave demenziale dei problemi sociali che stanno mettendo in crisi i rapporti di coppia. Lo script oltretutto risulta confusionario (personaggi che appaiono e scompaiono interagendo senza una logica) e una regia generalmente piatta non aiutano la pellicola a raggiungere la sufficienza.
Ai fan probabilmente regalerà qualche risata, però è bene specificare tre cose: Don Johnson (Miami Vice) con accento milanese, in quelle vesti, è improponibile; Enzo Iacchetti non è Lando Buzzanca e, dulcis in fundo, non siamo più negli anni 80.

Torno a vivere da solo Il ritorno di Jerry Calà punta deciso sull'effetto nostalgia - la pellicola, sebbene rimodernata, è la stessa dell'82 - e reinterpreta i personaggi storici che hanno reso il film di Marco Risi un vero e proprio Cult. La superficialità con la quale il regista costruisce la storia è la stessa dei trash movie di quell'annata, tant'è vero che la stanchezza del plot inizia a farsi sentire. Torno a vivere da solo è una commedia troppo legata al suo passato, incongruente e demenziale. Nessuna novità al suo interno; fuori tanto dejà vù.

5

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