Recensione To the wonder

Terrence Malick e il suo "Tree of love"

Recensione To the wonder
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L’osannatissimo cineasta americano classe 1943 Terrence Malick sembra averci preso gusto.
Infatti, nonostante i suoi fan si fossero trovati a dover aspettare ben due decenni, prima di vederlo tornare dietro la macchina da presa con il bellico La sottile linea rossa (1998), dopo gli esordi rappresentati da La rabbia giovane (1973) e I giorni del cielo (1978), ha preso a sfornare un lavoro dietro l’altro in seguito all’uscita di The new world-Il nuovo mondo (2005), il cui cast comprendeva Colin Farrell e Christian Bale.
Non a caso, ad appena un anno di distanza da quel chiacchieratissimo e poco comprensibile The tree of life (2011) che, interpretato da Sean Penn e Brad Pitt, fece tanto parlare di se, anche a causa di un grottescamente curioso incidente che lo volle proiettato per più giorni dalla prestigiosa Cineteca di Bologna, a rulli invertiti, senza che nessuno se ne accorgesse (!!!), eccolo tornare all’opera con un lungometraggio dall’andamento simile e che esordisce attraverso una voce fuori campo le cui parole sono: “Appena nata, apro gli occhi, sprofondo nella notte eterna; una scintilla cade nella fiamma; tu mi hai levato dalle tenebre, mi hai sollevato da terra, mi hai riportato alla vita”.

Il Ben e il Malick

Infatti, al centro della vicenda raccontata abbiamo Neil, il quale, con le fattezze del Daredevil del grande schermo Ben Affleck, è un aspirante scrittore diviso tra due amori: Marina, cui concede anima e corpo la ex Bond girl Olga Kurylenko, donna europea che si è trasferita insieme a lui negli Stati Uniti, e Jane alias Rachel2 single a nozzeMcAdams, vecchia fiamma destinata a tornare nella sua vita.
È tramite loro tre che l’oltre ora e cinquanta di visione provvede a esplorare come la compassione, il dovere, il dolore e l’indecisione, ovvero le molte fasi e stagioni dell’amore, possano trasformare, distruggere e reinventare la vita.
Mentre entra in scena anche Javier Bardem - protagonista di Non è un paese per vecchi (2007) - nei panni del sacerdote cattolico Quintana, il quale non solo nutre dei dubbi nei confronti della sua vocazione, ma non riesce neppure più ad avere la passione, l’ardore degli inizi, domandandosi se riuscirà a provare ancora un profondo sentimento di fede.

The tree of love

Quindi, se la succitata, precedente fatica malickiana non sembrava altro che una versione religiosa di 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick, qui l’impressione immediata è quella di trovarci dinanzi a una variante romantica della stessa.
Variante che apre con ampio sfoggio di macchina a mano, nel probabile tentativo di richiamare alla memoria il look dei filmini-ricordo che, spesso, racchiudono i momenti più emozionanti della vita sentimentale dei comuni mortali.
Variante piuttosto astratta, proprio come The tree of life, ma che abbonda non indifferentemente in manierismi; mentre tende a ribadire che le persone deboli non portano mai niente a conclusione, in quanto aspettano che lo facciano gli altri, e che l’amore non è soltanto un sentimento, ma anche un dovere, un comando.
L’amore che ci ama e che viene dal nulla, da ogni luogo, e sulla cui definizione la pellicola invita ad interrogarci; man mano che i fotogrammi che scorrono sullo schermo sembrano in parte richiamare alla memoria un certo cinema francese risalente agli anni Sessanta e Settanta, da Claude Lelouch a Jean-Luc Godard.
A lungo andare, però, complici i lentissimi, insostenibili ritmi di narrazione tipici del cineasta, l’insieme finisce per manifestare connotati tutt’altro che distanti da quelli di un interminabile assemblaggio di spot televisivi a tematica moralistico-ecclesiastica.
Interminabile assemblaggio abbastanza inconcludente e che arriva a toccare uno dei suoi punti più bassi (ma anche della carriera di Malick) nel momento in cui tira in ballo, in una breve apparizione, una mediocrissima Romina Mondello, ex ragazza di Non è la Rai vista, tra l’altro, nell’horror M.D.C.-Maschera di cera (1997) di Sergio Stivaletti.

To the wonder A un solo anno di distanza da The tree of life (2011), interpretato da Sean Penn e Brad Pitt, Terrence Malick torna dietro la macchina da presa con un’opera simile che, però, sposta il tiro sull’argomento “amore”, esplorandone le molte fasi e stagioni. Con un cast sprecatissimo costituito da Ben Affleck, Rachel McAdams, Javier Bardem e una Olga Kurylenko impegnata in una performance quasi esclusivamente fisica, manco fosse la Liv Tyler di Io ballo da sola (1996), ciò che ne viene fuori sono circa centododici insostenibili minuti di visione basati unicamente sulla sequela di immagini ottimamente fotografate e penalizzati da una disarmante lentezza narrativa. Oltre che poco comprensibili, tanto da spingerci a pensare che, come già accaduto con l’opera precedente, anche questa potrebbe essere erroneamente proiettata in sala a rulli invertiti senza che nessuno spettatore se ne renda conto.

5.5

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