S'ode un tuono in cielo, preannunciato da un bagliore di fulmine: ed ecco che, attraversato il Bifrost, scende su Midgard il figlio di Odino, legittimo discendente al trono di Asgard: Thor.
Dopo aver scongiurato la minaccia del Distruttore nel film del 2011 ed essersi unito agli Avengers nel 2012 per sconfiggere i Chitauri guidati dall'infido fratellastro Loki, il dio del Tuono giunge nuovamente sulla Terra, per una missione dalla quale dipende non solo la sicurezza del nostro pianeta e quella della sua terra natia, ma quella di tutti i Nove Regni.
Malekith, spietato sovrano degli Elfi Oscuri, si è ridestato dal suo sonno millenario ed è intenzionato a portare a termine ciò che non gli era riuscito 5000 anni fa: far piombare l'universo nell'Oscurità primordiale dal quale la sua razza proviene. Per farlo, vuole servirsi dell'Aether, potentissima sostanza cosmica bandita da Bor, padre di Odino, dopo la prima sconfitta di Malekith, e nascosta in un posto segreto e remoto, che tuttavia, dopo cinque millenni, grazie alla mistica convergenza dei Nove Regni si palesa in un sobborgo di Londra.
Thor, con al fianco i compagni di sempre e i ritrovati amici terrestri (tra cui l'amata astrofisica Jane Foster) intraprenderà dunque una corsa contro il tempo per strappare l'Aether dalle mani dell'atavico nemico della sua stirpe. Ma, per farlo, dovrà scendere a patti con Loki, dio degli inganni sempre più mefistofelico...
Tre volte Thor
Il grande mosaico dei film Marvel Studios si arricchisce, così, di un nuovo tassello, riportando sugli schermi per la terza volta un personaggio che il pubblico ha imparato ad amare grazie alla sua (semplificata ma gradevole) versione cinematografica moderna. Non si tratta, forse, del film Marvel più atteso -nonostante il ritorno di un villain amatissimo come il Loki di Tom Hiddleston- ma forse anche per questo la sorpresa di trovarsi davanti un bel film è ancora più piacevole.
Il primo episodio della saga (qui la nostra recensione dell'epoca), firmato due anni fa dal grande Kenneth Branagh, nonostante una realizzazione più che discreta non è riuscito ad esaltare il suo pubblico, che si aspettava forse un'epopea molto più epica, ritrovandosi invece davanti un onesto film d'avventura che, tuttavia, non era abbastanza impavido da proporre una visione radicale dei miti norreni, pur mediati dalla visione “shakespeariana” del suo regista e dalle tavole a fumetti originali.
In questo nuovo capitolo, invece, nonostante la defezione di Straczynski alla sceneggiatura, si va subito al cuore della narrazione, centrando in pieno l'obiettivo di accontentare sia i fan di vecchia data delle pagine disegnate che coloro i quali stanno imparando ad amare i supereroi tramite le pellicole prodotte da Kevin Feige.
Assolutamente immancabili, in un film Marvel Studios, sono le scene dopo i titoli di coda e i cammei di altri personaggi. Questa volta, vi consigliamo di restare in sala fino a quando non si spegneranno i proiettori: ben due, infatti, le scene poste durante e dopo i titoli di coda. Una è un “finalino” al film, l'altra, invece, preannuncia sviluppi futuri che non vi spoilereremo.
Per quanto riguarda i cammei, invece... Stan The man Lee è naturalmente presente in un buffo intermezzo, mentre nel corso del film assisteremo ad un'inaspettata “visita” di un collega supereroe... ma non vi diremo di più! Buona visione!
A spasso per i Nove Regni
Parte del merito va sicuramente al regista, Alan Taylor, finora conosciuto soprattutto grazie al suo magistrale lavoro di regia su molti importanti serial, come I Soprano e Il Trono di Spade. Subentrato a Patty Jankins dopo l'abbandono del progetto in fase di pre-produzione, Taylor ha dimostrato di essere molto più che un rimpiazzo dell'ultimo minuto, apportando esperienza, visione d'insieme e una certa verve. Verve che ha sia rivitalizzato le scene d'azione che fornito una certa atmosfera a molte delle scene topiche del film, che finalmente supera la dicotomia Midgard/Asgard portandoci, in un modo o nell'altro, a spasso per i Nove Regni e facendoci percepire l'eco della grandezza dell'universo narrativo in cui siamo calati. Il film precedente, difatti, ci offriva suggestivi spezzoni del mondo degli dei, ma più che altro calava un dio nordico in un contesto a lui poco congeniale come quello del New Mexico, con poche variazioni sul tema. È invece, questo, un punto importante per lo sviluppo dell'universo cinematografico Marvel, anche in prospettiva di quello che ci aspetta, Guardians of the Galaxy in primis.
Un mondo oscuro
Il cast del film precedente torna dunque alla ribalta (se si escludono la logica defezione dell'Agente Coulson e il cambio di attore ad interpretare Fandral, che questa volta ha le fattezze di Zachary Levi) e, ancora una volta, dimostra come lo stesso attore, nei panni dello stesso personaggio, possa cambiare al servizio di un regista e di uno script differente. Al di là dell'evidente esperienza maturata da Hemsworth (ultimamente sempre più convincente, vedasi anche la sua performance in Rush) finalmente vediamo Hiddleston alle prese con un Loki sfaccettato e subdolo come dovrebbe essere, e non un semplice fratellastro invidioso (in Thor) ridotto suo malgrado a macchietta (in The Avengers). Nonostante nella prima parte del film il personaggio sembri infilato a forza in sceneggiatura per contentare le fan, nella parte finale Loki assume un ruolo decisivo e ben soppesato dai Marvel Studios, che sembrano aver preso interessanti decisioni sul futuro del personaggio. Un plauso va anche a tutto il resto del cast 'asgardiano' che vanta finalmente più screen time, che avrebbe meritato anche nel precedente, vista la buona riuscita delle caratterizzazioni.
Finalmente, poi, il personaggio di Jane Foster acquista un minimo di spessore: niente di trascendentale, ma quantomeno un minimo sindacale che giustifichi l'utilizzo di un'attrice come Natalie Portman in un ruolo finora fin troppo insulso rispetto alle altre donne dell'universo cinematografico Marvel Studios.
Peccato, tuttavia, per gli Elfi Oscuri di Malekith: semplici pedine, ancora più amorfe dei Chitauri di Avengers. Lo stesso Malekith, in fondo, è un villain che, nonostante la buona prestazione di Christopher Eccleston, lascia ben poco dietro di sé, a confronto di altri “cattivi” di cinecomics recenti. Sarebbe stato molto interessante, inoltre, approfondire il personaggio di Algrim il forte, (interpretato da un ottimo Adewale Akinnuoye-Agbaje) sottoposto dalle grandi potenzialità, purtroppo sprecate.
Thor: The Dark World riesce ad essere quello che doveva essere il primo film, e forse anche un po' di più. Pur non presentando assolutamente nulla di nuovo nel panorama dei cinecomic, limitandosi ancora una volta nelle sue potenzialità, è comunque uno spettacolo divertente e ben orchestrato, molto più adrenalinico del primo episodio (con evidenti influenze 'Lucasiane' e gli appassionati di Star Wars se ne accorgeranno fin da subito) pur non sacrificando l'introspezione dei protagonisti, restituendoci, anzi, un Loki finalmente consimile alla sua controparte cartacea. Oltretutto -e questo non può che rallegrarci- nonostante i numerosi momenti di spirito questi sono ben calati nel contesto e principalmente legati ai personaggi di Erik Selvig e Darcy. Niente battutine fuoriposto dunque, né allusioni scatologiche o ironia elementare per il solo gusto di strappare una risata al pubblico a scapito del pathos: e visto l'andazzo intrapreso negli ultimi film, questo è un grande punto a favore. Dopo il controverso Iron Man 3, questo è sicuramente un buon punto di ripartenza per la Fase 2 dell'Universo Cinematografico Marvel.