Recensione The shock labyrinth: Extreme

Recensione del primo film live action 3D.

Recensione The shock labyrinth: Extreme
Articolo a cura di

Originario di Maebashi City, il giapponese classe 1972 Takashi Shimizu, il cui curriculum registico comprende titoli come Marebito (2004) e Reincarnation (2005), lo conosciamo soprattutto per aver creato la fantasmagorica serie Ju-on aka The grudge, la quale, insieme a Ring (1998) di Hideo Nakata, ha contribuito, nel periodo a cavallo tra il secondo e il terzo millennio, ad imporre sulla scena del cinema asiatico e della cultura pop il J-horror, ovvero l'horror nipponico.
Impossibile, infatti, non pensare oggi ad un film dell'orrore dagli occhi a mandorla senza immaginare nelle nostre teste la spettrale ragazza dai lunghi capelli neri che striscia per le scale e il bambino fantasma protagonisti di quella serie, portata anche in America, dallo stesso Shimizu, all'interno di due pellicole prodotte da Sam"La casa"Raimi tra il 2004 e il 2006 e con la Sarah Michelle Gellar di Buffy, l'ammazzavampiri inclusa nel cast. Pellicole seguite nel 2009 anche da un The grudge 3 di Toby Wilkins, mentre Shimizu era a lavoro su The shock labyrinth: Extreme 3D, prima escursione giapponese nel mondo dei film live action 3D, la cui genesi, come già accaduto per la saga Pirati dei Caraibi, è legata a un'attrazione realmente esistente.
Pare infatti che la concezione iniziale del film risalga alla primavera del 2005, quando il produttore Masayuki Tanishima partecipò a un tie-up promozionale per un film horror nel parco divertimenti Fuji-Q Highland, il quale ospita la casa infestata più lunga del mondo, riconosciuta anche dal Guinnes dei primati: Cho Senritsu Meikyu, un minaccioso edificio che, posto vicino ai piedi del Monte Fuji, richiede cinquanta minuti per essere visitato.

Horror hospital

Quindi, tenendo anche in considerazione il fatto che, secondo una leggenda metropolitana, pare che al posto della Cho Senritsu Meikyu ci fosse un tempo un ospedale poi incorporato nel parco dei divertimenti perché a corto di soldi, prende spunto da tutti questi elementi la vicenda del riservato Ken (Yuya Yagira), il quale, allontanatosi dalla sua città natale quando era più giovane, torna sul posto accolto dall'amico d'infanzia Motoki (Ryo Katsuji), ora fidanzato con la non vedente Rin (Ai Maeda), nello stesso giorno in cui ricompare Yuki (Misako Renbutsu), scomparsa dieci anni prima all'interno di una casa degli orrori di un luna park.
Vicenda destinata a proseguire con i tre amici che, aiutati da Miyu (Erina Mizuno), sorella minore di Yuki, portano in ospedale quest'ultima in seguito ad un malore accusato dopo aver visto in casa un coniglio giocattolo dall'aspetto minaccioso. Ospedale in cui, però, non è presente alcun paziente e nessuno sembra essere lì per aiutarli, mentre Yuki scompare nuovamente dalla vista degli altri del gruppetto, i quali si trovano a dover affrontare una lunga notte tra i labirintici corridoi del posto, costretti ad affrontare il passato, a portare alla luce ricordi a lungo repressi e a testare la resistenza della loro sanità mentale.

The sciocc labyrinth!

Chiaro, quindi, che l'esile script a firma di Daisuke Hosaka non funga altro che da pretesto per sfruttare i consueti cliché delle ghost-story provenienti dal Sol Levante, dalle spettrali figure femminili all'inquietante sequenza in cui dei manichini prendono vita.
Però, a partire da un soggetto che ricorda in parte quello di The park (2003) dell'hongkonghese Andrew Lau, anch'esso girato in 3D e incentrato su un gruppo di ragazzi in cerca del fratello di una loro amica, scomparso in un vecchio parco dei divertimenti costruito su un antico cimitero, non impieghiamo molto tempo ad avvertire una certa assenza di originalità e, soprattutto, di occasioni per provare veri spaventi.
Del resto, tenendo in considerazione il fatto che già i sequel di Ju-on e quelli di Ring non facevano altro che rimasticare noiosamente le tematiche alla base dei riusciti capostipiti, è facile intuire che l'horror giapponese di fine XX secolo abbia finito per mostrare la corda quasi subito dopo la sua esplosione, preso a tirare in ballo sempre le stesse fantasmagoriche figure e situazioni.
Ma, soprattutto per quanto riguarda Shimizu, sarebbe ora che qualcuno gli fornisse sceneggiature costruite su idee innovative capaci di andare al di là delle dimore infestate; anche perché, nel caso di questi circa novanta minuti di visione, ridotti ad un continuo e soporifero vagare dei protagonisti e che, tra oggetti e soggetti continuamente avvicinati all'obiettivo di ripresa per sfruttare la visione tridimensionale, dovrebbero individuare il massimo del terrore nelle apparizioni del succitato coniglietto giocattolo proto-Coccolino (sic!), l'unico elemento interessante è rappresentato - come spesso accade in questo tipo di produzioni - dalla bella fotografia di Tsukasa Tanabe, cui si devono le avvolgenti, cupe atmosfere.
Fino ad un twist ending già visto altrove, oltretutto.

The shock labyrinth: Extreme Creatore della serie Ju-On aka The grudge, Takashi Shimizu si cimenta nella prima escursione giapponese nel mondo dei film live action 3D. Però, come già accaduto per i sequel e remake del suo titolo più famoso, il quale ha contribuito all’esplosione del cosiddetto J-horror, la vicenda raccontata risente non poco di una certa mancanza di originalità. Quindi, se vi accontentate dei soliti novanta minuti di visione tempestati di variegate apparizioni spettrali - questa volta in tre dimensioni - e finale già visto, The shock labyrinth: Extreme 3D è il film che fa per voi. Ma solo se vi accontentate, attenzione.

5

Che voto dai a: The shock labyrinth: Extreme

Media Voto Utenti
Voti: 7
6
nd