Recensione The Possession

Il demone ebraico di Sam Raimi

Recensione The Possession
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"Nel corso della storia, una delle paure più profonde ed ossessive dell'uomo è sempre stata quella di venire posseduti - l'idea terrificante che il corpo e la mente possano essere assaliti da forze disumane insaziabili animate da una volontà oscura. Si racconta di ogni genere di demoni e fantasmi che vanno a caccia delle nostre anime, ma i Dibbuk sono i più singolari fra loro. Comparsi nelle antiche storie del folklore ebraico, si narra che i Dibbuk (letteralmente significa "legame") siano spiriti maligni che vagano per il limbo, e sopravvivano unendosi agli esseri umani e insidiandosi nella loro stessa carne. Per tenere alla larga il loro sconvolgente potere, i falegnami fabbricavano archetti o scatole speciali per intrappolare i Dibbuk - e con essi il male comprensibile che rappresentavano - per sempre".
Ci sembra giusto riportare questo estratto del pressbook per introdurre The possession, racconto su celluloide di possessioni diaboliche che, a quanto pare ispirato a una storia vera, vede alla produzione la stessa Ghost House Pictures tramite cui il maestro dell'horror Sam Raimi ha provveduto a finanziare, tra gli altri, le serie Boogeyman, The grudge e 30 giorni di buio.

Bibidi bobi... Dibbuk!

Un racconto su celluloide che parte dal momento in cui, presso il classico mercatino domenicale di quartiere, la piccola Em alias Natasha Calis, figlia dei neo-divorziati Clyde e Stephanie, rispettivamente con le fattezze del Jeffrey Dean Morgan di The losers (2010) e della Kyra Sedwick di The woodsman-Il segreto (2004), attratta da una misteriosa scatoletta con delle indecifrabili inscrizioni, decide di acquistarla.
Scatoletta da cui però, comincia ad essere sempre più ossessionata, al punto di portarla con se ovunque e di iniziare a comportarsi in modo progressivamente oscuro e pericoloso; man mano che la sua famiglia si ritrova perseguitata da una serie infinita di eventi inquietanti e inspiegabili, fino ad arrivare a capire che essa altro non è che il contenitore-trappola di un Dibbuk, spirito maligno legato alle leggende ebraiche, liberato proprio quando è stata riaperta.

L’esorcista... ebraico

Eventi inspiegabili comprendenti, tra gli altri, un'impressionante invasione casalinga di falene, nel corso di una delle sequenze più movimentate del lungometraggio; piuttosto simile in alcuni aspetti della trama al barkeriano Hellraiser (1987) e costruito dal danese Ole Bornedal - autore del thriller Il guardiano di notte (1994) e del suo remake a stelle e strisce Nightwatch-Il guardiano di notte (1997) - privilegiando principalmente i lenti ritmi di narrazione.
Del resto, con buoni effetti speciali e un cast di attori che, una volta tanto, non lasciano affatto a desiderare, il massimo dell'originalità dell'operazione è riconducibile alla scelta di tirare in ballo un rito esorcistico ebraico, al posto dei soliti a cui siamo stati abituati fin dai tempi dell'uscita de L'esorcista (1973) di William Friedkin.
E bisogna dire che, pur offrendo una tipologia di spettacolo incapace di regalare qualcosa che risulti veramente innovativo sia agli occhi del seguace irriducibile del cinema demoniaco che a quelli del profano, The possession vanta situazioni horror che non risultano affatto disprezzabili nella confezione, ricordando in parte analoghe produzioni risalenti agli anni Settanta.
Tanto da riuscire nella non facile impresa di trasmettere inquietudine e di far balzare lo spettatore dalla poltrona, complice il vecchio ma sempre efficace stratagemma dell'alternamento dei piani sonori.
Insomma, almeno una visione può valerla tranquillamente.

The Possession “Viviamo sempre con la paura dell’ignoto e, ovviamente, vogliamo sapere se i fantasmi e i demoni esistono davvero o no, e che cosa succede allo spirito quando si muore. Quando, dunque, arriva qualcuno e racconta una storia come quella della scatola per Dibbuk e dei suoi terribili effetti su chiunque si avvicini, questo tocca esattamente il centro delle nostre più immense paure e dei nostri desideri. In questa storia vera, abbiamo avuto la possibilità di esplorare alcuni temi classici dell’horror - rinnovandoli per la nuova generazione”. A parlare è Sam Raimi, produttore di questo lungometraggio a tematica demoniaca ebraica che vede al timone di regia il danese Ole”Il guardiano di notte”Bornedal e vanta un tutt’altro che disprezzabile cast comprendente Jeffrey Dean Morgan e Kyra Sedwick. Una vicenda horror destinata a presentarsi quale ennesima allegoria relativa alla famiglia divisa e all’importanza della sua riunione, mentre sguazza tra non troppo originali idee che sembrano derivate in parte da Hellraiser (1987) di Clive Barker, in parte da Il mai nato (2009) di David S. Goyer. Pur risultando confezionata con professionalità e riuscendo, a tratti, a generare inquietudine.

6

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