Recensione The Paperboy

Dopo gli ottimi riscontri critici di Precious, torna Lee Daniels con un altro film a tinte forti

Recensione The Paperboy
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Lo scandalo è da sempre lo specchio per le allodole ideale per attirare attenzione verso un’opera artistica - di qualsiasi natura - che di per sé meritebbe ben poca considerazione.
Ne ha esperienza Nicole Kidman, che shock iconografici ne ha procurati: basti pensare al celeberrimo nudo integrale sfoggiato in Eyes Wide Shut (che motivi d’interesse ne aveva comunque, essendo un capolavoro), o al “pedobagno” in Birth - Io sono Sean.
Questa volta l’attrice australiana ha voluto strafare, prestandosi addirittura a due scene “forti”: una di masturbazione per eccitare il fidanzato carcerato (e mettere in imbarazzo gli uomini lì con lei), l’altra di soccorso del giovane amico Jack... urinandogli addosso.
Vedersi costretti a iniziare la recensione di The Paperboy premendo il pedale del facile sensazionalismo non può che implicare indirettamente - ma nemmeno troppo - un giudizio negativo e senza possibilità di appello per il terzo lungometraggio di Lee Daniels, che con Precious aveva ottenuto consensi pressoché unanimi, portando a casa anche gli Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e la miglior attrice non protagonista.

Qui Daniels, afroamericano omosessuale, adatta l’acclamato, omonimo romanzo di Pete Dexter (già Pedro Almodovar voleva portare il libro sul grande schermo) cercando di riportare le sue ossessioni di “diverso”, denunciando le ingiustizie di un’America ancora troppo frantumata sul piano ideologico.
Ma il film non funziona: la scissione bianchi-neri è rappresentata con la sommarietà e la superficialità di chi non sa andare oltre la rappresentazione stereotipata, così come la clandestinità dei rapporti e dei sentimenti umani appaiono confusi e cristallizzati in bozze moraleggianti.
Ha vaghi motivi d’interesse in questo il personaggio della Kidman, Charlotte, che per il giovane protagonista Jack (interpretato da Zac Efron) è - per dirla alla Marcello Mastroianni - la prima donna del primo giorno della creazione, la madre (che Jack ha perduto), la sorella, l'amante, l'amica, l'angelo, il diavolo, la terra, la casa; quando tutto questo è di fatto assente nella stessa Charlotte, a sua volta in continua ricerca di un sostegno e una soluzione che finirà per credere di trovare nella persona decisamente sbagliata.
Ben poco interessante anche la componente thriller, essendo l’opera priva di pathos, tensione, climax.

Il film cerca di colpire e inglobare drammaticità nelle scene “forti”, come quelle succitate con la Kidman protagonista o come quella in cui un McConaughey gay finisce vittima di un violentissimo gioco erotico, ma è proprio questo il grande limite di Daniels: è rimasto ancorato a un’idea di denuncia della violenza proponendo a sua volta violenza. Non analizza, non guarda, se non nell’abusatissimo cliché del rapporto quasi madre-figlio tra Jack e la domestica di colore che l’ha visto crescere. Si limita a mostrare senza dare interpretazione, cadendo ripetutamente nello stereotipo.
Il cast avrebbe meritato altra pellicola: la Kidman è perfetta a rappresentare il conflitto problematico e doloroso delle personalità del suo personaggio, così come il ritratto glaciale e imperturbabile che Cusack fa di Hillary, l’accusato di aver ucciso uno sceriffo (e perno di tutto il film), è convincente. E se Matthew McConaughey veste con puntualità - pur senza guizzi - i panni intrisi di malinconia dell'omosessuale Ward, il reporter fratello maggiore di Jack, stupisce la maturità della prova di Efron, che già aveva dato bei segnali “autoriali” nel 2009 in Me and Orson Welles di Linklater.
Tornando al punto di partenza, sembra proprio vero che laddove c’è scandalo da prima pagina, ci sia (troppo) spesso pochezza artistica. The Paperboy sta lì a ricordarcelo.

The Paperboy Dopo gli ottimi riscontri critici di Precious, con la sua terza fatica Lee Daniels delude con un film fiacco e che riduce il problema razziale e i rapporti sociali e umani a miseri cliches. L’ottimo cast non è sufficiente.

4.5

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