Recensione The Knife That Killed Me

Quando una sola decisione sbagliata può cambiare per sempre la tua vita...

Recensione The Knife That Killed Me
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Nelle scuole italiane, il fenomeno del classismo non è così sviluppato come in quelle americane o inglesi, ma il cinema e, soprattutto, la televisione ci hanno abituati a queste forti divisioni sociali all'interno dei corridoi, che spesso influenzano in modo decisivo la vita degli studenti. È questo il mondo in cui si muovono i protagonisti del film The Knife That Killed Me, presentato nella sezione Alice nella Città all'ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Un progetto che si inserisce in quel filone, sempre più presente al cinema, dello Young Adult: argomenti seri, spesso impegnativi e legati alla vita e alla morte, che vengono narrati con il linguaggio dei più giovani che, anche quando ci rifiutiamo di crederci, li vivono quotidianamente e, spesso meglio degli adulti, li comprendono e analizzano in modo attento e preciso. È una comunicazione diversa questa degli Young Adult, per molti ancora sconosciuta e incomprensibile, ma che rischia di diventare una delle più influenti dei prossimi anni. Non deve stupire quindi che il cinema per ragazzi si sia avvicinato anche a una storia come quella raccontata nel libro di Anthony McGowan, che con crudo realismo si insinua nella vita di un gruppo di adolescenti di Leeds.

Da che parte stare?

Dopo la morte improvvisa di sua madre, Paul (Jack McMullen) si trasferisce a Leeds a vivere con il padre. Questo significa abituarsi a una nuova vita, casa diversa, niente amici e diventare quello nuovo a scuola. Paul non è certo uno di quei ragazzi in grado di emergere per un suo stile o una sua personalità specifica, è uno come tanti altri e, fino a quel momento, gli è sempre andato bene essere così. Ma ha bisogno di nuovi amici per sopravvivere a una situazione emotiva che si fa ogni giorno più difficile. Si unisce così al gruppo dei Freaks, attratto dalla gentilezza di Shane (Oliver Lee) e dal fascino di Maddy (Rosie Goddard), che si mostrano fin da subito disponibili nei suoi confronti. Paul attira però anche l'attenzione di Roth (Jamie Shelton), il bullo della scuola, che lo obbliga a fare per lui una consegna davvero speciale al capo del gruppo della scuola rivale. Dal momento in cui decide di assecondare il desiderio di Roth, Paul si ritrova schiacciato dalla pressione di entrambe le parti e innesca una serie di avvenimenti che lo porteranno a prendere una decisione definitiva che potrebbe costargli la vita.

A ritroso

The Knife That Killed Me è un film particolare, che ti sussurra all'orecchio una storia che, per quanto a noi possa apparire straordinaria e inammissibile, appartiene alla quotidianità di un mondo non troppo lontano dal nostro. È Paul a raccontarcela, dal profondo della parte più intima della sua coscienza, senza tralasciare nessun particolare. Nella sua voce si nascondono i segreti che non ha mai detto a nessuno, le paure che non riusciva ad ammettere, i desideri che pensava di non dover provare, tutti i pensieri che gli hanno ammassato la mente prima di quel fatidico giorno. Si parte da una ammissione di disagio e lo spettatore, fin dal primo momento, sa già che le cose andranno storte, che il lieto fine non è dietro nessuno dei prossimi angoli e inizia a studiare il film cercando l'indizio fondamentale, l'anello che collega la storia al titolo del film. Si torna indietro nel tempo, al giorno in cui il ragazzo si è trasferito a Leeds e con lui ci muoviamo di ricordo in ricordo, vedendo tutto attraverso i suoi occhi, che da confusi divengono prima spaventati e poi affannosamente consapevoli.
Uno degli aspetti più curiosi di The Knife That Killed Me è il modo in cui i due registi Kit Monkman e Marcus Romer decidono di riempire gli spazi attorno ai personaggi. Trattandosi di una narrazione che si avvale della mente del protagonista, i luoghi in cui si ambientano gli avvenimenti si disegnano come ricordi, mostrando con vivide immagini reali solo le cose con cui i ragazzi interagiscono davvero. Tutto il resto si trasforma in segni, tratti di gesso sulla lavagna mentale di Paul, dove le linee di fuga di un corridoio si intersecano con note e lettere provenienti dal passato, dove le tonalità prive di saturazione della fotografia si sfumano con il grigio/nero dell'irreale.

The Knife That Killed Me The Knife That Killed Me è un contorto viaggio nella vita scolastica di un gruppo di adolescenti inglesi: tutto avviene all’insaputa di genitori e insegnanti che, ancora una volta, sono convinti di avere la situazione sotto controllo, di conoscere le più grandi verità, e invece si lasciano scorrere la realtà degli eventi sotto gli occhi. Crudo, diretto e allo stesso tempo introverso ed ermetico, il film emerge soprattutto per l’impostazione visiva costruita attorno alla narrazione degli eventi, che rende benissimo l’idea di racconto mentale e fornisce allo spettatore informazioni aggiuntive che lui stesso può decidere se cogliere o meno. Si parla di decisioni: quelle giuste o sbagliate che Paul ha dovuto prendere nel film, e quelle lasciate nelle mani di chi è dall’altra parte dello schermo.

7

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