The Green Hornet, la recensione del film con Cameron Diaz

The Green Hornet is back, ma c'è poco di cui essere felici... la recensione del film con Seth Rogen e Cameron Diaz.

The Green Hornet, la recensione del film con Cameron Diaz
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A differenza di decine di suoi supercolleghi, il personaggio di Green hornet ha bisogno di una piccola rispolverata: colpa degl ianni, della sua meteorica popolarità, ma non delle scenario iconografico che da sempre lo accompagna. Nel 1936, gli autori George W. Trendle e Fran Striker danno vita a The Green hornet, un programma radiofonico dal notevole successo, che racconta le mitiche avventure di due eroi di Los Angeles pronti a tutto pur di combattere il crimine. Considerando la popolarità ottenuta dallo show, i produttori decidono di fare del calabrone verde un eroe dei fumetti contemporaneamente al boom dei comic, in particolar modo di di Batman e Superman che, in quegli anni, avevano ottenuto un successo strepitoso. Difatti, non a caso, Green Hornet diviene ancora più celebre e prende vita sul piccolo schermo con un serial tv interpretato da Van Williams e (all'epoca ancora non) leggendario Bruce Lee. Ottiene un incredibile successo e diviene uno status symbol per gli spettatori americani. Pian piano, accantonato per fare spazio a supereroi più innovativi e dal maggiore carisma, The green hornet arriva sul grande schermo diretto da Michel Gondry. I più all'idea storceranno il naso e, forse, nostro malgrado, potrebbero avere ragione.

Britt Reid è un giovane scalmanato, viziato e vizioso, asservito alla propria immeritata ricchezza.
Fonte della sua fortuna è il suo rispettabile padre, direttore del quotidiano The sentinel, un uomo dall'indiscutibile integrità morale che, per anni, ha portato avanti il suo lavoro come una missione d'importanza vitale, senza sottostare alle direttive di politici e potenti della grande industria. Poco attento al giovanissimo Britt, ha purtroppo permesso che il figlio crescesse senza responsabilità imponendosi come una semplice figura autoritaria che il pargolo ha prontamente fatto a meno di rispettare. Quando però Britt si trova a dover gestire l'impero mediatico del padre dopo la sua improvvisa dipartita, i problemi iniziano a farsi avanti e il giovane scalmanato è investito da responsabilità che, senza esitazione, affida ad altri.
Quasi per gioco però, senza curarsi minimamente delle ripercussioni, Britt assume un'identità segreta e si proclama difensore della giustizia, affiancato dal geniale Kato, un giovane giapponese ricco d'ingegno ed esperto di arti marziali con cui dà forma alla coppia Green Hornet e la sua spalla. Insieme i due, dotati di mezzi finanziari praticamente inesauribili, si dedicano alla lotta al crimine e alla propria autocelebrazione fino a che un pericoloso capomafia non decide di farli fuori. Senza che se ne rendano conto i due si trovano a dover prendere molto sul serio un'avventura che fino a quel momento non era stata altro che un gioco pericoloso.

E' intutile parlare della triste abitudine che hanno le major di riproporci con incessante morbosità vecchi miti e sempreverdi a discapito di stelle nascenti che tra grandi difficoltà solo poche volte riescono a farsi strada.
The green hornet rappresenta davvero l'ultima spiaggia in questo senso, il disperato tentativo di grattare il fondo pur di propinare al pubblico un nome che suoni quantomeno familiare, appioppando alla macchina da presa un autore rispettato come Michel Gondry, inspiegabilmente regista di questo nuovo capitolo sui supereoi. The green hornet vive di una comicità vanziniana che non riesce a nascondersi dietro i disperati tentativi del regista di renderlo una visione quantomeno intelligente, offre una serie infinita di clichè vecchi già ai tempi della trasmissione radiofonica e, in virtù di ciò, il film fatica fin dall'inizio per trovare una propria identità artistica.
A scanso di equivoci, il messaggio ed il paradosso raccontato dalla pellicola è chiarissimo, Gondry può starsene tranquillo, il pupazzo l'ha portato a casa tra una cosa e l'altra.
Sebbene sia interessante l'idea di un eroe/antieroe mosso da pulsioni tutt'altro che nobili, lo sviluppo della trama rasenta in alcuni frangenti il ridicolo. A metà tra uno sketch di American pie ed un videoclip di Puff Daddy il film si mostra per quello che è: un megaproduzione americana fatta per il pubblico, un pubblico, quello più facile.
Lungi da noi sostenere che un produttore debba atteggiarsi a martire, ma stuprare con una simile sceneggiatura un personaggio che dovrebbe godere del fascino garbato delle proprie origini è a dire poco discutibile. E' davvero bello, però, notare come Gondry dia sfogo alle proprie origini da videoclipparo, con autocitazioni ai cibomatto (per chi non l'avesse visto consigliamo vivamente la visione dello splendido Sugar water) e split screen di rybczynskiana memoria. Christoph Waltz è ormai una vera e propria star (nel senso buono del termine) e dopo Inglorious Basterds sembra proprio che non intenda deludere le aspettative, mentre gli attori protagonisti, in particolare Seth Rogen e la sempre tremenda Cameron Diaz conferiscono al film un tono ancora più atroce.
Ci auguriamo vivamente che pellicole di questo genere trovino un giorno un discreto equilibrio o che - preferibilmente - le vecchie glorie vengano lasciate riposare nei confortevoli letti della memoria in favore delle nuove e buone idee.

The Green Hornet The Green Hornet tenta di reinventare le atmosfere noir di uno storico eroe dei fumetti, da un taglio ironico ad un film a cui servirebbe molto di più per essere ben accolto. Ci accorre in aiuto proprio una citazione tratta dal film, guarda caso pronunciata dal miglior personaggio dell'intera pellicola: è inutile provare se fallisci sempre.

4

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