The Fast and the Furious: Tokyo Drift, la recensione del nuovo capitolo

Donne, yakuza e motori? Forse lo abbiamo già visto, c'è comunque da divertirsi in The Fast and the Furious: Tokyo Drift.

The Fast and the Furious: Tokyo Drift, la recensione del nuovo capitolo
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The Fast and The Furious: Tokyo Drift

Il problema principale di tutte le serie di successo è il marketing, il mercato, quella ottusa macchina produttrice di vile denaro che avvelena l'anima di tutte le cose. E, se qualche serie riesce a salvarsi per un certo periodo di tempo, quasi tutte una volta arrivate al traguardo del terzo episodio iniziano un lento declino che le conduce all'oblio. E' successo a Il Padrino, è successo a L'Esorcista e purtroppo (a maggior ragione) la stessa cosa è accaduta anche a The Fast and the Furious che dopo un ottimo inizio ed un mediocre seguito arriva alla fine della sua corsa col deludente Tokyo Drift.

Pronti, partenza... VIA!

La storia di The fast and furious, per chi non lo sapesse, è da sempre incentrata sulle corse clandestine, su scaramuccie con i mafiosi di turno e sull'immancabile storia d'amore tra il protagonista e la bella del gruppo, che ovviamente è la ragazza del "Boss". Anche Tokyo Drift non si smentisce e personaggio principale della storia è un ragazzo sbandato: Sean Boswell (Lucas Black), dopo l'ultima immancabile corsa clandestina andata male viene mandato, per sfuggire alla legge, a Tokyo dal padre (che punizione severa...) dove suo malgrado si rende antipatico al boss di turno ed entra nel giro delle corse clandestine. Ovviamente la storia risulta una semplice cornice per le spettacolari corse a base di drifting (derapate) e NOS (o turbo se preferite).

Il budget del film, che comunque risulta essere piuttosto alto, è quindi servito principalmente a tre cose: effetti speciali, auto di lusso e per pagare un piccolo cameo di Vin Diesel. Ma andiamo con ordine.
Gli effetti speciali sono quanto di meglio mai visto in un film del genere, con una particolare cura per le esplosioni e gli incidenti, di cui la storia è piena. Infatti, la scelta quasi obbligata degli sceneggiatori è quella di iniziare e terminare il film con una corsa ed uno spettacolare incidente. Lo schema è quindi ripetuto in ognuna delle gare, con un ritmo che viene spezzato da fugaci quanto banali dialoghi tra gangster in presenza di ragazze svestite e disinibite, per la gioia di noi maschietti. Poco sfruttato rispetto agli altri episodi è il NOS (periossido d'azoto), additivo spesso utilizzato nelle corse clandestine per avere una spinta maggiore. Questo scelta è obbligata, infatti nella Tokyo dipinta dal film vanno di moda le corse in drift, ovvero quelle competizioni tutte curve a base di derapate ed adrenalina.

A questo punto sorge più che spontanea una domanda: se il film aveva un grosso budget, perché non utilizzare parte di quei soldi per degli attori che sapessero recitare? Il cast infatti è quanto di peggio mai visto in un film. A parte la bellissima coprotagonista, Nathalie Kelley, che recita (si fa per dire) la parte della femme fatale in maniera particolarmente naturale, e questo è anche ovvio visto che il copione della ragazza è formato da un'infinita lista d'effusioni d'affetto verso l'uno o l'altro dei personaggi, nessun altro riesce nel suo ruolo. Lucas Black è una squallida parodia di Vin Diesel, il che è ancora più evidente quando i due si cimentano nella gara finale del film (di cui si vede solo la partenza ovviamente). Per non parlare di Bow Wow, che scimmiotta la parte del ladruncolo nero amico del protagonista in maniera accettabile ma involontariamente parodizzata.

Per la regia vale un discorso a parte. Se infatti consideriamo il film per quello che è, ovvero uno scacciapensieri senza preteste, la regia risulta eccelsa, con inquadrature che sottolineano in maniera impeccabile le scene d'azione riuscendo a sopperire anche l'incapacità espressiva dei personaggi. Anche questo aspetto del film ha però un piccolissimo neo: quando la narrazione è spezzata da dialoghi ed episodi meno avventurosi le inquadrature risultano banali, mostrando molte volte una Tokyo ricostruita decentemente ma che miscela in malo modo riprese reali e set, in maniera da dare un impressione innaturale a tutto. Il che è un peccato: infatti l'ambientazione, senza questo piccolo problema, sarebbe ispiratissima. Bisogna comunque ammettere che anche allo stato attuale dei fatti riesce a spezzare la monotonia della serie, che aveva visto i protagonisti correre sempre e solo su classici tracciati americani, talmente abusati da risultare poco attraenti per lo spettatore.

The Fast and the Furious: Tokyo Drift In conclusione The Fast and the Furious: Tokyo Drift, pur non risultanto del tutto una mera e squallida operazione commerciale volta a racimolare un po’ di soldi, dissanguando un serie ormai defunta, non riesce a resuscitarla. Ci troviamo quindi di fronte ad un film di scarso interesse per chiunque non cerchi che un passatempo per spegnere la mente, o voglia trascorrere una serata di fronte ad un lungometraggio poco impegnato. Insomma, non è una brutta produzione, anzi, solo non aspettatevi un capolavoro di adrenalina come i classici Fuori in 60 secondi o Velocità Massima.

4

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