The Devil's Candy, la recensione dell'horror di Sean Byrne

In The Devil's Candy una famiglia di metallari da poco trasferitasi in una nuova casa si trova alle prese con presenze, fisiche e non, di origine satanica.

The Devil's Candy, la recensione dell'horror di Sean Byrne
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Il metal e il satanismo sono da sempre un'accoppiata base del cinema horror, anche se spesso sono temi trattati in maniera superficiale e degradante nei confronti degli ascoltatori del rock duro, in una sorta di riflesso lucido degli stereotipi sociali. È perciò curioso osservare come The Devil's Candy, titolo del 2015 definito dalla critica d'Oltreoceano come "l'horror più metal dell'anno", ribalti parzialmente questa prospettiva, mettendo nei panni delle vittime designate degli eventi proprio una famiglia di metallari: Jesse e Zooey, padre e figlia, sono assidui cultori, con look e magliette a tema, e la madre Astrid è meno coinvolta ma comunque assecondante i gusti musicali dei propri cari. I tre all'inizio del film si trasferiscono in una bella casa di campagna, luogo poco tempo prima della tragica morte di un'anziana coppia di coniugi. Qui una sera ricevono la visita di Ray, il figlio mentalmente instabile che viveva un tempo in quella dimora, e che sembra ancora morbosamente legato ad essa. Le cose peggiorano ulteriormente quando Jesse, che lavora come pittore, inizia a dipingere dei quadri sempre più inquietanti che sembrano legati proprio all'oscuro passato della casa.

Le origini del male

Opera affascinante e conturbante che recupera atmosfere da horror classico in un crescendo di inquietudine fisica e psicologica, che lascia in più occasioni con il fiato sospeso: The Devil's Candy non va per il sottile, evitando violenze gratuite di sorta in favore di una costruzione chirurgica che riesce a destabilizzare lo spettatore, calandolo in un contesto di progressivo disagio che tocca picchi di altissima tensione in diverse scene madri. Una visione suggestiva che indaga sulle origini del male, tirando in ballo addirittura la figura di Satana stesso, citato in più occasioni in diversi speciali televisivi e motore fantastico della vicenda attraverso le voci che cominciano a tormentare il protagonista, rapito da esse e spinto a dipingere quadri dai soggetti sempre più morbosi e malati. Proprio il parallelismo tra i dipinti e le sevizie compiute dal villain della vicenda trovano una chiave di lettura non banale, consegnando la storia ad un finale forse scontato ma non meno d'effetto: anche le volute esagerazioni che hanno luogo nella definitiva resa dei conti si rivelano avvincenti al punto giusto, pervase da uno spirito rock che si rispecchia non solo nella colonna sonora a tema ma anche nella riuscita caratterizzazione dei personaggi, con la giovane Kiara Glasco nei panni di adolescente metalhead che riesce ad esprimere fragilità e ribellione con solida efficacia. Tra rimandi a classici della letteratura / cinematografia gotica come Frankenstein e numerosi riferimenti all'iconografia di genere, con tanto di nero caprone a fare la sua destabilizzante comparsa, gli ottanta minuti di visione lasciano il segno proponendo un'originale rivisitazione del filone satanistico su grande schermo.

The Devil's Candy Horror di immagini e sensazioni, The Devil's Candy è una delle sorprese più gradite degli ultimi anni: una famiglia di metallari, da poco trasferitasi in una nuova casa luogo in passato di un orrendo, duplice delitto, deve affrontare sia l'ex-inquilino della dimora che delle inquietanti voci che destabilizzano sempre di più la psiche del padre. Scene madri in serie frutto di una regia organica e ragionata, una struttura narrativa inquieta e ad alto tasso di suspense, le convincenti interpretazioni del cast e una colonna sonora infarcita di sonorità heavy rendono il film un vero e proprio istant cult per tutti gli appassionati del genere.

7.5

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