Recensione The Darwin Awards

Suicidi accidentali per menti poco evolute

Recensione The Darwin Awards
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Un cast numeroso

Sono tanti gli attori che hanno prestato la faccia per questa seconda opera di Finn Taylor. A partire dai due protagonisti, il teatrale Joseph Fiennes (Il mercante di Venezia, Shakespeare in love) e la recuperata Winona Ryder (Edward mani di forbice, Dracula di Bram Stoker), che ormai pare definitvamente uscita dai recenti problemi personali e con la giustizia. Ma il contorno è molto ampio: siccome si tratta, diciamolo subito, di un collage di episodi, di casi che si susseguono uno dietro l'altro, è stato logico chiamare diversi attori più o meno famosi per una serie di divertenti camei. E così troviamo il compianto Chris Penn, qui in una delle sue ultime interpretazioni prima della morte, la rediviva Juliette Lewis (Natural Born Killers), il camaleontico David Arquette (che aveva già collaborato col regista in Un sogno in fondo al mare), e ancora Alessandro Nivola, Julianna Marguiles, Lukas Haas e molti altri volti conosciuti a chi abbia masticato un po' di cinema americano dell'ultima decade. Senza dimenticare la partecipazione dei Metallica, il cui capitolo risulta uno dei più divertenti del film. La regia ha dei colpi di genio, ma non per questo la pellicola è scevra da difetti.

Un investigatore fuori dal comune

Il personaggio interpretato da Fiennes è sicuramente azzeccatissimo. Dopo aver subito uno shock da bambino, la sola vista del sangue provoca al malcapitato svenimenti improvvisi. E visto il suo lavoro, detective della Omicidi, non è certo un vantaggio. Inoltre è ossessionato dai Darwin Awards, morti assurde che avvengono in ogni angolo del mondo senza motivo logico se non la pazzia umana. Diventa così ovvio, perso il lavoro di poliziotto, rivolgersi ad un'agenzia di assicurazioni per scovare le truffe più inspiegabili in ogni angolo d'America. Verrà così affiancato da un'agente assicurativa, interpretata dalla Ryder, con la quale comincerà un viaggio che li porterà a spingersi fin nei luoghi più remoti. Si giunge così a un collage di storie, alcune più riuscite altre meno, sempre collegate ai due personaggi principali, il cui rapporto si sposterà dal semplice contatto professionale a qualcosa di più intimo, come nel più classico degli happy ending. Come detto non tutte le storie funzionano a dovere, alcune si perdono fin troppo in stereotipi visti e rivisti, mentre altre strappano delle risa divertite. Buono lo spunto, solo accettabile la sceneggiatura ad opera dello stesso regista.

Un'ossessione mortale di ripresa in ripresa...

Non sempre gettarsi anima e corpo nel proprio lavoro è una buona idea. Soprattutto quando questo finisce per assorbirti e trasformarti in uno dei casi che stai studiando. Michael Burrows (Fiennes) corre il rischio di diventare proprio un Darwin Award, con la sua immaginazione sempre fervida che lo trasporta nelle situazioni vissute dai morti, precludendogli una vita propria. E' perciò provvidenziale l'intervento di Siri (la Ryder) che cercherà di ricondurlo alla realtà. Si ride, senza dubbio. Ma il senso di déjà vu è forte: a partire dalla storia d'amore-odio tra i due protagonisti, fino a certe schemi fin troppo abusati dal cinema hollywoodiano; basti prendere ad esempio l'episodio dei  Metallica, dove i due fans del gruppo vengono rappresentati come due sfigati capaci solo di bere o drogarsi. Quando Darwin Awards pare poter decollare, ecco che subito si perde. Forse sarebbe stato meglio ragionare più approfonditamente sulla qualità di ogni episodio, trovando soluzioni più originali. E' un peccato, perchè con un po' di attenzione in più sarebbe potuto uscire un ottimo prodotto, qui riuscito soltanto a metà. Ad esempio un punto a favore, nonostante inizialmente possa apparire a tratti fastidioso, è la scelta di far seguire il protagonista per tutto il film da un cameraman, con i segni visivi della camera ben presenti in buona parte della pellicola. Si tratta infatti di un giovane studente che deve preparare un documentario per la tesi, e che tallonerà il nostro eroe senza mai mostrarsi fino alla fine, dove diventerà protagonista involontario anch'esso. Questa decisione registica, anche se non del tutto nuova, permette al film di creare gag anche laddove non sarebbero potute esistere, e questo si rivela decisamente importante per l'economia della pellicola. Traspare inoltre anche una velata critica (comunque solo accennata, stiamo pur sempre parlando di una commedia) al mondo televisivo di oggi, che tutto riprende senza concedere spazio alla libertà personale. E così tra alti e bassi si muove questa commedia americana, per la quale la simpatia e la bravura degli attori riescono comunque a far ottenere una, seppur risicata, sufficienza. La freccia questa volta non ha colpito il centro, ma non ha mancato del tutto il bersaglio.

The Darwin Awards Si ride a metà. E' una commedia simpatica, che alterna però momenti buoni ad altri meno originali. Sicuramente originale il soggetto, un po' meno riuscita la sceneggiatura. Bravi gli attori e azzeccate alcune scelte registiche, che fanno rammaricare ancor di più per un prodotto potenzialmente ottimo, ma che risulta invece appena sufficiente.

6

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