Recensione The dark side of the sun

Tra documentario e film animato, un progetto inusuale, delicato e ben realizzato

Recensione The dark side of the sun
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Giocare all’aria aperta, fuori, al sole, fa sempre bene a tutti i bambini. Sbagliato. Ci sono dei bambini, quelli affetti da XP, a cui il sole fa malissimo.
Ci sono medicinali e ricerche che non conviene portare avanti più di tanto. Le case farmaceutiche sono multinazionali, in fondo, e devono far quadrare i loro lauti conti. Quindi finché la ricerca scientifica resta principalmente in mano ai privati, è logico e in parte ragionevole che più una malattia è rara, meno interessi si abbiano a trovare cure per affrontarla. E alle famiglia non resta che consorziarsi e rimediare da sole, contando sulle loro forze.
XP sta per Xeroderma Pigmentosum, una malattia della pelle estremamente rara. Semplificando molto, si potrebbe dire che i soggetti affetti da questa malattia sono allergici al sole. Ma non è esatto: la loro non è un’allergia, ma una deficienza, e a sottoporli a un rischio di tumore della pelle mille volte superiore a quello di un soggetto sano non è solo il sole, ma i raggi ultravioletti in genere, prodotti anche dalla maggior parte dell’illuminazione artificiale. La loro vita si svolge principalmente di notte, l’integrazione è molto dura, l’aspettativa di vita bassissima. Quando la giornata di un bambino sano finisce, inizia quella di un bambino affetto da XP.

Camp Sundown

The Dark Side of the Sun è un ibrido: metà documentario, metà film animato. È il racconto di un manipolo di famiglie provenienti da tutto il mondo, i cui figli sono affetti da XP, che hanno fondato, supportato o semplicemente trovato in Camp Sundown un supporto, e insieme il sogno, magico e controverso, scaturito dai disegni dei bambini del campo stesso. Se da una parte quindi assistiamo all’ennesimo, seppur toccante, racconto di famiglie forti, determinate, che hanno rivoluzionato la loro vita per affrontare nel migliore dei modi possibili la malattia, dall’altra c’è una dimensione altra, animata, fatata, popolata da esseri magici ma diversi dal solito. Perché la fantasia di un bambino che vive di notte è molto diversa da quella di uno “normale”. Perché se da una parte sogna di vedere la luce del giorno, dall’altra non teme affatto la notte, l’oscurità, gli animali che come lui vivono al buio. E questa parte animata è stata possibile grazie a un lavoro delicatissimo nato in seno alla Rainbow di Iginio Straffi con la collaborazione di un gruppo di artisti eccezionali come LRNZ e i SuperAmici. La risultante è un prodotto italiano molto diverso da quello a cui siamo abituati, meno mainstream e sicuramente di livello più elevato.
E a un certo punto siamo molto propensi a rifugiarci nella fantasie di Rachel, Katie MacKenzie e tutti i giovani abitanti di Camp Sundown, questa incredibile operazione nata dalla fantasia e dalle esigenze di genitori di bambini affetti da XP. Siamo portati a vedere al buio, a capire il loro modo di affrontare ogni gesto quotidiano. E non ci sono lacrime né lagnanze in questo film. Non c’è alcun piangersi addosso o biasimo per chi non comprende. Solo la grande forza di individui grandi e piccini, i progetti su cosa fare da grandi e i discorsi ai fratellini per far capire loro che la sorella non può giocare al sole, sempre fatti con il sorriso di persone che la luce ce l’hanno dentro.

The dark side of the sun Un buon documentario che sensibilizza con leggerezza su un disagio importante. Un’ottima animazione, particolarissima e dal tocco spiccatamente artistico. Father Darknight è un personaggio che entra nei cuori, come pure tutti i piccoli abitanti di Camp Sundown.

6.5

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