Recensione Tata Matilda e il grande botto

Recensione del sequel di Nanny McPhee-Tata Matilda

Recensione Tata Matilda e il grande botto
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Fu nel 2005 che abbiamo avuto modo di vedere la grande Emma"Casa Howard"Thompson nei panni della magica bambinaia protagonista di Nanny McPhee-Tata Matilda, diretto dal Kirk Jones che aveva esordito dietro la macchina da presa con la commedia Svegliati Ned, di sette anni prima.
E fu la stessa Thompson a curare la sceneggiatura di quella godibile e guardabile favoletta, tratta dalla serie di libri per l'infanzia Nurse Matilda - scritti da Christianna Brand ed illustrati dal cugino Edward Ardizzon - ed incentrata sulla donna del titolo alle prese con sette pestiferi ragazzini che, orfani di madre, hanno provocato la fuga di tutte le loro babysitter.
Come pure in questo sequel, che la vede impegnata anche nella cura della produzione esecutiva - insieme a Liza Chasin e Debra Hayward - e del quale la produttrice Lindsay Doran osserva: "La grande differenza tra il primo e l'ultimo film della serie è che il primo raccontava i dissidi tra un genitore e i suoi figli, mentre l'ultimo descrive una ‘guerra' tra quattro ragazzini. Tata Matilda ha il compito di impartire cinque lezioni fondamentali, che non solo insegnano come andare d'accordo, ma spiegano anche come risolvere i propri problemi in modo costruttivo, evitando banali litigi".

Nella vecchia fattoria...

Infatti, al centro della storia abbiamo la signora Green (Maggie Gyllenhaal), la quale, mentre il marito Rory (Ewan McGregor), di cui non si hanno notizie da mesi, è al fronte, si trova a dover competere sia con i tre litigiosi figli Norman (Asa Butterfield), Megsie (Lil Woods) e Vincent (Oscar Steer) che con il cognato Phil (Rhys Ifans), intento ad acquistare metà della fattoria di famiglia intestata all'uomo, ma in realtà costretto dalle due malviventi locali Topsey (Sinead Matthews) e Turvey (Katy Brand) a farsela cedere per poter saldare un suo debito di gioco contratto con un'ambigua signora. Come se non bastasse, la datrice di lavoro della donna, la signora Docherty (Maggie Smith), si comporta in modo molto strano, mentre i due altezzosi nipoti londinesi Cyril (Eros Vlahos) e Celia (Rosie Taylor-Ritson) arrivano da Londra per passare un periodo non ben precisato presso la fattoria e il guardiano del villaggio continua a spaventarla con assurdi discorsi riguardanti una fantomatica bomba che potrebbe casualmente pioverle in testa da un momento all'altro.
Una tragica situazione che potrebbe essere risolta solo grazie all'intervento dell'inquietante Tata Matilda, pronta ad entrare in azione accompagnata dalla rinomata frase: "Quando avrà bisogno di me ma non mi vorrà, io resterò; quando mi vorrà, ma non avrà più bisogno di me, io me ne andrò".

Nanny McPhee parte seconda

Quindi, dallo smettere di litigare all'avere fede, passando per il condividere le cose con gentilezza, l'aiutarsi a vicenda e l'essere coraggiosi, sono cinque lezioni impartite nel corso della serata dalla proto-Mary Poppins nuovamente incarnata con la consueta professionalità dalla Thompson, la quale precisa: "In entrambi i film prevale una sensazione di assenza. Nel primo caso, è un'assenza dovuta alla morte della Signora Brown che aveva così tanti figli, cosa molto vera per quei tempi. Nel secondo caso, invece, è l'assenza di un padre impegnato al fronte ad essere vera per quell'epoca e, sfortunatamente, anche per quella in cui viviamo".
Però, se il capostipite, pur senza spingere a gridare al capolavoro, si rivelò dispensatore di 97 gradevoli minuti di visione, qui, nonostante la velocità con cui i molti eventi si susseguono, la noia sembra essere destinata a regnare sovrana.
Tra capre, mucche, elefanti e perfino un balletto acquatico che vede protagonisti dei maialini, l'impressione è quella di trovarsi più dalle parti del pessimo Garfield 2 (2006) di Tim Hill che del non disprezzabile Babe, maialino coraggioso (1995) di Chris Noonan, mentre la sceneggiatura sembra girare continuamente a vuoto, senza dimenticare rutti e letame vario.
E, sebbene dopo una prima ora la pellicola c'illuda per alcuni istanti di migliorare un pochino, tirando in ballo inaspettate notizie sul padre dei protagonisti in guerra (il già citato McGregor, in realtà, fa soltanto una breve apparizione) e qualche piccolo colpo di scena, la provenienza televisiva della regista Susanna White si lascia avvertire parecchio... e a salvarsi rimane soltanto la prova del cast.

Tata Matilda e il grande botto A cinque anni da Nanny McPhee-Tata Matilda di Kirk Jones, ispirato alla serie di libri per l’infanzia Nurse Matilda scritti da Christianna Brand, Emma Thompson torna a vestire i panni dell’inquietante babysitter del titolo - con tanto di sidecar a portata di mano - in questa seconda avventura la cui regia passa nelle mani di Susanna White, proveniente dalla televisione. Di conseguenza, la pellicola, costruita su uno script che tenta di camuffare la sua pochezza d’idee tirando in ballo la tematica della guerra e il debito di gioco che deve saldare Phil, cognato della signora Green protagonista, non sembra in alcun modo possedere i giusti requisiti (soprattutto ritmici) da grande schermo. Ed il risultato, tra simpatici animali sparsi ovunque e fracasso a sufficienza, è forse l’ennesimo spettacolo di celluloide destinato a bambini non accompagnati.

5

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