Recensione Synchronicity

Jim Beals è un giovane fisico che sta sperimentando, insieme a due colleghi, una pionieristica invenzione in grado di generare, tramite wormhole, possibili viaggi nel tempo. La sera del primo tentativo effettivo sul funzionamento della macchina, alla presenza del ricco magnate nonché suo finanziatore Klaus Meisner, l'esperimento non da purtroppo i frutti sperati; ciò nonostante Jim nota nelle riprese delle videocamere una sorta di figura umana sbucare all'improvviso dal nulla. Poco dopo lo scienziato fa la conoscenza della bella Abby, amante del suo "boss", e instaura con la ragazza una relazione. Ben presto però Abby sembra nascondere qualcosa ai suoi occhi, mentre Meisner cerca in ogni modo di appropriarsi dei suoi studi per meri scopi economici. Jim non sa però che il nemico peggiore che si troverà ad affrontare sarà proprio il tempo stesso.

The truth will set you free

Già autore di Last Goodbye (2004) e dell'epidemico Signal (2007), Jacob Gentry trova alla sua terza prova da macchina da presa il film perfetto per infilarsi nella tela della fantascienza umanista sempre più sulla cresta dell'onda, realizzando un'opera affascinante e complessa sui paradossi temporali. Inizialmente la storia, co-sceneggiata dallo stesso regista, si fa quasi respingente nel suo continuo porsi di domande senza dare risposte, con risvolti scientifici sin troppo confusionari ed un procedere di eventi non del tutto logico. Ma questo iniziale spaesamento viene ben presto risolto dal cliffhanger di metà visione, vero e proprio escamotage narrativo in grado di rivoluzionare con intelligenza quanto visto sino ad allora. In un'ambientazione minimale ma resa con grazia da efficaci effetti speciali, capaci di costruire al meglio un mondo futuristico su strutture architettoniche (perlopiù reali) di grande e straniante impatto scenografico, con atmosfere che guardano e non poco ad un classico come Blade Runner (1982) immerse in colorazioni claustrofobiche e notturne, l'abusato veicolo dei viaggi nel tempo è qui indirizzato a sfumature emotive mai banali, dando vita ad un insolito menage a trois non privo di istinti malinconici in questa continua ricerca del protagonista. Protagonista pieno di dubbi e sospetti che, in seguito al bellissimo e succitato colpo di scena, si trova incastrato in un labirinto di inconsapevoli sincronismi, causa principale anche dei terribili mal di testa di cui è vittima sempre più di frequente in una ricerca della verità che si fa sempre più amara e beffarda con lo scorrere dei minuti. A tratti viene da chiedersi se qualcosa non sia fuori posto, se le coordinate del racconto non rischino di ingarbugliarsi troppo lasciando spazio a possibili errori di sorta in quest'odissea tra possibili realtà parallele, ma Synchronicity sopperisce alle potenziali sbavature con una carica empatica avvincente quanto basta, grazie anche ad un una colonna sonora elettronica dalle tonalità avvolgenti (memori non poco di quelle della saga videoludica Deus Ex) e ad un cast in palla comprendente, oltre ai due interpreti principali Chad McKnight e Brianne Davis (incantevole) anche uno storico caratterista di genere quale Michael Ironside.