Suspiria: la recensione dell'horror di Dario Argento

Il film cult di Dario Argento torna al cinema in versione restaurata 4k. Un'occasione per immergersi nel profondo rosso del cinema italiano.

Suspiria: la recensione dell'horror di Dario Argento
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È il 1977 quando Dario Argento realizza uno dei suoi film più celebri: Suspiria. L'horror racconta di Suzy, una giovane ragazza americana che arriva all'Accademia di Friburgo con l'obiettivo di migliorare le sue doti di ballerina: l'istituto infatti è sede di una delle più prestigiose scuole di danza del Paese. La notte del suo arrivo si imbatte in una sua coetanea che sta fuggendo terrorizzata, farfugliando parole apparentemente senza senso; poco dopo la giovane viene ritrovata barbaramente uccisa insieme ad una sua amica. Suzy, ricevuta dalla scuola soltanto il giorno dopo, scopre la triste sorte dell'allieva e fa la conoscenza delle sue nuove compagne, della direttrice e della severa insegnante Tanner. Ben presto la ragazza scopre che intorno all'Accademia gravita un'antica maledizione che sembra ricondurre ad influenze sovrannaturali, finendo invischiata suo malgrado in un gioco assai pericoloso.

La regina nera

Torna in sala per tre giorni (30-31 gennaio e 1 febbraio) e in versione restaurata 4K uno dei film più amati del maestro dell'horror italiano, il più conosciuto nel resto del mondo: Suspiria. Un'opera che segna una delle pagine più felici nella allora gloriosa carriera di Dario Argento, horror metafisico che bilancia le sue evidenti forzature narrative con una messa in scena d'altissima classe, toccando vette di vera e propria ispirazione artistica nelle sequenze delle brutali uccisioni. Se infatti la sceneggiatura è il punto debole dell'operazione, non tanto per la sua genesi che reinterpreta in chiave horror il mondo delle fiabe ma per le evidente inverosimiglianze di diverse scelte intraprese dai personaggi oltre a una gestione dei dialoghi controversa (in parte dovuta al fatto che, nella stesura originaria, le ragazze avrebbero dovuto essere di minore età), l'equilibrio registico raggiunge momenti sublimi nelle sequenze più tipicamente di genere, mostrando nuovamente tutto quel talento che aveva già reso un cult il precedente Profondo rosso (1975). E non è un caso che sia proprio questo colore a rendersi protagonista tensivo in diverse occasioni, con il cineasta che coglie magnificamente le sfumature di luci e ombre per dar vita a costruzioni visive di fascino macabro e magnetico, accompagnate nuovamente dalla ossessiva ed inquieta colonna sonora dei mitici Goblin. Un film cattivo al punto giusto che coniuga l'orrore con un intenso versante mystery che, pur prevedibile nel "colpo di scena" finale e intriso delle succitate sbavature, riesce a trasformare qualsiasi ambiente in un luogo di potenziale pericolo tramite inquadrature geometriche e carrellate in soggettiva che rendono gli spazi, chiusi o aperti, luoghi di insondabile terrore. Il primo omicidio, avente luogo a pochi minuti dall'inizio, è solo uno degli esempi di uno stile d'altissima scuola destinato a fare proseliti nelle nuove generazioni, tra finestre rotte e lampadari usati con chirurgica maestria nel delineare la violenza di un delitto; e poi ancora vermi, cani assassini, fil di ferro e porte nascoste a variare sempre i cento minuti di visione con soluzioni originali e di feroce impatto thriller oriented. Atmosfere e immagini segnano questa storia a tinte forte di maledizioni e magia nera, con un cast perfettamente calibrato in cui, oltre alle partecipazioni di lusso di attrici iconiche come Joan Bennett e Alida Valli, spicca l'innocente sguardo della allora quasi trentenne (pur dimostrando dieci anni di meno) Jessica Harper.

Suspiria Non bisogna badare alle marcate imperfezioni narrative ("difetto" spesso riscontrabile anche nelle migliori opere di Dario Argento) per godere appieno l'esperienza viscerale di Suspiria, primo capitolo della Trilogia delle tre Madri ora di nuovo nei cinema con il surplus della riedizione in 4K. E il nuovo impatto visivo non può che donare ulteriore forza ad un'opera che vive sul fascino puro delle immagini, con sequenze la cui messa in scena regala pagine di grande cinema di genere; giochi di luce, inquadrature, geometrie ambientali caratterizzano la magia delle scene più tensive e cruente, veri e propri climax tensivi che si insinuano (complice la magnetica colonna sonora dei Goblin) all'interno di una sceneggiatura forzata ma pregna di un fascino istintivo, macabro e avvolgente incubo ad occhi aperti vissuto (e da noi con lei) dalla giovane protagonista.

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