Recensione Steve McQueen: una vita spericolata

Gabriel Clarke e John McKenna firmano un interessante e inusuale documentario su Steve McQueen, presentato sulla Croisette nella sezione Cannes Classics: un inedito ritratto non solo del celebre attore ma anche del film del '71 Le 24 Ore di Le Mans.

Recensione Steve McQueen: una vita spericolata
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Presentato sulla Croisette nella sezione Cannes Classics, in anteprima mondiale (sarà poi al Biografilm Festival di Bologna) Steve McQueen: The Man & Le Mans (Steve McQueen: una vita spericolata, nella versione italiana), documentario di Gabriel Clarke e John McKenna che mostra qualcosa di mai visto prima: il dietro le quinte delle riprese effettuate per il film del 1971 Le 24 Ore di Le Mans di Lee H. Katzin girato appunto durante la 24 Ore di Le Mans dell'anno prima, e disegna anche un ritratto mai visto prima dell'attore. Nel 1970 Steve McQueen decide che Le Mans dovrebbe essere lo scenario del suo film. Non un film come gli altri, ma con degli spezzoni girati davvero durante la corsa, con una roadster attrezzata con tre camere da presa.

VOGLIO UNA VITA SPERICOLATA...

"Se vogliamo portare avanti questo progetto - diceva McQueen - dobbiamo farlo nel modo giusto. Nessun escamotage hollywoodiano: nessun colpo di scena orchestrato ad arte, niente lieto fine. E se dobbiamo dedicarlo a una sola corsa, deve trattarsi necessariamente di Le Mans". L'attore, da sempre legato al mondo delle corse (automobilistiche e motociclistiche) era determinatissimo, tanto che arrivò a rischiare la bancarotta e la fine del suo matrimonio. Il documentario racconta tutto il percorso per la realizzazione del film con uno dei più alti budget dell'epoca. La Solar Production che se ne occupava noleggiò per tre mesi tutto il Circuit de la Sarthe, una trentina di auto da corsa (molte delle quali direttamente dalla competizione), acquistò la Porsche 917 che fu guidata da McQueen e ingaggiò numerosi piloti professionisti, che ricevettero un salario (elevato per l'epoca) di 150 dollari al giorno per simulare le diverse fasi di gara. Molti di questi sono stati intervistati proprio per il documentario, come Derek Bell, cinque volte vincitore a Le Mans, insieme al David Piper che perse una gamba durante le riprese e a Sigi Rauch, co-protagonista del film al fianco di McQueen, e racconta il viaggio nel glorioso passato della gara più impegnativa del calendario del motorsport a livello mondiale. Dopo il primo mese di riprese interamente dedicato alle scene di gara - durante le quali, come racconta il doc, non era stata nemmeno ultimata la sceneggiatura - il regista originario John Sturges  abbandonò il set in polemica con McQueen: Sturges aveva in mente fondamentalmente un dramma con risvolti amorosi e la gara sullo sfondo, mentre McQueen si impuntò perché l'evento sportivo restasse centrale. L'attore affidò così la regia a Lee H. Katzin, sforando clamorosamente i tempi di realizzazione.

Steve McQueen: una vita spericolata Evidente appare il parallelismo messo in scena dai registi tra l’impresa sportiva della corsa di Le Mans e quella cinematografica messa in piedi da Steve McQueen per realizzare quello che considerava il film della sua vita e della sua carriera. Il dramma diventa così meta-cinematografico e si sposta all'interno del documentario, svelando anche dettagli non proprio conosciuti ai più (come quando McQueen si accorge di essere nel mirino della setta di Charles Manson). Visione consigliata per gli amanti del cinema, delle corse, e per quelli che non temono di veder realizzato il ‘sogno americano’..

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