Recensione Stay Alive

E poi dicono che i videogiochi fanno male...

Recensione Stay Alive
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I teen-horror

Uno dei generi più gettonati dai registi americani è sicuramente il teen-horror (ovvero, come sottintende il nome stesso, un film horror che abbia per protagonista un gruppo di adolescenti) che permette sempre o quasi ai produttori di racimolare un discreto gruzzolo, spesso a discapito della qualità. Questo genere non ha mai brillato per originalità ed, il più delle volte, la trama si snoda attorno al solito gruppo di adolescenti massacrati dal “mostro di turno” in un turbinio di stereotipi che vanno dal “ragazzo di colore morto per primo”, all’inevitabile finale aperto.
Guardando il trailer di Stay Alive, il sospetto che si tratti dell’ennesimo esponente dell’infelice categoria si insinua subitaneo nella mente dello spettatore, ed entrando in sala sarà inevitabile porsi il solito interrogativo: “stavolta sarà diverso?”.

Non è un semplice videogame

Dopo la morte cruenta e inspiegabile di un amico, un gruppo di teenager entra in possesso di un videogioco horror, ibrido tra Resident Evil e Silent Hill, ispirato alla vera storia di una nobildonna vissuta nel XVII secolo, sul quale sembra gravare una terribile maledizione. Chi vi gioca e va incontro al game over, infatti, rischia di fare la stessa fine anche nella realtà. Quando la maledizione palesa la propria esistenza, il gruppo di amici cerca di venire a capo del mistero, mettendo a repentaglio la propria vita...

Come c'era da aspettarsi, Stay Alive si è rivelato il solito teen-horror. Questo film si presenta allo spettatore come un patetico paradigma di luoghi comuni, nel quale il tema della tanto millantata “tecnologia malvagia” (come se The ring e tutti i suoi sottoprodotti non fossero sufficienti a riempire le videoteche) fa da perno ad una storia mal sviluppata. Ma andiamo con ordine, partendo con l’esaminare i personaggi che, oltre ad essere malamente interpretati, si dimostrano essere una sorta di simpatica sfilata di stereotipi: c'è il protagonista con trauma infantile, la sua amica “darkettona”, che dovrebbe convincere lo spettatore di avere un certo spessore in quanto interpreta la ragazza intelligente (ma finisce col rivelarsi più un personaggio “spara stupidaggini pseudo-storiche”), il di lei fratello, che inizialmente può dare l'impressione di voler ferire le persone di proposito per poi rivelarsi banalmente un imbecille, il “nerd” della situazione, interpretato dall'attore protagonista della serie Malcolm, e, infine, la ragazza misteriosa che come al solito non sarà poi nient’affatto misteriosa, ma risponderà al più classico modello della ragazza gentile ed indifesa.
Altro punto a sfavore del film è la maniera maldestra in cui vengono citati alcuni dei più famosi survival horror (Abigail usa come macchina fotografica niente meno che la camera oscura, è più volte vengono ripresi Silent hill 4 e Fatal Frame), stravolgendo interamente le strutture dei giochi originali ( Silent Hill 4 viene presentato come una sorta di sparatutto dove “non bisogna usare il blaster a proiettili infiniti, in favore delle munizioni consigliate da Dio”), il che, sebbene non sia che un dettaglio, assume una valenza molto significativa, in quanto il film è stato concepito proprio per accontentare i fan dei survival horror.
Essendo la trama estremamente semplice, il regista ha dovuto puntare sul mai abbastanza abusato "effetto sorpresa", utilizzando a mani basse l’espediente di far apparire di colpo i cattivoni di turno durante lo svolgersi di un'azione in apparenza esente da pericoli di sorta. Questo effetto in un film può funzionare se usato una volta, mettiamo due, ma certamente non se reiterato allo sfinimento. Ad aggravare ulteriormente il già pessimo risultato, ci pensa la totale mancanza di logica della trama, che inizia all’ interno di un gioco per poi concludersi nel mondo reale senza una minima spiegazione (le azioni fatte nel videogame sembrano infatti proiettarsi sulla realtà apparentemente senza causa alcuna).
C'è da dire, però, che questa pellicola ha regalato allo spettatore-martire delle piccole perle di comicità. Come non citare quella ambientata nella torre della contessa, in cui la ragazza timida e indifesa non trova di meglio che giocare al sempiterno “m’ama non m’ama” in un momento che doveva essere perlomeno terrorizzante, come anche l’atipica conoscenza di due dei protagonisti al funerale dell’amico, evidentemente non troppo rimpianto vista la propensione dei due al dialogo faceto.
Infine, non potendo citare tutte le cadute di stile che ci offre questo film per evidenti limiti di spazio, è proprio il caso di parlare della cosiddetta “fonte storica" del film. Il cattivo, anzi la cattiva di questo film è tale contessa Elisabeth Balthory. Chiunque abbia una buona conoscenza della storia sa che Erzébet Báthory era una contessa ungherese vissuta a cavallo tra il Sedicesimo e il Diciassettesimo secolo, diventata famosa per aver mietuto centinaia e centinaia di vittime, soprattutto fanciulle che lei avvicinava con la scusa di assumerle come serve. Nel film, la contessa cerca sangue per mantenersi giovane e bella. In realtà, sebbene storicamente sia ben noto il narcisismo della contessa, non si ha l'assoluta certezza che praticasse l'emofagia o che addirittura fosse solita fare il bagno nel sangue: per poterlo provare non ci sono documenti sufficientemente attendibili. D'altro canto si sa che sulle sue vittime praticasse torture indicibili, di un'efferatezza che è difficile immaginare anche nelle fantasie più malate. Eppure, questo nel film non viene minimamente accennato: si è preferito ancora una volta strumentalizzare un personaggio storico servendosi di leggende che potevano adattarsi meglio al tipo di film rispetto a quanto proposto dalla realtà storica. Non che sia la prima volta in cui ad un personaggio storico si attribuiscono caratteristiche di fantasia funzionali a renderlo inquietante o mostruoso, nella letteratura e nel cinema è pratica comunemente adottata (basti pensare a Vlad l'Impalatore che è diventato un vampiro), ciononostante questo tipo di banalizzazioni sconcerta sempre un po’.

Stay Alive In genere questi film non brillano certo per una trama innovativa, ma, nel caso di Stay Alive, si può parlare senza mezzi termini di un prodotto scadente, che si colloca ben al di sotto della qualità media. Il film è decisamente rivolto ad un target giovanile, ma finisce per risultare senza senso, persino per un pubblico senza pretese, che cerca in un film un mero passatempo. Da evitare, a meno che non abbiate qualche peccato da scontare.

3

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