Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith Recensione

Star Wars inizia/finisce con un epilogo (provvisorio) che riconcilia spettacolo e ambizioni dark raccontando la nascita di Darth Vader.

Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith Recensione
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La vendetta dei Sith si chiude dove iniziava l'avventura di Luke Skywalker in Una nuova speranza: su Tatooine, con i due soli a simboleggiare un'ottimistica voglia d'avventura. L'esalogia progettata da George Lucas raggiunge l'ultimo traguardo ritrovando finalmente a pieno la dimensione epica e tragica dei primi tre film. Paradossalmente, quello che è l'unico episodio della trilogia prequel a essere girato interamente in teatri di posa e con l'uso di green screen è anche il più umano, sorretto da una sceneggiatura solida e interpretazioni coinvolgenti, con alcuni dei momenti migliori legati a questa galassia lontana lontana.

L'ascesa oscura

Hayden Christensen, incastrato in una parte non propriamente adatta a lui nel film precedente (anche per via dell'approccio goffo del regista), dimostra in questa sede di avere le capacità giuste per dare vita all'Anakin Skywalker più cupo, in un percorso inesorabile verso il male sotto l'egida del perfido Palpatine, interpretato da Ian McDiarmid con una ferocia sottile che dà finalmente un senso al tono politico presente in tutta la trilogia. "È così che muore la democrazia, sotto scroscianti applausi", dice Padmé Amidala nella sequenza che più di tutte combina al meglio l'allegoria del nazismo già presente nel trittico classico e l'atmosfera tragicamente avventurosa che ha sempre caratterizzato il mondo di Star Wars. Un mondo che, come ne L'attacco dei cloni, ritrova anche una certa gioia cinefila, omaggiando, tra le altre cose, il Frankenstein di James Whale per la "nascita" vera e propria di Vader e un'altra creazione lucasiana, Indiana Jones, per un ottimo momento action con protagonista Obi-Wan Kenobi.


Chiusura del cerchio

Pur lasciando irrisolte alcune questioni che sottolineano dei piccoli buchi di coerenza narrativa tra le due trilogie (confermando quindi che Lucas non ha pianificato tutta la mitologia sin dall'inizio), La vendetta dei Sith fa del suo meglio per portare a termine non solo questa nuova incarnazione di Star Wars, calibrata per un pubblico leggermente diverso rispetto a chi è cresciuto con le gesta di Luke Skywalker e Han Solo, ma anche la saga in generale, con piccoli passaggi che spiegano o arricchiscono quanto visto in passato con logica squisitamente seriale: l'Impero nascente ha colpito, ma un giorno i Jedi ritorneranno, come ci ricorda, in quella suggestiva serie di inquadrature finali, John Williams con il tema musicale della Forza. Una conclusione inevitabile ma perfetta, simbolo della redenzione artistica di un progetto partito in modo ineguale per raggiungere un punto d'arrivo spettacolare e toccante. Le guerre stellari così come le aveva concepite Lucas iniziano e al contempo finiscono qui, in un paesaggio desertico stranamente rassicurante, in attesa della nuova speranza.

Star Wars Universe La seconda trilogia di Star Wars si chiude con un Episodio che può aspirare a paragoni positivi con la prima incarnazione della saga, portando a compimento il progetto di George Lucas con intelligenza e spettacolo. Raccontando l'origine tragica di Darth Vader, il regista arricchisce i primi tre film, omaggiati a livello tematico e visivo con una coerenza che non cede mai il posto alla nostalgia gratuita, unendo i due mondi con quel tocco magico che era parzialmente venuto a mancare negli Episodi I e II.

8.5