Recensione Stalingrad 3D

Dalla Russia, un kolossal storico in IMAX 3D

Recensione Stalingrad 3D
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Fëdor Sergeevič Bondarčuk, pur essendo un nome pressoché sconosciuto a livello internazionale, nella madrepatria Russia è uno dei registi e produttori più affermati del cinema, oltre a vantare una lunga esperienza come attore. Il suo primo lungometraggio, il kolossal bellico The 9th Company, del 2005, ha ottenuto un vastissimo successo, che fra il 2008 e il 2009 gli ha permesso di portare sugli schermi un progetto ancora più ambizioso, vale a dire un dittico di fantascienza post-apocalittica dal titolo The Inhabitated Island. Era quindi naturale che un regista ossessionato dal gigantismo produttivo quale Bondarčuk si imbarcasse in un’altra impresa ‘titanica’: Stalingrad 3D, il primo film russo girato in formato 3D, nonché il primo film non statunitense realizzato con l’ausilio della tecnologia IMAX, presentato fuori concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

FRA RICOSTRUZIONE STORICA E RETORICA NAZIONALISTA

Ambientato nel corso del gelido inverno russo del 1943, durante una fase cruciale della Seconda Guerra Mondiale, il kolossal di Fëdor Sergeevič Bondarčuk racconta gli ultimi, fatidici giorni della battaglia di Stalingrado, che si sarebbe conclusa il 2 febbraio 1943 e avrebbe segnato la definitiva battuta d’arresto dell’esercito tedesco nello scontro con l’Armata Rossa, nonché il fallimento della campagna espansionistica di Adolf Hitler nell’Unione Sovietica. Peccato che, in Stalingrad 3D, la cronaca storica ceda il posto ad un’operazione smaccatamente sciovinistica, dando luogo ad un film insopportabilmente enfatico, bolso e retorico nel rappresentare lo strenuo eroismo dei soldati russi. Se l’intenzione di Bondarčuk era quella di confezionare la “risposta russa” a Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg, l’esito risulta del tutto deludente, con uno schematismo narrativo di impressionante grossolanità ed una serie di personaggi superficiali e stereotipati, tanto sul fronte russo quanto su quello tedesco; a cominciare dal brutale ufficiale Peter Kahn, impersonato dall’attore Thomas Kretschmann.

QUANDO IL CINEMA SI FA PROPAGANDA

E l’irritante magniloquenza alla base dello spirito del film si riflette inevitabilmente anche nelle scelte stilistiche di Bondarčuk: dall’onnipresente colonna sonora di Angelo Badalamenti (sono lontanissimi, purtroppo, i tempi delle sue ben più sofisticate collaborazioni con David Lynch) alla cupa fotografia monocromatica di Maksim Osadchiy, che appiattisce tutti i colori sui toni del grigio, per culminare con la fastidiosa messa in scena delle numerosissime sequenze belliche, all’insegna di una smaccata spettacolarizzazione della violenza (con tanto di fontanelle di sangue, come se fossimo in un film di Quentin Tarantino). Se a ciò aggiungiamo un uso esasperato - ed esasperante - dei ralenti, addirittura quando si tratta di insistere sui dettagli più macabri della guerra, il senso di sgradevolezza si fa ancora più pressante; e l’intero prodotto, nel suo insieme, sembra proporsi come un ideale riflesso dell’impostazione culturale - implacabilmente nazionalista - imposta da Vladimir Putin alla Russia degli ultimi anni, con effetti assai poco rassicuranti. Dal momento che l’apposita commissione cinematografica ha selezionato Stalingrad 3D come il rappresentante russo per la corsa all’Oscar come miglior film straniero, confidiamo che i giurati dell’Academy non esiteranno a dare il proprio benservito ad un pasticcio che sarebbe parso imbarazzante perfino ai tempi del regime sovietico.

Stalingrad 3D Il regista Fëdor Bondarčuk ricostruisce le fasi cruciali della battaglia di Stalingrado nel primo kolossal in 3D prodotto in Russia, che si rivela tuttavia un insopportabile film bellico tanto schematico e retorico nei contenuti, quanto fastidiosamente enfatico nella narrazione e nello stile, con una smaccata quanto gratuita spettacolarizzazione della violenza.

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