Recensione Sinister 2

Il malvagio spirito Bughuul torna all'opera, con tanto di inquietanti filmini, per tormentare una madre e i suoi due figli nel sequel dell'horror che vide Ethan Hawke protagonista e Scott Derrickson alla regia.

Recensione Sinister 2
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Il male non può essere fermato, da lui ci si può solo difendere.
Quindi, a tre anni di distanza dal Sinister (2012) che, diretto dallo Scott Derrickson autore dello straight to video Hellraiser 5: Inferno (2000) e dell'acclamato The exorcism of Emily Rose (2005), vide Ethan Hawke nei panni di uno scrittore alle prese con una pericolosa divinità pagana all'interno della nuova casa in cui si era trasferito con moglie e figli, era lecito aspettarsi un Sinister 2.
Un sequel di cui, però, il regista del capostipite firma soltanto lo script insieme al Robert Cargill già co-sceneggiatore del primo film, in quanto è il Ciarán Foy proveniente dall'universo dei cortometraggi a passare alla direzione, ancora una volta sotto la produzione del Jason Blum finanziatore delle fortunate saghe Paranormal activity e Insidious.
Un sequel che esclude del tutto il citato Hawke per introdurre la Shannyn Sossamon di Catacombs - Il mondo dei morti (2007) nel ruolo della madre iperprotettiva Courtney, impegnata a portare i figli Dylan e Zach - fratelli gemelli di nove anni incarnati da Robert e Dartanian Sloan - in una casa di campagna dell'Illinois, sufficientemente isolata per stare lontana dall'ex marito Clint alias Lea"J.Edgar"Coco, il quale abusò sia del primo che di lei.

La ripresa del terrore!

Casa di campagna destinata, ovviamente, a trasformarsi nel luogo d'azione del malvagio spirito di Bughuul, che torna all'opera in questa continuazione come pure l'ex vicesceriffo senza nome interpretato da James Ransone, ora investigatore privato deciso a vendicare la tragedia di cui era a conoscenza quando lavorava come agente di polizia.
Man mano che, tra un omaggio televisivo al capolavoro romeriano La notte dei morti viventi (1968), palesi riferimenti a Grano rosso sangue (1984) e apparizioni inaspettate dell'entità, prendono sempre più spazio gli inquietanti filmini già presenti nella pellicola precedente, in quanto Foy spiega: "A differenza di quanto avvenuto con Ashley, la figlia di Ellison nel primo film, è attraverso gli occhi di uno dei gemelli che il pubblico scopre dell'esistenza dei bambini fantasma protagonisti dei filmini che Dylan guarda. L'ambientazione è simile, ma questa volta lo spettatore assiste allo svolgersi degli eventi. Nella trama sono presenti di nuovo cinque bambini fantasma, diversi da quelli del primo film, in quanto collegati a un altro omicidio, i quali entrano in contatto fin da subito".
Filmini che lasciano quasi interpretarsi in qualità di spruzzata metacinematografica e che, in un certo senso, conferiscono in parte all'insieme quell'impronta da found footage che tanto piace al succitato produttore Blum; rivelandosi, allo stesso tempo, gli elementi maggiormente raccapriccianti dell'operazione, in quanto tempestati di poveri innocenti bruciati vivi, uccisioni assortite ed insostenibili torture a base di topi, scosse elettriche e carboni ardenti.
Perché, per il resto, con i consueti lenti ritmi narrativi ad orchestrare il tutto e l'immancabile uso del sonoro volto a far balzare dalla poltrona, non ci si discosta molto dal lungometraggio di Derrickson, sebbene, in quel caso, il dramma di fondo fosse incentrato sulla difficoltà di scegliere tra la carriera e la famiglia.


Sinister 2 “Sinister è un film horror che narra della visione di film horror e questo fatto è molto più inquietante di quanto immaginassi. Ancora adesso, quando guardo alcuni spezzoni dei ‘filmini’ mi vengono i brividi. Nel sequel questi filmini amatoriali sono diventati molto più di una presenza consapevole: Bughuul rapisce le anime dei bambini costringendoli a realizzare film spaventosi (omicidi in nome dell’arte) che sono un elemento fondamentale della trama di Sinister 2”. Regista del primo capitolo, Scott Derrickson - qui soltanto produttore e co-sceneggiatore - sintetizza così la seconda escursione cinematografica nelle malefiche imprese dello spirito Bughuul, affidata a Ciarán Foy e priva di Ethan Hawke, protagonista della precedente. Tra lenti ritmi di narrazione, i raccapriccianti filmini di cui sopra e le immancabili apparizioni improvvise, il risultato non cambia molto rispetto a quanto fatto dall’autore di The exorcism of Emily Rose, quindi, rimaniamo dalle parti di un horror con presenze unicamente consigliato agli amanti irriducibili del filone.

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