Recensione Silent Souls

Dalla Russia un film toccante sul mistero e sull'immortalità dell'amore

Recensione Silent Souls
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Alla morte della giovane e adorata moglie Tanya, il marito Miron parte con Aist (il più fidato dei dipendenti della cartiera di cui Miron è proprietario) per un lungo viaggio attraverso le lande desolate russe e verso un luogo simbolico (quello della loro luna di miele) dove dire addio a sua moglie seguendo l'antico rito della cultura Merja, un'antica tribù ugro-finnica del lago Nero oramai scomparsa da oltre 400 anni. Ad accompagnare i due uomini in questo ultimo saluto alla donna, ci sono anche i due Ziguli di Aist, una coppia di teneri uccellini dotati di poetiche doti canore. Lungo il viaggio Miron rievocherà assieme all'amico la vita intima della sua donna che ora giace pallida sul sedile posteriore della macchina, facendo (come vuole la tradizione) del "fumo", ovvero rivelando per la prima (e ultima) volta i dettagli più segreti della sua vita sessuale e di donna. Il florido corpo di Tanya (dopo esser stato spogliato, lavato e accuratamente fasciato in un plaid) segue così le polverose strade di un viaggio che ha come meta ultima l'acqua, simbolo (per i Merja) di immortalità, ed elemento a cui tutte le cose - e le persone - prima o poi devono ricongiungersi. Alla confinata geometria dei tre corpi (più due uccellini) in macchina seguirà infatti la regolarità sconfinata di un lungo-mare immerso in una luce pallida e bellissima (frutto della splendida fotografia di Mikhail Krichman) e riscaldato dal calore di un corpo che si riconsegna all'immortalità dell'acqua. I lunghi piani sequenza del viaggio fisico intrecciano così il ‘fumo' delle parole e della voce fuori campo (quasi un'eco lontana della tradizione oramai persasi), per confondersi nella poesia e nell'emozione di un inno all'amore che passa per l'elaborazione e l'epifania del lutto. Nel continuo alternarsi di un tragitto da percorrere e da lasciarsi alle spalle, la morte dell'uomo (della donna in questo caso) si erge a simbolo più alto della sparizione di una cultura, attraverso un viaggio poetico e malinconico in cui solo l'amore ha la capacità di trascendere la finitezza dell'esistenza: "se qualcosa deve sparire prima o poi sparirà... soltanto l'amore non ha fine".

Le anime silenti dei Merja

Il freddo (visivo) di Silent Souls (OVSYANKI in originale), storia ispirata al racconto di Aist Sergeyev, The Buntings, funge da catalizzatore nel mettere in luce il contrasto con la densità percettiva e sentimentale di una cultura arcaica che ancora (anche se timidamente) si riflette nella acque del Volga e nei volti di uomini che sembrano quasi proiezioni incorporee dei loro discendenti. Attraversando la densa patina di una modernità che fa capolino solo un attimo attraverso l'Auchan russo o il profilo di un centro commerciale in cui perdersi e perdere le tracce della propria identità culturale, Aleksei Fedorchenko muove con poetica maestria il viaggio di queste anime silenti alla ricerca di una voce oramai andata. Lontano per tempi e per cultura dalla nostra percezione moderno-occidentale, Silent Souls si pone nondimeno come un lavoro universale, capace di raccogliere strada facendo un incredibile bagaglio di poche parole e semplici gesti (il lavaggio del corpo di Tanya con la vodka, il falò in riva al mare) evocativi e profondamente suggestivi. Un simbolismo che fa della ‘lentezza' il suo strumento principale, concedendo a ogni scena, immagine, inquadratura la gravità intera di un'esistenza (in realtà più esistenze) in sospeso. Un nodo che si scioglie strada facendo, lungo un percorso teso alla liberazione di un'anima dal proprio corpo e che torna a essere liquido ed eterno come il canto degli Ziguli.

Silent Souls Il regista russo Aleksei Fedorchenko porta in sala con Silent Souls un viaggio poetico alla ricerca di una tradizione perduta (quella dei Merja) che si specchia nel microcosmo di un’esistenza di donna che si spegne per ritrovare la sua immortalità. Avvolto in una fredda luce tipicamente nordica, Silent Souls sprigiona scena dopo scena tutto il calore di uno stesso sentimento che attraverso l’amore (terreno) si moltiplica poi nel rispetto e nell’amore per una cultura che a poco a poco svanisce dalla memoria umana lasciando però una sua traccia immortale nelle acque dei fiumi, nella fiamma di un fuoco o nel canto degli Ziguli.

8

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