Recensione Shark Lake

Dolph Lundgren fa il suo ingresso nel copioso filone degli shark-movie producendo (e ritagliandosi il ruolo di protagonista maschile) Shark Lake, operazione di rara insipidità diretta dall'esordiente Jerry Dugan.

Recensione Shark Lake
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Quando pensavamo di averle viste tutte nel sottofilone horror con protagonisti gli squali, ecco che arriva Shark Lake a porsi come nuova perla trash del genere. E se già il titolo mettere sull'attenti, la presenza nei panni del protagonista maschile di Dolph Lundgren (anche produttore) consacra già a priori il film nell'Olimpo degli scult del nuovo millennio. Diretta dall'esordiente Jerry Dugan e basata su una sceneggiatura degli anche loro debuttanti David Anderson, Gabe Burnstein, la pellicola vede il granitico interprete svedese nei panni del trafficante di animali rari Clint Gray, attività criminale nella quale è stato colto in flagrante e condannato ad una reclusione di cinque anni. La figlia piccola dell'uomo è stata così cresciuta dalla poliziotta Meredith Hernandez, timorosa dell'imminente scarcerazione del padre della bambina che ella ormai considera come una figlia. La bella agente ha però altri grattacapi a cui pensare: un pescatore è stato ritrovato orribilmente mutilato sulla riva del vicino lago, e le analisi dell'oceanografo Peter Mayes confermano che la vittima è stata uccisa da uno squalo. Squalo che era stato liberato involontariamente proprio da Gray durante l'inseguimento che portò al suo passato arresto. Ora l'ex trafficante, deciso a costruirsi una nuova vita per riabbracciare la figlia, è costretto da un boss mafioso (nonché "proprietario" del pescecane) a recuperare l'animale andato perduto.

Shark vs Dolph(in)

Ci sono volute addirittura quattro mani per partorire uno script che sfiora in più passaggi i limiti dell'assurdo, andando a gettare il marino villain addirittura nelle acque di un lago (quando è risaputo che solo alcune rare specie dell'esemplare, non di certo quella qui presente, possono adattarsi all'acqua dolce). Ma se questa forzatura era già stata usata in altri titoli epigoni come Shark Night - Il lago del terrore (2011), è il resto della trama a regalare un funesto mix di sbadigli e risate involontarie. Si badi bene però che qui non sono adottati intenti parodistici che hanno reso di culto la saga di Sharknado, ma anzi si prendono le cose fin troppo sul serio per una produzione di genere, con tanto di fastidioso sentimentalismo familiare a sfumare i rapporti tra i personaggi. La volontà di Lundgren di emulare colleghi più o meno famosi nella lotta ai pescecani finisce per metterlo nei panni di un protagonista anonimo e poco credibile, a suo agio soltanto nella brevissima scena di combattimento a mani nude contro due scagnozzi del boss. Tutto il resto è noia, a cominciare dalle prevedibili scelte registiche per mostrare la presenza incombente del predatore sino alla realizzazione dello squalo stesso, in un mal gestito mix di modelli ed effetti digitali. E la paura? Non pervenuta, in novanta minuti privi di qualsivoglia tensione solcati a tratti da misere ed esigue scene di edulcorata violenza.

Shark Lake Dolph Lundgren affronta a mani nude uno squalo, in quello che potrebbe sembrare l'inizio di una barzelletta cinefila. Shark Lake è però un'infelice realtà che non fa neanche ridere, abbandonando in pieno il volontario trash di produzioni simil Sharknado in favore di una storia povera e banale intrisa di un sentimentalismo da bignami. Né thriller né horror il film è il classico esempio del pesce(cane) fuor d'acqua.

3.5

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