Recensione Shame

Un intenso Michael Fassbender nel nuovo film di McQueen

Recensione Shame
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I grandi amici Michael Fassbender e Steve McQueen di nuovo insieme, dopo Hunger, per un film che sta riscuotendo consensi unanimi presso la critica di tutto il mondo per la sua carica espressiva. Dopo la prima collaborazione del 2008 -quando ancora Fassbender non aveva raggiunto la celebrità e non era richiestissimo come oggi- Shame segna un sodalizio destinato a durare a lungo, viste le sue potenzialità e l'indiscutibile affiatamento fra regista e interprete. Presentato in anteprima alla 68ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia -dove Fassbender si è aggiudicato una Coppa Volpi quale miglior attore- e successivamente presentato anche a Toronto, New York, Londra e Denver, Shame è un film dalle tematiche semplici da descrivere, ma non altrettanto da affrontare.
Un viaggio frastagliato sul ciglio della psiche di un uomo e di una donna, fragili e bisognosi di un centro di gravità permanente, che sembra continuamente sfuggir loro mentre ingannano sé stessi e il mondo attorno a loro.

Ashamed

È facile perdersi nella vastità di New York, al centro della Grande Mela. Anche e soprattutto metaforicamente, come accade a Brandon (Michael Fassbender) trentenne di successo affascinante e apparentemente impeccabile. Il distinto gentiluomo, però, nasconde un segreto, o meglio, un lato nascosto-ma-non-troppo: soffre infatti di ipersessualità, ovvero sente il costante bisogno di trovare soddisfazione, o anche solo sollievo, tramite le pratiche sessuali più disparate. Dietro una facciata di perbenismo, aiutato dall'avvenenza fisica e dalla disponibilità economica, Brandon passa tutto il suo tempo libero a pensare e a praticare il sesso, in una spirale di decadenza apparentemente incontrollabile. Quando l'emotivamente fragile sorella di lui Sissy (Carey Mulligan) lo va a trovare di sorpresa, in cerca di un conforto fraterno che Brandon non può assicurargli, qualcosa scatta in lui: un misto di pulsioni incontrollate che, se da un lato lo scuotono dal torpore e gli fanno provare un senso di vergogna e repulsione verso la sua condizione, dall'altro lo spingono ancora di più verso l'autodistruzione.

Uno sguardo acuto su due solitudini

McQueen e la co-sceneggiatrice Abi Morgan hanno evidentemente studiato parecchio le problematiche legate alla cosiddetta 'satiriasi' prima di riportare il tutto su schermo. Brandon è un perfetto esempio della 'Teoria della dipendenza sessuale' portata avanti dal sessuologo statunitense Patrick Carnes. Incapace di voler bene a sé stesso e agli altri, incapace di perdonarsi, incapace di accettarsi e di vivere gli affetti con naturalità. Michael Fassbender porta in scena un personaggio morboso che ci mostra quanto squallida possa essere la decadenza umana, anche e soprattutto di persone che, all'apparenza, potrebbero essere dei modelli di vita e invece sono la personificazione dello spreco fisico e morale. Intensissima l'interpretazione di Fassbender, a cui fa eco una mutevole e indifesa Carey Mulligan/Sissy, altro esempio di personalità al limite, inetta a sfruttare i doni che la natura le ha donato senza il confronto e l'apporto di un fratello che, per scelta e codardia, si allontana credendo sia l'unico modo di non far del male alla consanguinea. E proprio l'ambiguo e multisfaccettato rapporto fra Brandon e Sissy pone interrogativi e spunti volutamente solo accennati ma dalla grande potenza: micce innescate ma che sapientemente McQueen decide di non far esplodere, lasciando tutto nelle mani dell'interpretazione dello spettatore.

Shame Shame, dunque, è un film dalle grandi potenzialità espressive, che vive di sottesi e parole non dette, di problematiche fuori fuoco delle quali vediamo solo le drammatiche conseguenze e mai le risoluzioni. Vibrante nelle toccanti interpretazioni di Fassbender e della Mulligan, vivo nell'attenta cinepresa di McQueen e nella avvolgente fotografia di Sean Bobbitt. Un film con pochi difetti, se non quelli di essere una pellicola difficile, non per tutti, e soprattutto nel non avere un vero e proprio intreccio, basandosi semplicemente sull'indagare -senza giungere però a conclusioni- due anime tormentate e profondamente sole.

7

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