Recensione Shadow-L'ombra

Recensione del film horror diretto da Federico Zampaglione

Recensione Shadow-L'ombra
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Leader della band Tiromancino, il musicista romano Federico Zampaglione aveva già avuto modo di esprimersi dietro la macchina da presa con Nero bifamiliare, del 2007, nel quale Claudia Gerini - sua compagna nella vita - e Luca Lionello interpretavano due sposi alle prese con una misteriosa coppia di vicini di casa nella villetta bifamiliare appena acquistata.
Dopo quella graffiante e non disprezzabile commedia nera dichiaratamente ispirata al cinema bizzarro dello spagnolo Alex de la Iglesia (autore di Azione mutante e La comunidad-Intrigo all'ultimo piano, per intenderci), si cominciò a parlare di un secondo film da regista, ma, sebbene i produttori proponessero al buon Federico soltanto pellicole sentimentali sulla falsariga delle sue canzoni, il suo interesse era indirizzato unicamente alla realizzazione di un horror.
Horror che poi ha scritto e di cui ricorda così la genesi: "Stavo cercando qualcosa di orrorifico da raccontare... un giorno mi sono perso Claudia in un bosco, mentre eravamo in bici, si era messa a fare pipì dietro un albero. Non la trovavo più, era buio, ho avuto attimi di spavento, di preoccupazione. Mentre tornavo a casa le ho detto: ‘immaginati se veramente uno cerca e non trova più la persona che era con lui, si gira un attimo e ... pensa alla piega che prende la sua vita'. Sembra una banalità ... quella è stata la prima immagine che mi è venuta: queste
biciclette nel bosco che si perdono".

Parola di Federico Zampaglione

Non è così diverso scrivere un album di canzoni dall’elaborare una sceneggiatura. E’
qualcosa che hai nella mente e che non ti abbandona mai. Comporre o scrivere è una
dolce ossessione che può condurti alla pazzia.

Un horror con la Testa

Infatti, con le fattezze di Jake"Borderland-Linea di confine"Muxworthy, il protagonista di questo Shadow è il giovane soldato David, il quale, di ritorno da un giro di servizio in Iraq e deciso a dimenticare il suo passato di reduce di guerra, intraprende un'avventura in mountain-bike per l'Europa, dove incontra la graziosa ragazza straniera Angeline, interpretata dalla Karina Testa vista in Frontiers-Ai confini dell'inferno (2007) di Xavier Gens.
E tutto filerebbe liscio come l'olio se le loro escursioni tra boschi e pittoreschi dintorni non finissero per essere presto disturbate da Buck e Fred, rispettivamente con i volti di Chris"Venerdì 13"Coppola e dell'Ottaviano Blitch visto sia in Italians (2009) di Giovanni Veronesi che nello splatter indipendente In the market di Lorenzo Lombardi: due folli cacciatori che, memori forse delle assurde gesta dei protagonisti di Un tranquillo week-end di paura (1972) di John Boorman, cominciano ad inseguirli per ucciderli.
Anche se l'incontro più terrificante si rivela per tutti quello con il sanguinario Mortis, cui concede anima e corpo Nuot"Il divo"Arquint, macellaio che vive in un'oscura dimora e che finisce per costringere David a combattere paure peggiori di quelle affrontate
durante la guerra.

L'ombra della guerra

Quindi, come negli anni Settanta furono le immagini violente del Vietnam ad influenzare la produzione di shockanti pellicole del calibro de L'ultima casa a sinistra (1972) di Wes Craven o Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper, sono gli odierni orrori del conflitto bellico in Iraq ad essere richiamati nei fotogrammi del film di Zampaglione, efficacemente diviso in due evidenti parti: una tesissima prima interamente dedicata alla caccia all'uomo in mezzo alla foresta, ricordando, appunto, il già citato classico di Boorman, e una seconda che ci porta invece negli ambienti chiusi e sporchi del torture porn alla Hostel (2005).
Ma, ancor prima del già cult di Eli Roth, a differenza del quale l'autore di Nero bifamiliare riesce a fornire elementi disturbanti - in particolar modo per lo spettatore meno preparato a prodotti di questo tipo - senza fare banale e facile ricorso a dettagli raccapriccianti, sono altri i titoli omaggiati nel corso dei veloci e godibilissimi minuti di visione.
Tutti titoli che, rientranti nel thriller e nell'horror del ventennio 1990-2010 e caratterizzati dallo stesso twist ending di Shadow, è meglio non citare per non rovinare la sorpresa a chi poi il film vorrà vederlo.
Anche perché, in fin dei conti, non è il soggetto - scritto dallo stesso Zampaglione e basato più sugli omaggi che sulla ricerca dell'originalità - a rappresentare il vero motivo d'interesse dell'operazione, ma la sua sorprendente confezione, tranquillamente in grado, dal punto di vista del look estetico, di poter competere con tante produzioni di genere provenienti sia dagli Stati Uniti che da paesi come la Francia e la Spagna, i quali, a differenza dell'Italia, pronta a gridare al miracolo solo dinanzi all'infinità di commedie intimiste e di taglio socio-politiche puntualmente portate nei grossi festival, hanno già da tempo dimostrato la capacità di sfornare non solo elaborati cosiddetti "d'autore", ma anche altri maggiormente volti all'intrattenimento.
E la riuscita dell'insieme, oltre che allo stesso regista, il quale sfoggia un sapiente uso della macchina da presa, va attribuita di sicuro a tutto il team tecnico-artistico radunato, dal direttore della fotografia Marco Bassano al musicista Andrea Moscianese, passando per il trucco di Federico Carretti; senza contare lo scenografo Davide Bassan e gli attori tutt'altro che cani (elemento sempre più raro nel paese in cui i David di Donatello vengono "regalati" ad attrici che sarebbe impossibile definire tali).

shadow-L'ombra Già autore della commedia nera Nero bifamiliare, il musicista Federico Zampaglione torna dietro la macchina da presa per affrontare questa volta uno dei suoi generi preferiti: l’horror. E lo fa ricorrendo ad un soggetto sicuramente già visto e ricco di citazioni, ma sfruttato a dovere sia dal punto di vista narrativo che della messa in scena di taglio internazionale, tanto che, se non leggessimo i titoli di testa, il suo sembrerebbe tutto tranne che un prodotto italiano. Quindi, tenendo in considerazione il letargo in cui ormai da decenni versa la nostra cinematografia horror, occasionalmente risvegliata soltanto da volenterosi low budget come Il bosco fuori di Gabriele Albanesi o da mediocri esempi del calibro di Imago mortis di Stefano Bessoni e Visions di Luigi Cecinelli, ciò può solo testimoniare che efficaci film di questo tipo sono ancora oggi possibili nello stivale più famoso del globo. Speriamo solo che i produttori arrivino a capirlo, soprattutto dopo la visione di questo - apprezzabilissimo e tutt’altro che noioso - di Zampaglione.

7

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