Recensione Sette psicopatici

Una commedia frizzante e intelligente da non perdere. Che siate psicopatici o meno.

Recensione Sette psicopatici
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Come si definisce e identifica uno psicopatico? Secondo quanto si dice in giro è praticamente impossibile. Prima di tutto uno psicopatico non ammetterà mai di esserlo, probabilmente perché non crede di esserlo: quello che per la società è un comportamento amorale e molti gradini al di sopra della decenza comune, per lui è semplicemente la normalità, la totalità del suo modo di pensare e affrontare la vita. E poi, potenzialmente, chiunque può essere uno psicopatico. Possono essere ovunque e passare inosservati per un'intera vita, perché uno psicopatico non si dimostra tale fino al momento in cui scoppia. Se già definire e scovare uno psicopatico è così complicato, chissà come sarà difficile riuscire a scrivere una sceneggiatura intitolata Sette Psicopatici! Questo fondamentalmente il problema alla base del nuovo film scritto e diretto dal brillante premio Oscar Martin McDonagh, che per dare vita al suo progetto riunisce sul set un sfoltito gruppo di star... forse psicopatiche!

Non basta avere un titolo

Marty (Colin Farrell) è un giovane sceneggiatore di Hollywood famoso per le sue sceneggiature ricche di azione e di violenza. Ha già venduto il copione del suo prossimo lavoro, il problema però è che fino a questo momento è riuscito a scrivere solo il titolo: 7 psicopatici. Non sa nemmeno chi siano i sette protagonisti che daranno vita alla sua storia. Sa solo che vorrebbe distaccarsi dal suo passato lavorativo e scrivere qualcosa che osanni la pace e l'amore. Billy (Sam Rockwell) è il suo migliore amico e vorrebbe tanto aiutarlo, in qualsiasi modo. Si offre anche di affiancarlo nella scrittura della sceneggiatura, attività che comunque non lo distoglierebbe dal suo impiego abituale: rapire, insieme ad Hans (Christopher Walken) cani al parco, per poi restituirli ai padroni disperati in cambio di una spontanea e generosa ricompensa. A modo loro va tutto bene, almeno fino a quando non rapiscono Bonny, il piccolo Shi-Tzu del boss Charlie Costello (Woody Harrelson). Per lui quel cane è davvero tutto! E così, inconsapevolmente, Marty entra in contatto con il suo primo psicopatico ufficiale...

Siamo tutti un po’ psicopatici

Ci sono artisti che riescono a rendere tagliente, vivace e intelligente qualsiasi progetto sul quale mettono mani. Hanno bisogno di tempo ed esperienza, certo, ma alla fine il risultato è assicurato. Si può dire la stessa cosa, almeno fino a questo momento, di Martin McDonagh, che in campo cinematografico si è affermato come uno dei registi e dialoghisti più frizzanti del momento. Lo dimostrano i vari spettacoli che ha portato a teatro riscuotendo un grande successo di pubblico (oltre che nomination e premi vari) e il precedente In Bruges, a cui McDonagh ha dato la precedenza rispetto a 7 Psicopatici proprio per allenarsi a un processo di scrittura complesso e articolato.
La prima cosa che salta all'occhio di questo film, infatti, è il modo in cui la sceneggiatura è stata costruita e come riesce a cambiare costantemente direzione senza mai contraddirsi. Lo script di McDonagh è audace, irriverente, impulsivo e fondamentalmente menefreghista. Non si fa problemi a prendere in giro se stesso e tutta la tradizione di genere, strizzando l'occhio ai processi mentali più istintivi della personalità umana, divagando tra connessioni mentali divertenti nella loro reale assurdità. Si calca la mano sui personaggi e si esagera volutamente con alcuni tratti della loro personalità senza che ciò diventi un meccanismo fastidioso ed evidente. "Martin fa camminare il lettore sopra un filo. Credo sia una caratteristica intelligente della sceneggiatura. Sovverte costantemente la direzione in cui sembra andare. Quando pensi di sapere cosa succederà, Martin gioca una carta diversa". E a queste parole del produttore Graham Broadbent si può aggiungere anche che, proprio per questo, quando la storia ti dice esattamente dove sta andando, e lo spettatore di conseguenza si aspetta una virata brusca, questa segue esattamente il percorso dichiarato in partenza, spiazzandoti. E questo, insieme a dialoghi mai troppo banali o esageratamente irreali, crea uno humor sagace di cui è impossibile non innamorarsi.

Seven Psychopaths Con 7 Psicopatici Martin McDonagh dimostra di essere un brillante regista e sceneggiatore, capace di intessere trame mai scontate, che si rincorrono all’interno della struttura diegetica della pellicola costruendo una struttura di narrazione nella narrazione, in cui nessuno si prende troppo sul serio e tutto sembra essere messo costantemente in discussione. La pellicola diventa così uno studio che attiva il ragionamento umano, che tiene costantemente vigile l’attenzione dello spettatore, confondendolo solo apparentemente ma accompagnandolo poi, con astuzia, alla risposta finale del tutto, completa di sparatoria finale come Hollywood comanda. Un risultato molto positivo ottenuto anche grazie a un cast di altissimo livello che, da Colin Farrell a Sam Rockwell, da Woody Harrelson a Christopher Walken, porta sullo schermo un portafoglio di personaggi dall’esuberante carisma, mai monodimensionali e sorretti da performance perfettamente in linea con lo stile dello script.

8

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