Recensione Segnali dal Futuro

Un Thriller apocalittico in cui tutto è prevedibile.

Recensione Segnali dal Futuro
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Dietro il successo di Knowing, si cela una casa di produzione indipendente il cui nome ad alcuni di voi non suonerà del tutto nuovo. Summit Entertainment, guidata da Patrick Wachsberger e dall'ex dirigente di Paramount Pictures Rob Friedman, è la major indie responsabile di film del tutto trascurabili come P2 Livello del Terrore, Never Back Down, della commedia romantica Penelope con Chsristina Ricci e James McAvoy Penelope, ingiustamente snobbata dai distributori italiani, ma, soprattutto, dei film tratti dalla Twilight saga di Stephenie Meyer (ecco spiegato il motivo per il quale, specialmente ad alcune nostre lettrici, Summit potrebbe risultare già nota). Direttamente collegata ad essa, c'è l'italianissima casa di distribuzione Eagle Pictures, diretta dal mogul del cinema franco-italiano, nonché impresario di Michael Jackson per ben due anni, Tarak Ben Hammar. E' di fatti tale azienda a distribuire tanto i film della vampire saga, quanto questo Knowing, uscito in U.S.A. il 20 marzo scorso con un buonissimi esiti commerciali: costato una cinquantina di milioni di dollari, ne ha incassati ben 170 worldwide e quindi il rapporto costi/ricavi è andato decisamente in attivo.
Eagle punta molto su questo titolo, se non altro per riconquistare la vetta del box office italiano: la prima posizione della classifica manca proprio dallo scorso novembre, dall'uscita del primo capitolo dell'epopea che ha lanciato nell'Olimpo dei teen-divi Kristen Stewart e Robert Pattinson.
Quello che lascia perplessi è la tempistica con la quale il film verrà, appunto, "smistato" nella penisola. Difficile capire perché si sia lasciato correre così tanto tempo: il film è già disponibile nel mercato home video americano già da un mese e mezzo, e dal 3 agosto anche sulla piazza inglese. La diretta conseguenza di ciò, è che la rete pullula di file pirata relativi al nuovo film di Alex Proyas. Non sappiamo se e quanto questa cosa andrà ad incidere sugli incassi italiani del film, tuttavia, considerata la buona accoglienza che l'audience dello stivale riserva ai film di Nicholas Cage, la mossa lascia perplessi. Nel week end che lo vedrà esordire nelle sale, l'unico vero rivale sarà la commedia di Anne Fletcher, campione d'incassi in America, Ricatto d'Amore.
Chi vincerà la sfida? Le avvisaglie della prossima fine del mondo firmate Proyas/Cage o le paturnie amorose di Sandra Bullock?

Time capsule

Nel 1959 in una scuola elementare di Lexington, nel Massachussets, viene condotto un singolare esperimento: gli studenti devono disegnare le loro idee riguardanti il futuro, inserendole poi all'interno di una capsula del tempo da dissotterrare dopo cinquant'anni, nel 2009. Una bambina di nome Lucinda, consegna un foglio pieno di numeri e, la sera stessa della consegna, viene ritrovata all'interno del ripostiglio della scuola, mentre si lamenta, con le mani ricoperte di sangue, delle voci che sente nella sua testa.
Passano gli anni e la data in cui la capsula deve essere riportata alla luce, finalmente, arriva. Il foglio di Lucinda viene pescato dal piccolo Caleb, figlio di John Koestler (Nicholas Cage), vedovo e professore di astrofisica al MIT. La sua attenzione viene catturata dai numeri scritti sul foglio e, seppur inizialmente incredulo, scopre una precisa connessione fra le sequenze numeriche e le date e il numero delle vittime delle più gravi catastrofi, naturali o meno, che hanno colpito l'uomo negli ultimi decenni.
Intanto, suo figlio comincia a sentire delle strane voci, proprio come Lucinda, e viene anche avvicinato da delle strane e misteriose figure.
Che mistero si nasconde dietro la visione del futuro avuta da Lucinda nel 1959?

Is the end of the world as we now it?

L'aspetto più fastidioso quando si ha a che fare con Nicholas Cage è il constatare la sua enorme pigrizia nella scelta dei ruoli che decide d'intepretare. Fra un National Treasure e un Next di troppo, la sua migliore performance in questi ultimi anni rischia di essere quella del fake trailer diretto da Rob Zombie a margine del progetto Grindhouse Weerewolf Women of the SS: una delirante apparizione di 5 secondi nei panni e nel pizzetto del diabolico Fu Manchu che, da sola, varrebbe tante strette di mano e pacche sulla spalla al nipotino di Mr. Francis Ford Coppola. Ed è proprio questo pesante patrimonio genetico a rendere la considerazione ancor più amara: Cage il talento e la bravura ce li ha pure, solo che tende a tenerli sotto naftalina nell'armadio tirandoli fuori di tanto in tanto. In Lord of War e The Weather Man, la comicità "sottrattiva" che adoperava per dipingere i suoi personaggi, lasciava spazio alla possibilità di lodare e di constatare delle effettive capacità: Cage è in grado di dare il meglio quando si trova a tratteggiare delle figure dalla vita e dalla moralità travagliate, mentre quando si mette a fare il novello Indiana Jones, l'unica cosa che merita di essere messa sotto la luce dei riflettori è l'artificiosità dei parrucchini che indossa.
Segnali dal Futuro, in linea teorica, poteva essere un buon banco di prova. Un film incentrato su una fosca fine del mondo diretto da Alex Proyas ha un potenziale devastante. Proyas, a prescindere dall'esperienza maturata negli anni ottanta come regista di videoclip, ha saputo regalare delle cupe suggestioni all'audience con i suoi primi due lungometraggi, Il Corvo (diventato fin da subito un autentico cult, anche a causa del fascino malsano acquisito a causa della morte sul set di Brandon Lee) e, soprattutto, Dark City, uno dei più interessanti (e sottovalutati) film di dark science fiction degli ultimi anni. Svendutosi un po' al grande pubblico sottomettendosi all'ingombrante presenza della megastar Will Smith, con Io, Robot Proyas aveva però raggiunto una vasta platea di spettatori.
Fra un Cage così a suo agio in ruoli dimessi e un regista realmente abile nel delineare la cupezza di una storia da End of Days c'era da stare tranquilli.
Ma qualcosa deve essere andato storto.
Tutto in Segnali dal Futuro è scontato, telefonato. Il nobile intento di mettere in atto l'eterna battaglia fra le concezioni deterministiche e casualistiche dell'esistenza viene del tutto svilito dal didascalismo di certi assunti di base (come Cage che rifugge dal voler credere in Dio poiché vedovo e figlio di un Pastore) e da una narrazione che copia a mani basse film disparati come Eroe per Caso, The Mothman Prophecies o Number 23 cadendo, talvolta, persino nel comico involontario. Per non parlare del mix visivo di elementi scenici, che in certi segmenti trasforma il film in una sorta di b-reel de La Guerra Dei Mondi, Cloverfield o Io Sono Leggenda, solo con effetti speciali posticci di serie B. Davvero patetica in tal senso, la pubblicizzatissima scena dell'incidente aereo, in cui la compresenza di effetti digitali e elementi reali è, a voler essere magnanimi, semplicemente pessima.
Ma la miscellanea non si ferma qui: per giustificare la morale finale della storia (che, ovviamente non andremo a rivelare nonostante la sua banalità e prevedibilità), la sceneggiatura va poi a grattare il fondo del barile del pensiero religioso e della new age più terra terra: Cabala, Albero della Vita, stilosissime concezioni sulla vera natura angelica e numerologia da Settimana Enigmistica. Se ci sono lati che la sceneggiatura non manca di prendere in esame, sono questi.
Quello che manca del tutto è la costruzione della suspense. Già perché malgrado certi difetti congeniti, non osiamo immaginare cosa sarebbe potuto diventare questo film nelle mani di uno Shyamalan in stato di grazia: probabilmente saremmo stati qua a discutere del grandioso ritorno del regista indiano alle atmosfere rarefatte e minacciose di Signs. Qua invece, qualsiasi avvisaglia dell'unheimlich rimane ben lontana, nascosta oltre l'orizzonte, con la complicità di una regia stanca e scontata: il talento di Proyas, forse, è rimasto intrappolato nella realtà parallela di Dark City, dato che da ormai 11 anni se ne sono perse le tracce.

Segnali dal futuro Se Alex Proyas si fosse preoccupato di ricordarsi cosa significhi costruire la tensione all’interno di un thriller, non staremmo qua a parlare di occasione persa. E invece Segnali dal futuro scorre via all’insegna della più totale prevedibilità, tanto che, dopo appena cinque minuti di film, potremmo stilare una lista di accadimenti potenziali per scoprire poi di averli azzeccati tutti. Perché quello che manca davvero a questo film, più che una sceneggiatura che non vada a ripescare tutto il repertorio del genere (alla fine non è ne il primo ne l’ultimo film che ruba a man basse da altri), è il polso nell’orchestrazione delle scene. Nicolas Cage, per quanto biasimabile quando decide d’interpretare pigramente del pattume cinematografico vario ed eventuale, qua ci offre una recitazione dimessa, a tratti catatonica perfettamente adatta alla situazione. Ma è proprio il contesto a mancare dei giusti connotati, tanto che ora stiamo qua a chiederci come sarebbe potuto essere questo Segnali dal Futuro nelle mani di un regista più abile e in forma. Viene quasi da ridere a rileggere le dichiarazioni del regista rilasciate su Slashfilm.com a marzo, in cui scriveva che “KNOWING is an original and thought-provoking story, and I believe it has a unique & compelling idea at its heart” mentre su Nicolas Cage affermava che “It stars Nic Cage in a role I guarantee you haven’t seen him in before”. Ora, d’accordo che la self promotion è un elemento basilare nell’industria cinematografica, ma qua oltrepassiamo alla grande i limiti del ridicolo. Allo stato delle cose, è semplicemente l'ennesimo film di cui potremmo scrivere il finale su un bigliettino di carta mentre ci troviamo in fila al botteghino e senza avere il bisogno di sentire voci misteriose nella nostra testa. Il che per un thriller che ha l’arroganza di voler costruire un climax narrativo culminante nel finale non è di certo il migliore dei biglietti da visita.

5

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