RocknRolla, la recensione del film di Guy Ritchie

Un vero RocknRolla si prende tutto il maledetto lotto... la recensione dell'adrenalinico film di Guy Ritchie.

RocknRolla, la recensione del film di Guy Ritchie
Articolo a cura di

What's a Rocknrolla?

People ask the question... what's a RocknRolla? And I tell 'em - it's not about drums, drugs, and hospital drips, oh no. There's more there than that, my friend. We all like a bit of the good life - some the money, some the drugs, other the sex game, the glamour, or the fame. But a RocknRolla, oh, he's different. Why? Because a real RocknRolla wants the fucking lot

Essere conosciuto come Mr Madonna non dev'essere stato semplice per Guy Ritchie. Probabilmente stare appresso alla più grande showbiz-machine degli ultimi 25 anni è stata un'esperienza artisticamente castrante. O magari questa è solo una supposizione fatta da noi sospettosi comuni mortali.
Fatto sta che dopo il brillante esordio cinematografico di Lock&Stock and Two Smoking Barrels (che ha anche segnato l'ingresso di Jason "The Transporter" Statham nel mondo del cinema) e l'altrettanto frizzante conferma avuta con The Snatch, in cui Ritchie rileggeva in chiave cockney il pulp tarantiniano remixandolo con la narrazione discronica ripresa da The Killing di Sua Maesta Stanley Kubrick, il nostro si è perso per stada con due pellicole che definibili come evitabili e dimenticabili sarebbe riduttivo. Prima Swept Away, maldestro remake del wertmulleriano Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (intepretato proprio dalla sua consorte e da Giannini junior) e poi Revolver, caotico gangster movie in cui la sceneggiatura sembrava fatta da un generatore d'eventi casuali. L'estro guascone di Ritchie e dei suoi criminali da mezza tacca, sembrava ormai svanito, divorato da quegli stessi maiali ai quali il crime lord Brick Top faceva eliminare le sue vittime in Snatch e i guizzi registici di Ritchie potevano essere ritrovati solo in commercial televisivi come ad esempio quello realizzato per la campagna pubblicitaria di Nike intitolata Next Level: due adrenalinici e convulsi minuti (girati completamente in soggettiva) nella vita di un calciatore fra goal, allenamenti, denti rotti, serate mondane e belle ragazze che valgono più di tanti film che passano nelle sale oggigiorno.
Ormai però, archiviate le pratiche del divorzio, Guy Ritchie ha smesso di vestire i panni di Mr. Ciccone per tornare ad indossare quelli più consoni di regista con Rocknrolla.
Che diamine significherà mai essere un Rocknrolla?

Dead people don't like company.

Nella Londra degli anni 2000 fare (mal)affari è un gioco da ragazzi. Soprattutto in ambito edilizio. Ma chiunque voglia entrare o operare nel giro, deve fare i conti con Lenny Cole (Tom Wilkinson), boss del crimine che tiene i fili del mercato del real estate londinese, e col suo spietato e fedele braccio destro Archy (Mark Strong). Inevitabile quindi che Uri Omovich (Karel Roden), impresario russo con diverse losche faccende in ballo in Inghilterra, si metta in contatto con Lenny per avere la strada spianata per un nuovo business. Lenny chiaramente accetta di buon grado e dietro una notevole percentuale. A suggello dell'accordo, Uri presta all'inglese il suo quadro portafortuna. Stella (Thandie Newton), incaricata dal miliardario russo di portare a termine la transazione economica con Lenny, si accorda di nascosto con la banda criminale conosciuta come "The Wild Bunch" e due dei suoi membri, lo scozzese One Two (Gerard Butler) e Mumbles (Idris Elba), comunicando loro dove intercettare gli intermediari imbottiti di denaro.
Come se non bastasse, il quadro fortunato di Uri viene rubato dall'ufficio di Lenny. Con tutta probabilità, l'autore del furto è il figliastro del Boss, la rock star drogata Johnny Quid (Tommy Kebbell), che tutti pensavano morta a causa di un incidente. Anche se all'oscuro del furto, Uri decide di mettere all'opera i suoi sadici sgherri, con l'intenzione di recuperare i propri soldi e di dare una giusta punizione ai colpevoli.
Nella Londra di oggi, la criminalità non è più quella di un tempo.

My daddy was a bank robber.

Non possiamo certo affermare che Guy Ritchie abbia uno stuolo di fan paragonabile ad altri registi ben più amati dal pubblico e dalla critica. Tuttavia, non possiamo neanche asserire che l'ex marito di Miss Ciccone sia privo di un certo numero di estimatori, grazie allo stile graffiante dimostrato fin dagli esordi di Lock and Stock.
Stile che, abbiamo già avuto modo di sostenere in apertura, è andato calando di pari passo alla sue apparizioni mediatiche nei panni di Desperate Husband.
Fin dall'annuncio di questo "Rocknrolla", le nubi che aleggiavano pesanti e oscure sulla sua carriera, han cominciato a diradarsi lentamente, facendo scorgere le prime avvisaglie di un rinnovato feeling con la macchina da presa e, di conseguenza, con le platee. Niente remake costruiti ad arte sui patetici capricci di un'industria discografica organica. Niente vaneggiamenti pseudofilosofici ambientati in quel di Las Vegas, come se Richard Kelly si fosse improvvisamente e malauguratamente intromesso nei circuiti sinaptici del nostro.
Nossignore.
Boss del crimine bastardi e spietati, criminali di mezza tacca e una tela d'eventi in cui tutti vogliono metterla nel posteriore al prossimo, con qualcuno che cerca di farlo anche con maggior forza di altri. Un po' come se la massima Orwelliana desunta da "Animal Farm" stesse per essere rimasticata in salsa prettamente cockney e criminale.
Così si presentava sulla carta Rocknrolla.
E così, per fortuna, si offre sugli schermi.
A cominciare dai titoli di testa disegnati in stile "in your face", con i Black Strobe intenti a suonare le mordaci note di "I'm a man" - cut: vien quasi da pensare che Guy Ritchie si sia ispirato all'art direction del videogame per Nintendo Wii No More Heroes , del virtuoso e delirante game designer giapponese Goichi Suda - proseguendo con l'ammiccante voce narrante di Archy, Rocknrolla è una sorta di Eastern Promises privo degli amati intellettualismi del mai troppo lodato David Cronenberg. Nella ex-swinging London ora patria di Abramovich è ormai arduo non andare a parlare di mafia russa o di miliardari un tempo fieramente comunisti e sovietici arricchitisi in modo più o meno chiaro (il parallelo fra Uri Omovich e il magnate russo va chiaramente oltre l'assonanza dei rispettivi nomi), ma Ritchie non è di certo interessato alla disamina sociale od identitaria, quanto ad intessere una tela che attualizza alla deregulation criminale contemporanea, le vite dei suoi personaggi, che talvolta sembrano usciti fuori da un cartoon di Chuck Jones tanto sono assurde le situazioni in cui si vanno più o meno consapevolmente a cacciare (esemplare in tal senso, lo scontro fra One Two e Mumbles e gli sgherri di Uri o la scena esilarante in cui lo scozzese viene a sapere la verità riguardo l'altro suo compare Handsome Bob). I character, e le caratteristiche degli stessi, sono volutamente esagerati, delle iperboli narrative impersonate con raro divertimento da tutto il cast. Difficile dire chi fra il veterano Wilkinson, l'ex re di Sparta Butler, o i meno conosciuti in Italia Mark Strong (visto recentemente in Body of Lies dove tiene benissimo testa a due mostri sacri come Di Caprio e Crowe) e Toby Kebbell sia più in forma. Tutti riescono a creare un'allegra sarabanda di autentici "cazzoni", tanto per utilizzare un gergo in linea con quello del film.
Guy Ritchie si muove con la macchina da presa guidato da un rinnovato sprint, con un'esuberanza lisergica che mancava dai tempi di The Snatch. Il montaggio alternato del dialogo fra One Two e Stella in cui il criminale racconta la disavventura avuta con i tirapiedi di Omovich, è una scarica di adrenalina dalle venature slapstick perfettamente contrappuntata da "We had love" dei The Scientist con la mdp che segue compulsivamente corpi feriti e volti tumefatti in una corsa ossessiva lungo i binari di una ferrovia. Calligrafismo formale forse, ma quando il compiacimento della forma e delle proprie capacità registiche va di pari passo con l'evidente divertimento ed intrattenimento che nasce dalla visione del film, le tonalità negative di tale attribuzione cadono inevitabilmente, perdendo buona parte del loro peso (anche perché Ritchie è già passato attraverso il manierismo arzigogolato e potenzialmente distruttivo di Revolver).
E l'umorismo da occhiolino strizzato ci accompagnerà per tutta la pellicola, facendoci inevitabilmente sperare che la volontà di rendere Rocknrolla il primo capitolo di una mob-trilogy possa diventare realtà. E chissà che Jason Statham non possa finire per comparire nei crediti del cast.

RocknRolla Cosa è Rocknrolla? E’ il film di un regista che è riuscito a mettere da parte intellettualismi fuori luogo che mal si sposano col suo stile ed è tornato a raccontare quello che gli è più consono: storie di criminali che provano a fottere altri criminali. Niente di più, niente di meno. Ma quando la regia, seppur compiaciuta, si accompagna ad un’abbondante dose di humor in stile british-pulp derivante da una sceneggiatura brillante, da un cast perfettamente calato nella parte, e da una perfetta congiuntura di musica ed immagini di certo non possiamo lamentarci. Magari Revolver, pur nella sua farneticante imperfezione, è stato un film più ambizioso di questo Rocknrolla e, per quanto il team di attori sia affiatato ed in forma, si sente la mancanza di personaggi come lo zingaro Mickey di Brad Pitt, il Turco di Statham e Bullet Tooth Tony di Vinnie Jones; ma l'importante è che Guy Ritchie sia tornato a percorrere strade meno sperimentali e più congeniali con il suo spirito registico. Tanto il filmaker quanto il pubblico si trovano perfettamente a proprio agio con queste eccentriche vicende di gangster efferati e farlocchi. Le canne della pistola di Guy Ritchie fumano di nuovo e sta volta non hanno sparato a salve.

7

Che voto dai a: RocknRolla

Media Voto Utenti
Voti: 56
6.9
nd