Recensione Road 47

Il regista brasiliano Vicente Ferraz racconta la storia poco nota di quando i brasiliani salvarono gli italiani, ai tempi della seconda guerra mondiale. Nel cast internazionale anche gli italiani Sergio Rubini e Ignazio Oliva.

Recensione Road 47
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È il 1944, siamo in piena guerra mondiale e lungo la cosiddetta Linea Gotica moltissimi militari sono stati ‘chiamati alle armi'. Tra questi, quasi a insaputa dei reparti di guerra, ci sono anche dei genieri brasiliani (militari deputati allo sminamento) appartenenti alla Feb (Forza di Spedizione Brasiliana), per lo più giovani, inesperti e per nulla abituati al rigido clima invernale dell'Appennino tosco-emiliano. Perduti due compagni per lo scoppio fatale di una mina, il gruppetto riparerà nel paesino di San Giusto, un piccolo borgo di poche anime reso fantasma dagli sfollamenti del conflitto. Soli e in un luogo estraneo, a tenerli in vita sarà l'idea di portare a compimento una missione a dir poco ardua, ovvero sminare la cosiddetta strada 47 che pone una distanza invalicabile tra loro e gli americani, e dunque tra loro e la Liberazione del Paese. Alla disperata ricerca di supporti umani e di un aiuto più pratico della zona, via facendo i soldati includeranno nella missione un solitario e ostile disertore italiano (Sergio Rubini), un fotografo portoghese e infine anche un militare tedesco, che accoglieranno più o meno di buon grado quella richiesta di collaborazione. Eppure, sarà proprio la caparbietà scomposta di questo gruppo sparuto e apparentemente sprovveduto di militari brasiliani, catapultati in guerra dall'altra parte del mondo, a gestire le fila di un compito determinante, passato poi alla storia.

Sempre in attesa dei prati che verranno...

A ridosso del 25 aprile (giorno in cui si commemora la Liberazione) arriva in sala Road 47, la misconosciuta storia di quando il Brasile liberò l'Italia (così recita il sottotitolo del film). Coproduzione italiana-brasiliana-portoghese, il film del brasiliano Vicente Ferraz ripercorre una pagina di storia non troppo nota, rievocando la forza silente di tutti quelli che in quei tragici conflitti hanno lottato, sperato e spesso perso la vita (quella loro o dei loro amici, parenti). Affine per tematica e sguardo, Road 47 ripercorre il filo narrativo e soprattutto emotivo di tutti quei film che (specie quelli de grandi maestri da La grande guerra di Mario Monicelli al recente torneranno i prati di Ermanno Olmi) hanno dato voce ai quei tanti (piccoli) uomini divenuti eroi, loro malgrado, in tempi di grandi conflitti umani. Vicente Ferraz coglie dunque il volto meno bellico e spettacolare del conflitto per parlare invece del lato più intimo, quasi confidenziale, cercando nella forte caratterizzazione del lato umano un modo per compensare il freddo circostante generato non tanto dalle spesse nevi del centro-nord italiano quanto dagli orrori di vite volate in aria come foglie al vento. Come accadeva anche nel già citato torneranno i prati a fare da protagonisti cromatici sono il verde militare delle divise cui fa da sfondo il bianco avvolgente delle distese innevate. La presenza umana, sporadica quanto determinante, è ciò che diventa poi materiale vivo di condivisione e conflitto, amicizia e negligenza. Alti e bassi di un relazionarsi umano che nelle sue declinazioni è sempre uguale a sé stesso, ma che assume in quei contesti un'importanza preponderante, sovrana. La svagata simpatia di Piai, la determinazione del geniere 'Guima', l'intransigenza del disertore italiano Roberto, lo scampolo di solidarietà del Colonnello Mayer sono tutti elementi che contribuiscono a tracciare il variegato ritratto umano di vite spinte - ancora una volta - fino al loro limite. E oltre.

ROAD 47 Il brasiliano Vicente Ferraz porta al cinema una pagina di storia forse poco nota, ovvero quella dell’impegno tutto brasiliano nella liberazione dell’Italia durante la seconda guerra mondiale. Poetico e partecipato in certe 'tratti' (specie nelle scene in cui la solidarietà umana vince l’istinto della sopravvivenza personale) Road 47 è un film che assume uno sguardo a suo modo lucido eppure forse non esaustivo su un tema da sempre assai spinoso da raccontare. Un’opera che probabilmente trova il suo limite maggiore nelle tante e bellissime opere affini che l’hanno preceduta e che - specie in alcuni casi - hanno saputo raccontare con altrettanta e forse anche maggiore intensità/complessità piccole pagine umane dell'enorme dramma della guerra.

6

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