Recensione Rigor Mortis

Takeshi Shimizu produce un horror che non lesina in situazioni forti

Recensione Rigor Mortis
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Riunisce alcuni interpreti della serie cult Mr. Vampire e si tratta del lungometraggio d’esordio alla regia per Juno Mak, nota popstar di Hong Kong; ma, senza alcun dubbio, a suscitare l’interesse degli irriducibili appassionati di celluloide dell’orrore dagli occhi a mandorla è il nome del produttore: il Takashi Shimizu responsabile della gettonatissima saga spettrale Ju-on e del proprio derivato di produzione americana, ovvero The grudge e il suo primo sequel.
Ne è protagonista la star degli action movie Chin Siu-ho - attivo nell’universo della Settima arte dai tempi de I due campioni dello Shaolin, del 1980 - nei panni di un ex attore che, una volta celebre per il ruolo di cacciatore di vampiri e ora caduto in disgrazia, pare essere giunto al capolinea della propria carriera, in quanto nessuno sembra volere più scommettere un centesimo su di lui.
Una situazione tutt’altro che piacevole, cui si aggiunge il fatto che è separato dalla moglie ed incapace di avere un rapporto con suo figlio; portandolo quindi a decidere di riprendersi dalla propria miseria e ad affittare la stanza 2442 di un fatiscente edificio che si dice sia infestato da poco raccomandabili, fantasmagoriche presenze.

Da Ju-On a Juno

Quindi, mentre viene ribadito che molti trovano ridicola la finzione cinematografica, sebbene la vita reale lo sia molto di più, assistiamo alle imprese di Chin Siu-ho nel tentativo di risolvere da solo il mistero, anche se provvedono a interromperlo alcuni degli altri "occupanti" del palazzo.
Occupanti che includono, nel mucchio, un maestro taoista-esorcista, una casalinga traumatizzata da un tragico passato e una vecchietta apparentemente innocua, la quale, però, ha una bara vuota piazzata proprio nel mezzo del suo appartamento.
Persone che, nonostante il suo scetticismo nei confronti dei fenomeni sovrannaturali, l’uomo si vede costretto presto ad apprendere essere tutt'altro che normali, trovandosi in breve tempo a dover lottare contro una miriade di vampiri viziosi al fine di salvare la propria pelle.
E l’influenza del succitato Shimizu, a partire dalla presenza di immancabili figure spettrali femminili dai lunghi capelli lisci e neri, ormai marchio di riconoscimento di quasi tutte le pellicole dell’orrore dagli occhi a mandorla post-Ringu (1998), si fa sentire non poco.
A differenza dell’autore giapponese, però, che è solito costruire i propri lavori su cupe atmosfere e lunghe e lente attese, Mak non sembra affatto lasciare a desiderare per quanto riguarda violenza grafica e dosi di spettacolarità.
La sanguinolenta sequenza del cranio fracassato, infatti, rappresenta soltanto uno dei diversi momenti splatter inclusi nel corso della circa ora e quaranta di visione, tempestata di scontri corpo a corpo e destinata ad individuare la sua parte più riuscita in quella conclusiva.
La parte che, maggiormente, riesce a lasciar intuire quanto visivamente interessante possa essere il non chiarissimo insieme, infarcito di effetti digitali e, a tratti, caotico in maniera eccessiva... fino a un piuttosto banale epilogo che sa di già visto.

Rigor Mortis “Cosa fanno i cacciatori di vampiri se non ci sono più i vampiri? Cucinano”. Si tratta soltanto di una delle bizzarre affermazioni incluse in questo horror di Hong Kong che, sotto la produzione del Takashi Shimizu fautore della popolare serie The grudge (o Ju-on, se preferite), segna l’esordio alla regia per la popstar Juno Mak. Fortunatamente, non ci troviamo dinanzi al solito film di paura orientale unicamente basato su lenti ritmi di narrazione e lunghi silenzi, in quanto Mak non sembra affatto lasciare a desiderare per quanto riguarda scontri corpo a corpo, violenza ed effetti digitali. Con la risultante di un insieme che, pur rischiando di apparire troppo caotico, non risulta malvagio... anche se non se ne sentiva davvero il bisogno.

6

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