Recensione Reign Over Me

Adam Sandler in un intenso dramma post 11 Settembre

Recensione Reign Over Me
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Hollywood negli ultimi anni ha incominciato a trattare, più o meno approfonditamente, l'11 Settembre. Se in un primo tempo, infatti, il ricordo di quel tragico giorno spaventava registi e sceneggiatori, ora la situazione sembra ben diversa, e non sono poche le pellicole che direttamente, o solo superficialmente, parlano dell'argomento. Si va dal personale 11/9 di Oliver Stone in World Trade Center, fino al semi documentaristico United 93, passando per pellicole dove Ground Zero o i ricordi della gente comune facevano capolino più di una volta. Ultimo prodotto inerente alla tragedia, Reign Over Me, si colloca in una posizione intermedia tra le due tipologie, raccontandoci da vicino le turbe interiori di un uomo che ha perso tutta la sua famiglia nell'attacco contro le Torri Gemelle.

Alan Johnson (Don Cheadle) è uno dei più rinomati dentisti di New York. Negli ultimi tempi è però attraversato da una crisi sia personale che lavorativa. E' scontento del rapporto con la moglie, di cui si sente fin troppo succube, e sul lavoro è minacciato di essere denunciato per molestie da una sua cliente cui lui rifiuta un rapporto sessuale. Si rivolge inoltre spesso per i suoi problemi ad una sua amica psicologa, la giovane Angela (Liv Tyler). Un giorno per puro caso incontra per strada un suo vecchio amico ed ex-compagno d'università, Charlie Fineman (Adam Sandler). Charlie ha perso la moglie e le tre figlie nell'attentato alle Torri Gemelle, e non riesce più a tornare ad una vita normale. Non vuole ricordare il passato, e la sua vita, mantenuta grazie ai fondi per le vittime della tragedia, si rivela triste e vuota. I vecchi vinili e il videogioco Shadow of the Colossus sembrano ormai i suoi unici interessi. Ma l'incontro con Alan risveglierà qualcosa in Charlie, e gli darà un nuovo motivo per vivere. Alla fine entrambi impareranno qualcosa dall'altro.

Una storia dalle connotazioni più drammatiche era difficile da trovare. Anche lo spettatore più insensibile non rimarrà indifferente alla tristezza generale che permea le quasi due ore di film. Portata fin troppo all'estremo, forzata, riesce però nel suo scopo. E questo per merito soprattutto di Adam Sandler. Ebbene sì, "eroe" di tante commedie demenziali, qui l'attore americano sfodera una prova strepitosa, di una potenza recitativa inaspettata. Una totale immersione nel personaggio, cui è facile affezionarsi, e nei suoi momenti più cupi si arriva a soffrire con lui, come nella scena del pianto liberatorio in cui i ricordi tornano a galla. Per tutti coloro che volessero scoprire Sandler come grande attore, non vi è occasione migliore di questa. Gli fa da ottima spalla il bravo Don Cheadle, già abituato a ruoli intensi (Hotel Rwanda), e che qui si pone come unica ancora di salvezza per il protagonista. Ottimo anche il resto del cast, da Jada Pinkett Smith a Saffron Burrows, arrivando a Donald Sutherland (ormai abituato ai camei in cui s'improvvisa giudice) e a una deliziosa Liv Tyler, che qui si conferma attrice ormai matura. Interessante, per i fan dei videogiochi ma non solo, l'uso del videogioco Shadow of the colossus (italianizzato come l'Ombra del Colosso). Infatti il protagonista è come coperto da un'ombra di cui non vuole liberarsi, per la paura che la luce riporti a galla tutto il dolore. Stesso motivo per il quale si rifiuta di incontrare i genitori della moglie defunta, e fugge alla loro presenza: sono infatti per lui reliquie di un vecchio mondo con in quale egli vuole apparentemente chiudere i ponti. Un distacco con la realtà così forte, lil continuo evitare di affrontare la morte e la realtà portano Charlie a crearsi un mondo tutto suo, nel quale Alan è l'unico che riesce ad entrare. Questo perchè Alan non aveva mai conosciuto la moglie e le figlie morte, e perciò non porterà in superficie ricordi mai vissuti. Qualche breve siparietto comico non inficia la carica di grande realismo presente fin dal primo dialogo: forse l'unica vera concezione allo "spettacolo" è il curioso e improbabile rapporto che sembra instaurarsi tra Charlie e la cliente ninfomane di Alan. La regia è canonica, lineare, ma si rivela più che adatta per una tematica così delicata: Mike Binder (Litigi d'Amore) osserva silenzioso, quasi fosse egli stesso uno spettatore, lasciando carta bianca alle grandi performance degli interpreti. Vi sono due scene di grande impatto, all'inizio e alla fine: Charlie che si muove nella semi-deserta notte newyorkese sul suo monopattino elettrico, metafora di una solitudine inquieta, e prima dei titoli di coda la stessa scena, con però Alan questa volta ancora sull'insolito mezzo di trasporto in questo caso in un "viaggio liberatorio". La fotografia si fa apprezzare particolarmente nelle scene notturne, la colonna sonora vede protagonista la canzone "Reign over Me" dei Who, qui rifatta anche dai Pearl Jam, e non si rivela comunque mai troppo invasiva.Passato in sordina nelle sale italiane, merita un recupero in formato Home Video, anche se, siete avvertiti, le lacrime qui son fin troppo facili. Ed è proprio questa esasperata ricerca drammatica il miglior pregio e il peggior difetto di un prodotto onesto ma estremizzato.

Edizione Dvd

La traccia video è codificata in formato video 2.40:1 anamorfico, 16:9, con colori nitidi che mettono in mostra la bellezza della fotografia, in grado di rispecchiare perfettamente i giochi di luce ed ombre. L'audio in Dolby Digital 5.1, presente in italiano, inglese e francese, e con sottotitoli nelle rispettive lingue più l'arabo, è più che buono, sia nei semplici dialoghi che quando compare la colonna sonora di supporto. Contenuti speciali un po' poveri, che vedono un making of di 15 minuti e la jam session di Cheadle e Sandler.

Reign Over Me Si piange. Reign Over Me arriva, anche un po' subdolamente, a toccare il cuore degli spettatori. Una storia strappalacrime che vede Adam Sandler protagonista indiscusso, e di una bravura inaspettata in un ruolo a lui insolito. Tematiche difficili con le quali Hollywood ora non ha più paura di confrontarsi, anche se l'esasperazione delle stesse appare qui fin troppo esagerata. Una ferita ancora aperta trattata con onestà e semplicità, ma la noia ogni tanto fa capolino.

6.5

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